Pd, o fuffa-truffa o reale democrazia [di Gianfranco Pasquino]

Renzi_Sardegna

il Fatto quotidiano, 30 marzo 2018. Stuoli (sic) di giornalisti equamente divisi fra filo-Pd e filo-Forza Italia che si preparavano a suonare la grancassa per la Grande Coalizione Arcore-style mi hanno accusato di essere filo-5 Stelle poiché ho sostenuto che le “carte“ di Di Maio, nonostante gli sgarbi quotidiani, il Pd doveva (deve) chiedere di vederle.

Soprattutto, ho twittato che l’imposizione preventiva del rifugio nell’opposizione da parte del due volte ex segretario Renzi è assimilabile all’eversione delle regole, delle procedure, del funzionamento della democrazia parlamentare. I sostenitori di Renzi, parlamentari e giornaliste amiche, sostengono che sono gli elettori ad averli mandati all’opposizione. Nel frattempo, però, qualcuno nel Pd sta ridefinendo la posizione, troppo poco, troppo lentamente.

Naturalmente, è del tutto sbagliato sostenere che gli elettori hanno mandato il Pd all’opposizione. Gli elettori italiani non votavano sul quesito Pd al governo/Pd all’opposizione. Nessun elettore in nessuna democrazia parlamentare ha un voto di governo e/o un voto di opposizione. Comunque, gli elettori che hanno votato Pd volevano conservarlo al governo del Paese.

Che adesso l’ex segretario del Pd interpreti il voto al suo partito come rigetto della sua azione di governo è confortante, ma troppo poco troppo tardi. Ed è sbagliato pensare che quegli elettori non desidererebbero, a determinate condizioni, che possono essere costruite, vedere il loro partito in posizioni di governo a temperare il programma degli alleati e a tentare di attuare parti del suo programma.

Quando ascolto molti parlamentari del Pd ripetere senza originalità quello che ha detto Renzi, mi infastidisco. Subito dopo mi interrogo e capisco. Siamo di fronte a un’altra conseguenza nefasta della legge Rosato. Non fatta per garantire qualsivoglia variante di governabilità, la legge Rosato non è stata, ma era prevedibile, neppure in grado di dare rappresentanza all’elettorato.

I parlamentari eletti non hanno dovuto andarsi a cercare i voti. La loro elezione dipendeva dal collegio uninominale nel quale erano collocati/e e dalla eventuale frequente candidatura in più circoscrizioni proporzionali. Come facciano questi/e parlamentari a interpretare le preferenze e le aspettative di elettori che non hanno mai visto, con i quali non hanno mai parlato, ai quali non torneranno a chiedere il voto, potrebbe essere uno dei classici, deprecabili misteri ingloriosi della politica italiana e di leggi elettorali, come la Rosato.

Formulata e redatta con precisi intenti particolaristici: rendere la vita difficile al Movimento 5 Stelle, creare le condizioni per un’alleanza Pd-Forza Italia, soprattutto consentire a Renzi e Berlusconi di fare eleggere esclusivamente parlamentari fedeli, ossequienti, totalmente dipendenti, per questi obiettivi, ma solo per questi, la Rosato ha funzionato. Adesso sì che i conti tornano. Il Pd va all’opposizione, almeno per il momento, perché lo dice, lo intima il capo che ha fatto eleggere la grande maggioranza dei deputati e dei senatori.

Costoro, da lui nominati, dovrebbero dichiarare candidamente che seguono le indicazioni-direttive, non degli elettori, ma di Renzi. Naturalmente, nonostante tutta la mia scienza (politica), neppure io sono in grado di dire che cosa preferiscono gli elettori del Pd.

Sono i dirigenti del Pd, meglio se nell’Assemblea del Partito, quindi non precocemente, che debbono decidere, ma dirigenti non sono coloro che si accodano alle preferenze inespresse e che seguono opinioni e sondaggi scarsamente credibili poiché fondati su ipotesi. Dirigenti/leader sono coloro che precisano le alternative, le dibattono, le scelgono, le confrontano con le proposte degli altri.

Poi, se il Pd è un partito (e non un grande gazebo come vorrebbero coloro che stanno chiedendo già adesso fantomatiche primarie che servono a scegliere le candidature, per il parlamento non le ho viste, non i programmi) sottoporrà ai suoi iscritti, come hanno fatto i socialdemocratici tedeschi, un eventuale programma di governo concordato con altre formazioni politiche. Questa è la procedura democratica attraverso la quale si giunge al governo o si va all’opposizione. Il resto è fuffa/truffa.

3 Comments

  1. Giovanni Scano

    Perfetto! Nel Partito c’è troppo conformismo! Ci sono molti, troppi parlamentari e/o dirigenti anche nazionali che non hanno, o che perlomeno non la manifestano nelle loro pubbliche esternazioni, la maturità politica, il coraggio, che qualunque compagno dovrebbe avere, di esprimere delle loro proprie opinioni politiche che abbiano senso compiuto e non ripetere pedissequamente ad ogni intervista una sfilza di frasi fatte e luoghi comuni presumibilmente elaborati altrove e da qualcun altro. Ben vengano quei compagni come Gianfranco Pasquino che conservano la loro autonomia culturale e politica è che così possono speriamo contribuire a far uscire il Partito dal conformismo e dalla mediocrità e farlo tornare alla partecipazione alla vita politica. Con buona pace dell’ormai ex segretario bis.
    PS Non credo che gli altri partiti o sedicenti tali siano in condizioni migliori! Anzi! Spesso sono nettamente peggiori.

  2. Gianni

    Tutto giusto quello che dice il professor Pasquino. Mi piacerebbe leggere dopo le valanghe i consigli e rimbrotti al Pd, qualcosa sui vincitori, con chi vogliono governare, per fare cosa, composizione e durata del governo. Se possibile in modo chiaro. Non avendo votato Pd mi sento di poter dire che oggi la prima mossa spetta ad altri, e trovo strano che il mondo dell’informazione, della cultura, ecc. si spenda in una sola direzione. Se si fa l’esempio della Germania, il programma dovrà essere concordato e presentato con-giun-ta-men-te fra le formazioni politiche. Chi va a dirlo ai vincitori?

  3. Giovanni Scano

    Anch’io, pur avendo votato PD, mi sento di dire che la prima mossa spetta a chi ha preso più voti, a chi, pur essendo arrivato primo, non ha vinto: come coalizione (il centrodestra) oppure come partito (il M5S).
    Detto questo penso anche di poter dire che non sia una cosa politicamente intelligente e lungimirante ritirarsi in una torre d’avorio e da lì osservare la politica mentre avviene (fatta dagli altri). Stare aprioristicamente all’opposizione non ha senso. Noi stessi, come ricordava di recente Marina Sereni in un suo editoriale, abbiamo nella passata legislatura governato insieme e grazie a partiti o parti di partiti (vedi Alfano) che non erano stati votati per fare un governo con noi.
    Per cui penso che noi dovremmo rispondere positivamente ad eventuali proposte di discussione programmatica. Ciò non vuol dire che si andrebbe per forza ad un accordo. Ma già discutere seriamente è un passo avanti.
    Ovviamente non penso minimamente che il PD dovrebbe votare la fiducia a un governo di centrodestra o a un governo cinque stelle che la dovessero chiedere sulla base dei rispettivi programmi elettorali o addirittura sulla base solamente della figura del rispettivo candidato presidente del consiglio. Sul programma di un tale eventuale governo (sia con la destra, poco probabile, che coi cinque stelle) bisognerebbe che la discussione ripartisse da zero o giù di lì.
    Ma non si può dire no a priori!

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