Suoni di pietra [di Franco Masala]

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Non c’è più il grande murale affacciato sulla via Dante, cancellato da indispensabili (?) lavori condominiali. Ci sono però i tre lembi di città nel giardino sotto le mura: per quanto non più allietate dal gorgoglìo dell’acqua, queste pietre rimangono a Cagliari quali testimonianze della passione artistica di Pinuccio Sciola.

L’artista, spentosi quasi improvvisamente nel pieno della sua attività creativa, ha attraversato almeno mezzo secolo di arte a partire dalla prima mostra milanese del 1961 fino alla consacrazione internazionale ottenuta soprattutto con le sue pietre sonore: da Roma a Parigi, da Assisi a Lussemburgo hanno risuonato, portando ovunque il fascino della natura, “aiutata” a fare musica mediante incisioni e tagli, differenziati a seconda della densità del materiali.

Né è possibile dimenticare l’esperienza creativa, non meno che sociale, della lunga stagione dei murales che cominciati con la frequentazione del grande David Alfaro Siqueiros in Messico, si sono ampiamente diffusi in tutta la Sardegna, favorendo anche la nascita del “paese-museo” in quella San Sperate dove Sciola era nato nel 1942. Grazie al coinvolgimento della popolazione, anche direttamente nell’esecuzione, si è trasmesso il valore importante di una esperienza collettiva che ha favorito talvolta un confronto politico.

Superato il richiamo alla difficile infanzia e al genio precoce, aiutato da borse di studio determinanti, Sciola riuscì a imporsi nel panorama artistico isolano, spiccando il volo per una amplissima notorietà internazionale. E come estrema presenza della sua opera è bello ricordare il suggestivo e favoloso profilo di una Pekino pietrosa e occultata da quinte mobili gigantesche a superficie ruvida nella messinscena, peraltro non completamente riuscita, della Turandot pucciniana nel Teatro Lirico di Cagliari nel luglio di due anni fa. Fu questo il congedo anche “musicale” di un vero artista.

*Foto di Franco Masala ©

2 Comments

  1. Raffaele Deidda

    Come tanti che l’hanno conosciuto anche io conservo un ricordo di Pinuccio Sciola, comunque bello. Ero poco più che ragazzo e lui un giovane uomo. Frequentavo il suo “atelier” a San Sperate dove, nel giardino della sua casa campidanese, le sue statue sembravano voler gridare al mondo il bisogno di cultura. A casa sua c’era anche la redazione del giornale “Sa Repubblica Sarda”, sotto la supervisione di Gianfranco Pintore, a cui diedi modesti quanto entusiastici, giovanili contributi. Poi, com’è normale nelle cose degli uomini, cambiarono i contesti e si spalmarono le idealità. Ci si perse di vista.
    Ciao Pinuccio, che la terra ti sia lieve.

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