I poligoni non si toccano [di Nicolò Migheli]

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“Allo stato non è possibile pronunciarsi nel senso di una possibilità di riduzione delle attività di fuoco”, così il generale Luigi Monteduro in una dichiarazione riportata da L’Unione Sarda il 23 luglio. Altro che dismissioni. Per Teulada si prevede un investimento di 90 milioni per due villaggi elettronici per il combattimento urbano in Europa e Medio Oriente.

Lontano il tempo quando gli americani lasciarono La Maddalena, non tanto per decisione dei governi di centro sinistra quanto per il mutamento della loro strategia che privilegiava il dispiegamento delle forze nel Pacifico. In Sardegna si è sperato che altri poligoni e basi subissero la stessa sorte. Le inchieste della magistratura sugli inquinamenti da esercitazioni deponevano in tal senso. Il governo equiparando a quelli industriali i parametri dell’inquinamento nei poligoni ha dato la sua risposta: non esiste alcun problema. Eppure di poligoni si muore, come conferma il Tar del Lazio. Non importa! Le esigenze della difesa sono superiori agli “effetti collaterali”, per usare il linguaggio degli alti comandi. Il diktat governativo è funzionale al mutamento delle relazioni internazionali in corso.

È tornata la Russia. Rivuole lo spazio geopolitico del suo antico impero. Le primavere arabe hanno fatto implodere il Medio Oriente,  hanno cancellato i confini ex coloniali e dato vita a paesi falliti. Un arco di instabilità corre dall’Ucraina al Nord Africa. Ritorna l’adagio di Kissinger:” La ricerca della massima sicurezza per il proprio paese comporta la massima insicurezza per i paesi vicini.” Dopo anni di riduzione dei bilanci della difesa, la Nato esige di portarli al 2% del Pil contro la media europea del 1,29%. Solo Estonia, Regno unito e Grecia raggiungono il 2%. L’Italia impegna lo 0,98. È immaginabile che in futuro verrà consentito alle spese militari di non essere conteggiate nei pareggi di bilancio. Le pressioni degli alti comandi e dei produttori d’armi sono in tal senso. Forze armate più piccole dotate di mezzi sofisticati. Ecco perché l’addestramento e i luoghi dove farlo sono essenziali.

Oggi le FFAA italiane spendono il 12% del bilancio per queste attività, con il nuovo modello di difesa sarà il 25%, in linea con i paesi più importanti della Nato. Sono miliardi di euro e vi è una corsa ad intercettarli. I poligoni sardi sono funzionali a tale disegno. Luoghi affittati a migliaia di euro l’ora a forze armate amiche ma anche ad industrie della difesa per la sperimentazione. Teulada è uno dei pochi poligoni nel Mediterraneo dove possono svolgersi manovre aero marittime con sbarchi di massa. La base di Decimo è dotata di un sistema elettronico che consente il combattimento aereo senza che si spari un colpo. Luogo, per le ottime condizioni meteo, ambito da molte forze aree, compresa la neutrale Svizzera.

È di ora la notizia che l’aeronautica israeliana in autunno vi farà ritorno. Notizia che provoca sconcerto e scandalo, perché contemporaneamente quegli aerei bombardano Gaza e compiono atti che l’Onu, con una risoluzione, classifica “crimini di guerra”. Il disagio in Sardegna e nel resto dell’Italia è profondo, anche per l’astensione del governo su quella risoluzione. La politica mediterranea dell’Italia è cambiata. Da  filo araba dei governi democristiani e socialisti è diventata prevalentemente filo israeliana con i governi Berlusconi. Una posizione rafforzata dai governi tecnici e dall’attuale. Ciò non inficia i rapporti più che cordiali con le petromonarchie del Golfo. Con Israele l’Italia ha un programma di cooperazione individuale ratificato dalla Nato nel 2008.

Questo ha comportato per lo stato mediorientale l’acquisto di 46 aerei da addestramento M-346 Master per un miliardo di dollari. Per Finmeccanica un successo in vista di mercati più ricchi come gli Usa. L’Italia come controvalore acquisterà da Israele due aerei radar Ebit per 760 milioni di dollari ed un satellite spia per 200 milioni. Il resto dell’accordo è segreto, ma si può immaginare che vi sarà uno scambio di tecnologie specie nei settori degli anti missili e della sorveglianza. E’ il contratto più importante, ne esistono altri meno noti per milioni di dollari. Già negli anni ottanta l’esercito acquistava proiettili d’artiglieria in Israele, i missili anticarro oggi in dotazione alle FFAA italiane sono gli Spike israeliani.

Evidentemente il programma di collaborazione prevede anche lo scambio di spazi addestrativi. Loro in Sardegna e l’AMI in una base nel deserto del Negev. L’etica nelle relazioni internazionali di traduce in real politik. La bussola? Gli interessi. Ma la Sardegna paga un prezzo altissimo. Territori sempre più vasti tolti ad attività agricole e turistiche, popolazioni a rischio di malattie gravi. Oggi chiedere un ridimensionamento delle attività è difficile, tutto depone per un centralismo che esautora di fatto le prerogative regionali. Diranno che prevale l’interesse nazionale, differente da quello dei Sardi che si faranno convincere nonostante i costi più alti degli altri connazionali.

Si prefigura un’ulteriore espropriazione di risorse come per l’eolico, il fotovoltaico, il termodinamico, bancomat per chi sia abile a gabbare amministratori e cittadini creduloni. Se così deve essere, facciamoci pagare e molto. E’ una prospettiva orrenda, ma è l’unica rispetto al nulla e all’espropriazione di ogni sovranità non ultima la salute.