Addio Pinuccio, è San Sperate il tuo vero capolavoro [di Vito Biolchini]

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Pinuccio Sciola ci ha lasciato ma Pinuccio è tra noi. Le sue pietre, disseminate per la città di Cagliari, ci osservano e ci interrogano. Un seme è adagiato in piazza del Carmine sotto la statua della Madonna, altri tre sotto le mura di Castello, insieme alle pietre sonanti, alle foglie e alle meravigliose architetture delle città del futuro che si confrontano con l’antica città di pietra. E poi ancora pietre al porto, a Monte Claro, in viale Bonaria e perfino in piazza Repubblica, dove lo sguardo del cagliaritano cerca ancora il murale, cancellato nell’indifferenza colpevole dell’amministrazione comunale.

Ci rimase male Pinuccio, anche se non lo diede a vedere perché anche lui, capace di ruvidezze da artista, si scopriva poi fragile di fronte ad offese così plateali. La mobilitazione che scaturì da quello scandalo lo risarcì in parte e a me regalò un rapporto nuovo con lui, fatto di una complicità sorridente che in questi ultimi quattro anni, da quando lo intervistai per Infochannel Tv nel suo bellissimo giardino megalitico il giorno del suo settantesimo compleanno, grazie soprattutto a preziose amicizie comuni, è andata avanti fino all’ultima serata a San Sperate, tre settimane fa. Stava male Pinuccio e pensavamo fosse solo la stanchezza accumulata nei viaggi che ancora intraprendeva con entusiasmo per andare, ovunque in Europa, lo chiamassero. Purtroppo non era così.

Sciola aveva una personalità complessa e per descriverla non basta raccontare con una certa dose di compiacimento le leggendarie serate organizzate a casa sua dove potevi trovare di tutto, dal giornalista famoso allo studente d’arte americano, dal contadino “sparadese” al turista curioso capitato lì per conoscere il maestro e invitato a cena senza tante formalità. Tutti assieme ad officiare un rito di cui Pinuccio era l’unico sacerdote. Sciola è stato questo ma non è stato solo questo. Le sue opere ci raccontano di lui molto di più ed è dunque al percorso artistico dobbiamo tornare per capire la sua importanza.

Quale eredità ci lascia dunque Pinuccio Sciola?

A mio avviso la più rilevante è questa: che l’arte è in grado di cambiare le nostre vite. Prima dell’epopea dei murales, San Sperate era un centro agricolo come tanti altri. Oggi invece un luogo straordinario dove centinaia di opere d’arte accompagnano la quotidianità del paese e ne scandiscono i ritmi e ne condizionano positivamente l’esistenza. Tutto questo lo ha voluto soprattutto Pinuccio. È stato Sciola l’iniziatore di questa straordinaria avventura, feconda al punto tale che poi altri sparadesi sono diventati artisti e si sono affiancati nel tempo nell’azione del maestro.

A San Sperate Sciola non è rimasto solo ma ha aperto le porte a centinaia di giovani artisti provenienti da tutto il mondo che da anni ormai frequentano il paese, tracciando una strada che andrà molto lontano. Anche questa una lezione: la Sardegna esiste solo nel confronto con altre culture e identità. Se non si confronta, muore. E Sciola si confrontava col mondo tutti i giorni: anche chi ha avuto modo di frequentarlo sporadicamente sa quanto straordinariamente fitta fosse la sua rete di rapporti internazionali.

È San Sperate dunque il vero capolavoro di Pinuccio Sciola. Un paese dove l’arte è entrata nel dna dei suoi abitanti, una realtà meravigliosa, unica in Sardegna: ma non per questo irripetibile. Perché tutti i paesi sardi potrebbero intraprendere la stessa strada di bellezza se solo lo volessero. La strada l’ha segnata lui, Pinuccio.

Ecco allora che con Sciola l’arte sta lontana dai musei, sceglie le strade e le piazze come luogo d’elezione e diventa qualcosa di doppiamente concreto; le pietre e i colori segnano lo spazio fisico ma anche quello delle relazioni sociali. È l’arte che, interagendo con la comunità, la cambia e ne segna l’evoluzione, la crescita, e ne rappresenta concretamente l’ansia di cambiamento e di speranza.

La speranza: è un’altra grande eredità che Sciola ci lascia. I semi di pietra ci avvertono che ovunque è possibile una rinascita, che ogni seme è pronto a germogliare a patto che ci sia qualcuno disposto a gettarlo laddove il terreno è più fertile.

L’artista dunque è in grado con la sua opera di cambiare la società, di condizionarla, di indirizzarla verso un’utopia possibile. San Sperate è il luogo dove questa utopia si è inverata e dove ancora si rinnova. Non si può capire Sciola se non si capisce il paese in cui ha operato e nel quale le sue opere hanno preso vita. Un artista non vive sulla luna ma trae la sua forza da una comunità, che allo stesso tempo da quell’arte viene rafforzata. Ecco perché per uscire da questa crisi di senso che la sta soffocando, per rafforzare le sue comunità, alla Sardegna servirebbero meno opere pubbliche e più opere d’arte.

Se il luogo dell’agire di Pinuccio Sciola è stato dunque San Sperate (simbolo di una Sardegna veramente possibile, fatta di radici, cultura, apertura al mondo), il tempo di Sciola è stato quello dell’arte come politica. Pinuccio è stato un uomo impegnato politicamente perché ogni sua opera ci interroga e ci chiama all’azione: perché la pietra suona, ma solo se noi lo vogliamo, solo se abbiamo il coraggio di percuoterla (“di accarezzarla”, mi avrebbe corretto Pinuccio) e di ascoltarla.

Ciao Pinuccio, oggi il tuo paese ti ha accolto esponendo dei teli bianchi: non in segno di lutto ma a simboleggiare un futuro, grazie a te, ancora da scrivere. Per questo sono triste di averti perso ma sono soprattutto felice di averti incontrato. La tua stretta di mano mi mancherà, così come le note del tuo archetto sulle città di pietra e i silenzi davanti al fuoco di Santa Lucia. Ma i semi che mi hai regalato presto germoglieranno ancora. Te lo prometto.

Un abbraccio forte a Maria, Mirko e al piccolo Lorenzo, a Tomaso e a tutti gli amici di San Sperate.

 

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