Ricerca, Innovazione ed Etica. Un confronto tra progresso scientifico medico e diritti della persona [di Alessandro Ligas]
Intervista alla Prof.ssa Maria Del Zompo – Professore Ordinario di Farmacologia nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Cagliari- 15 dicembre 2014. …Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande… (Claude Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto). La ricerca nasce dalla cultura e già questo fa capire come sia fondamentale per il progresso ma attenzione, come il passato e il presente ci dimostrano, l’aumentare delle conoscenze grazie al lavoro dei ricercatori spesso non va di pari passo con la crescita etica della nostra società ed è per questo che bisogna comunque vigilare sulle applicazioni pratiche delle scoperte in biomedicina (Maria del Zompo). L’innovazione è uno dei processi che stanno alla base del progresso sociale e tecnologico. Ma l’innovazione non è il frutto di un colpo di genio, di un momento di “estasi” che ci fa comprendere la possibilità di un cambiamento. E questo vale sia quando parliamo di innovazione di un prodotto, di un processo o di business. Alla base dell’innovazione c’è la ricerca. Questa intesa come ogni attività umana volta allo studio che abbia come fine l’acquisizione di nuove conoscenze. Essa poi assume forme differenti (teorica, empirico-sperimentale, storica, comparata, descrittiva, prospettica o futurologica) in relazione agli obiettivi che si prefigge e alle metodologie impiegate. Dewey (filosofo e pedagogista statunitense) la definisce come la “trasformazione controllata o diretta di una situazione indeterminata in un’altra che sia determinata, nelle distinzioni e nelle relazioni che la costituiscono, in modo da convertire gli elementi della situazione originaria in una totalità unificata” (Logic, VI; trad. italiana pag.157). Ma alla base della ricerca? Cosa ci induce a fare ricerca? Sono tanti i motivi che ci spingono a ricercare. Aristotele nella Metafisica dice “tutti gli uomini tendono per natura al sapere”. Il filosofo greco ci vuole dire che da sempre l’uomo si è chiesto quale fosse il senso del proprio essere e che ogni uomo ha sempre cercato di capire e decodificare il mondo che lo circonda, e che la curiosità è il carburante della scienza e dello studio umano. Oggi, e la storia lo insegna, si fa ricerca anche per acquisire nuove conoscenze che possano trovare applicazioni concrete nella vita di tutti i giorni ed essere utili al benessere economico e al miglioramento della qualità della vita. Ma lo studio della realtà, di tutto ciò che ci sta attorno, ossia la ricerca, per essere produttiva deve essere svolta in modo sistematico e non casuale, il che presuppone che l’acquisizione di nuove conoscenze avvenga con intendimenti e metodi scientifici di modo da permettere l’ampliamento del sapere scientifico e tecnologico (in questo caso si parla di ricerca tecnologica, volta all’individuazione e dalla messa a punto di tecniche particolari per scopi specifici), quest’ultimo consente alle applicazioni pratiche di venir perfezionate, diffuse e valorizzate soprattutto nei settori dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi ma anche in quello medico. Metodo scientifico che, oggi, significa l’esecuzione della ricerca secondo una particolare tecnica ossia un insieme di prescrizioni relative allo svolgimento di un’attività in modo ottimale con l’obiettivo di acquisire certezze (per quello che è possibile) nel campo conoscitivo. Storicamente la paternità ufficiale del metodo scientifico è attribuita a Galileo Galilei e consiste nella raccolta di dati empirici, attraverso l’osservazione sperimentale, nella formulazione di ipotesi e teorie che poi saranno sottoporre al vaglio dell’esperimento per testarne la veridicità. Molto spesso il metodo, per dirsi scientifico, richiede anche la ripetibilità e la riproducibilità dei fenomeni osservati da interpretare. Ma che rapporto esiste tra metodo scientifico, etica, ricerca ed innovazione? La tecnologia è solo l’applicazione pratica dell’idea innovativa che nasce dalla ricerca di base e applicata. Le scelte e i giudizi hanno a che fare con la cultura umanistica ed il vero problema è il tentativo, neanche tanto nascosto, di considerare proprio queste scienze come “inutili” con gravissime conseguenze proprio sull’etica. Molti pensano che la scienza abbia portato a tanti errori, a tanti sbagli commessi dall’uomo, e quindi anche a tanti disastri, naturali e non, e pertanto deve essere frenata e imbrigliata. In realtà non è la scienza a produrre quei disastri, ma è l’amministrazione ideologica e politica e soprattutto le scelte non etiche delle scoperte scientifiche che provocano i danni. Abbiamo incontrato la Prof.ssa Maria del Zompo, Professore Ordinario di Farmacologia nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Cagliari, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e della Scuola di Specializzazione in Farmacologia Medica, componente, dal 2008, e responsabile della Segreteria Scientifica, del Comitato Etico della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari. Amante della poesia, attratta dagli Impressionisti ed appassionata per la musica di Bruce Springsteen e dei Queen, con la quale abbiamo parlato, partendo dal metodo scientifico come base per costruire un’etica, del rapporto tra innovazione ed etica un continuo confronto tra progresso scientifico medico, diritti della persona ed innovazione tecnologica. Il metodo scientifico come base per costruire oggi un’etica? A mio parere seguire il metodo scientifico per avvalorare interventi medici sull’uomo è imprescindibile e deve essere alla base di qualunque valutazione bioetica. Cos’è il metodo scientifico e come può essere alla base per una valutazione bioetica? Ci vorrebbe molto tempo per definire il Metodo scientifico, basti pensare alla sua evoluzione da Aristotele, a Kant, a Cartesio, a Einstein, a Popper, solo per citarne alcuni. Semplificando molto, il metodo scientifico prevede una serie di passaggi utilizzati per indagare su un evento: osservazione, quesito, formulazione di una ipotesi, esperimento, raccolta e analisi dei dati sperimentali, conclusione con diffusione dei risultati nella comunità scientifica. Fondamentale è che i ricercatori testino la loro ipotesi (esperimento= procedura per testare una ipotesi) per dimostrare la correttezza delle conclusioni: la prova sperimentale è ciò che rende le osservazioni e le conclusioni valide. Infine, pubblicare il risultato, in modo da permettere alla comunità scientifica internazionale di validare la correttezza del lavoro scientifico, è essenziale nel metodo scientifico. Ecco che se pensiamo ad una terapia o ad uno strumento diagnostico sperimentale che deve essere utilizzato per la prima volta nell’uomo, la prova di efficacia e di non pericolosità deve aver seguito le regole del metodo scientifico e la valutazione etica di quel farmaco o di quello strumento diagnostico non può prescindere da questo. Cos’è l’etica? La parola etica viene utilizzata o in riferimento al pensiero antico, con la ricerca di ciò che contribuisce alla eccellenza della vita umana, o in riferimento a un ambito particolare di applicazione: bio-etica, etica dell’ambiente, etica sociale etc. L’etica si occupa delle azioni buone nel comportamento umano, da non confondere con azioni legalmente permesse o politicamente corrette: etikòs in greco significa comportamento e Aristotele includeva nel termine anche conoscenza e competenza. La bioetica si fonda sull’etica della responsabilità: dal concetto kantiano di considerare sempre l’uomo non come mezzo ma come fine al concetto di Van Rensselaer Potter di un’etica incentrata sull’assunzione di responsabilità dell’uomo per il sistema complessivo della vita. Oggi fino a che punto è lecito l’intervento dell’uomo sull’uomo? Il BelmontReport enumera tre principi base per condurre una ricerca clinica: rispetto per la persona, con assoluto rispetto della autonomia decisionale del soggetto coinvolto; beneficità, perciò non esporre a rischi, massimizzare i benefici e rendere minimi i rischi della ricerca; giustizia, distribuire equamente i benefici. Dal 1964 esiste la Dichiarazione di Helsinki, alla quale devono adeguarsi tutti i ricercatori che vogliono fare ricerca clinica Molto spesso, oggi, si confonde l’etica con la morale e con la giurisprudenza, come possiamo fare un distinguo? Qui si entra nel campo degli studiosi di Etica, soprattutto filosofi che analizzando il significato della parola etica nel tempo ne hanno caratterizzato il significato profondo. Di sicuro l’etica prescinde da un credo religioso ed è la base del “buon comportamento” della specie umana. Cosa ha di profondamente diverso dalla morale e dalle leggi: non pone obblighi che se non rispettati impongono una punizione. Da qui si evince quanto l’etica sia di difficile applicazione oggi come ieri nella vita di tutti i giorni. Oggi poi l’esistenza di una corruzione molto estesa e purtroppo radicata nella società italiana a tutti i livelli complica ulteriormente il quadro. Io posso solo ripetere che classicamente l’etica ha riguardato il bene inteso non come utile ma che spicca sulle altre cose grazie ad una distinzione qualitativa La ricerca medica purtroppo, non è stata sempre in linea con il Codice di Norimberga del 1947, primo tentativo di tracciare una linea di divisione tra la sperimentazione lecita e la tortura (regole di bioetica), mi riferisco ad esempio al caso Willowbrook State School negli anni 1956/70 negli USA, dove è stato inoculato il virus dell’epatite a 700 bambini, o all’esperimento “Tuskegee” dal nome della città dell’Alabama dove a partire dal 1932 furono scelti come ”cavie umane” 400 uomini afroamericani per uno studio sul decorso della sifilide. Anche in Italia ci sono stati casi analoghi? Non ne sono a conoscenza e comunque vorrei sottolineare che l’etica è sempre stata un caposaldo sin dagli albori della medicina occidentale e negli ultimi anni l’interesse dell’etica nella medicina è andata sempre più crescendo. Ricordo che la pratica medica è sempre stata oggetto di riflessione etica, e i progressi della medicina, dovuti all’influenza della biotecnologia e della medicina tecnologicamente orientata,hanno contribuito a trasformare l’etica medica tradizionale. Modernamente, la complessa articolazione dei rapporti tra scienza, medicina e società ha suscitato il bisogno di norme di ordine etico. E la bioetica si è fatta promotrice di tali norme, con lo scopo di formare agenzie di confronto, guida e controllo, prive di significato giuridico, ma dotate di precisa autorità etica oltre che sanitaria. Gli strumenti operativi cui è demandato il controllo di eticità delle condotte e delle prestazioni sanitarie anche in Italia sono i Comitati Etici per la Sperimentazione Clinica nell’uomo di nuovi farmaci e nuove terapie. Oggi come viene compiuta la sperimentazione dei farmaci? Segue delle regole molto rigide e diverse istituzioni a livello locale, regionale, nazionale e internazionale controllano che queste regole vengano rispettate. In particolare la sperimentazione clinica con farmaci necessita di un robusto razionale biologico che giustifichi l’uso di quella particolare sostanza nell’uomo. Non è così per l’omeopatia, ed è molto più blanda anche per la fitoterapia. Il Comitato Etico per le Sperimentazioni farmacologiche nell’uomo si costituisce come tempo eluogo di una mediazione culturalmente, scientificamente ed eticamente elevata ed equilibrata nel confronto tra progresso scientifico medico e diritti della persona. E’ la sede dove convergono e si confrontano conoscenze, competenze, esperienze e sensibilità diverse. Compito è quello di ricercare linee di comportamento in grado di armonizzare e salvaguardare i valori e i diritti dell’uomo, intesi in termini di libertà e dignità. Il Comitato Etico è un organo collegiale e multidisciplinare e la sua composizione garantisce un approccio interdisciplinare alle problematiche di sua competenza e assicura la partecipazione di membri tecnici e non. In particolare valuta l’adeguatezza dei rapporti che intercorrono tra il reparto presso il quale viene condotta la ricerca e lo sponsor dello studio e la fattibilità di un progetto di ricerca in termini di correttezza etica e scientifica della sperimentazione, e tutela i diritti dei soggetti che prendono parte allo studio clinico. Pone particolare attenzione al razionale del progetto, e valuta l’adeguatezza del protocollo, la competenza e l’idoneità dei ricercatori e di tutte le persone coinvolte nella sperimentazione, la fattibilità della sperimentazione nel reparto scelto dallo sponsor. La Dichiarazione di Helsinki e la Convenzione di Orviedo sono i riferimenti per le decisioni etiche. La valutazione etica non può prescindere dalla valutazione del Consenso Informato scritto che ogni soggetto coinvolto in una sperimentazione clinica deve condividere con il ricercatore e sottoscrivere. Il Consenso Informato deve rispettare la qualità della comunicazione e dell’informazione; deve permettere la piena comprensione dell’informazione sullo studio sperimentale, deve rispettare la libertà decisionale del paziente e la sua capacità decisionale. Ovviamente deve essere inteso come un approfondimento del rapporto medico/paziente. Come può notare l’organizzazione dei Comitati etici è tale che viene difficile pensare che possano passare progetti non etici. Me esiste un vulnus: i problemi possono nascere dalla scarsa conoscenza e competenza di alcuni Comitati Etici a dare la valutazione etica sulla base del razionale scientifico del progetto. Infatti, in mancanza di figure professionalmente valide nella composizione dei Comitati Etici, spesso la cosiddetta “compassione” può far passare progetti assolutamente non etici in quanto carenti sul razionale e sull’efficacia e tollerabilità delle terapie proposte: in pratica progetti che non hanno seguito il metodo scientifico nella loro esecuzione. Il punto debole è che la nomina dei componenti è una nomina “politica” e questo purtroppo può facilitare la scelta di figure che non possiedono la conoscenza e la competenza necessarie, e pertanto si possono definire nomine “non etiche”, che possono indebolire l’efficacia del Comitato Etico stesso. L’omeopatia sfugge a queste regole? Sì E perché? Il prodotto finale omeopatico è talmente diluito da non contenere più neppure una molecola della sostanza di partenza, inoltre i solidi metallici sminuzzati non diventano solubili pertanto il prodotto finale è costituito esclusivamente di acqua e zucchero. Mi chiedo anche io come sia possibile un uso nell’uomo a fini terapeutici di “prodotti” di cui non è stata dimostrata l’efficacia con il metodo scientifico e che vengono venduti a soggetti ammalati: mi pare di poter dire che l’eticità del loro uso non sia molto evidente. Ovviamente sarebbe necessario approfondire, e molto, il razionale dell’uso di farmaci omeopatici per rispondere con maggiore appropriatezza a questa domanda e ci vorrebbe molto più tempo. In ogni caso le terapie omeopatiche non hanno l’obbligo di legge di passare attraverso l’approvazione del Comitato Etico prima della loro commercializzazione, e non mi chieda il perché, davvero non lo so e non lo condivido. Neanche io approvo questo modo di fare, sarebbero tante le domande da fare ma non è questa la sede adatta per parlarne. Tornando a noi, è possibile evitare, o meglio saltare, l’uso degli animali nella sperimentazione? A oggi non è ancora possibile, soprattutto per testare la efficacia e la tollerabilità dei principi attivi che si vogliono somministrare all’uomo. Talvolta, il principio attivo alla base dell’efficacia del farmaco non è tossico, ma lo sono le sostanze derivate da un processo metabolico attivato in un organismo vivente e questo per esempio rende difficile usare esclusivamente sistemi in vitro per testare la tossicità. Ma molto è stato fatto per ridurne l’uso e molti gruppi nel mondo stano ricercando metodi alternativi, per ora senza successo ma non dispero. Il caso Stamina o il caso Di Bella, in cosa si differenziano dalle normali procedure di sperimentazione? possono dirsi ricerche etiche? Sono l’opposto di ricerche etiche, proprio perché sono terapie che al momento del loro uso nell’uomo non avevano dimostrato l’efficacia e la tollerabilità secondo il metodo scientifico È opportuno discutere ed approfondire anche le implicazioni sociali ed etiche dell’innovazione tecnologica? Secondo me non possiamo e non dobbiamo evitarlo sempre nell’ottica del bene e dell’etica della responsabilità come detto prima. Quali sono le implicazioni etiche dell’innovazione tecnologica? Purtroppo il profitto ha sempre condizionato e sempre condizionerà le scelte dell’uso dell’innovazione tecnologica e ho paura che l’etica non sia sufficiente, ma sia necessario intervenire con leggi che impongano una pena a chi non le segue. La scienza deve progredire: la conoscenza di come siamo fatti, di come funziona il corpo umano, del perché si ammala e del perché invecchi, costituisce da sempre un’esigenza di conoscenza insopprimibile dell’essere umano. Ma allo stesso tempo dobbiamo essere vigili sulle applicazioni della scienza,medesime conoscenze possono condurre a manipolare e a distruggere, oppure a costruire e a migliorare. Ecco, l’uso delle scoperte bio-mediche deve essere sottoposto comunque e sempre ad una valutazione bio-etica. Contemporaneamente dobbiamo prendere atto che la conoscenza e la consapevolezza, la nostra etica,è l’unica arma che abbiamo per permettere alla scienza di far progredire la specie umana. La dimensione etica della tecnologia attiva la discussione sui criteri ed i valori che orientano le scelte ed i giudizi? Non credo, in fondo la tecnologia è solo l’applicazione pratica dell’idea innovativa che nasce dalla ricerca di base e applicata. Le scelte e i giudizi hanno a che fare con la cultura umanistica ed il vero problema è il tentativo, neanche tanto nascosto, di considerare proprio queste scienze come “inutili” con gravissime conseguenze proprio sull’etica Come la ricerca e la conseguente innovazione tecnologica possono effettivamente contribuire alla crescita e allo sviluppo della società dal punto di vista etico? La ricerca nasce dalla cultura e già questo fa capire come sia fondamentale per il progresso ma attenzione, come il passato e il presente ci dimostrano, l’aumentare delle conoscenze grazie al lavoro dei ricercatori spesso non va di pari passo con la crescita etica della nostra società ed è per questo che bisogna comunque vigilare sulle applicazioni pratiche delle scoperte in biomedicina. Esistono limiti tra etica, ricerca, innovazione e sviluppo? No, a mio parere non dovrebbero essercene perché sono legate tra loro indissolubilmente. Certo le imprese e le istituzioni recitano un ruolo sociale rilevante per le scelte d’investimento, per le politiche di ricerca, e per le soluzioni tecnologiche, temi questi che sono di interesse pubblico. L’errore che viene fatto troppo spesso è che durante le crisi economiche i governi meno illuminati chiudono gli investimenti proprio alla cultura, unica base dell’etica, della ricerca, dell’innovazione e dello sviluppo con risultati disastrosi soprattutto nel medio e lungo periodo per quelle società e per quelle popolazioni. Quanto le imprese e le istituzioni hanno consapevolezza dei dilemmi etici introdotti da queste scelte? So che molte imprese di biomedicina hanno affrontato e affrontano questo argomento e si dotano di Codici Etici, certo poi ci sono i Consigli di Amministrazione, il valore delle azioni in borsa, il profitto, ecco perché a mio parere in biomedicina l’etica rischia di non essere applicata ed ecco perché sono necessari gli obblighi dati da leggi. Credo siamo tutti consapevoli che l’etica intesa come buona vita necessiti di persone con solidi e convinti principi per essere applicata con naturalezza e non mi pare che questa società sia pronta a questa sfida. L’evoluzione delle tecnologie è avvenuta così rapidamente da non lasciare spazio a riflessioni differenti rispetto alla visione comune della tecnologia che ha come unica finalità quella di risolvere la maggior parte dei problemi della società. Cosa ne pensa di questa rapida evoluzione e di ciò che ne consegue? Come ho già detto il progresso scientifico deve essere sostenuto ed è abbastanza logico pensare che mano a mano che le nuove scoperte vengono applicate alla tecnologia, la possibilità di ulteriori scoperte aumenta in modo esponenziale e non ritengo che questo sia necessariamente un problema In un “tweet” cosa consiglia a chi vuol fare ricerca?
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