Le infrastrutture ciclabili a Cagliari: pocas, locas y malunidas [di Luca Guala e Francesco Sechi]

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Fino al 2011, l’unica attenzione che Cagliari aveva rivolto alle biciclette erano i cartelli che ne vietavano l’accesso sull’asse mediano. Affermare che fino ad allora non fosse stato fatto nulla per favorire l’uso della bici, è un eufemismo. Quindi la realizzazione delle prime corsie ciclabili “a costo zero” e “più misure di moderazione del traffico che a favore della ciclabilità”, come le ha candidamente definite l’allora assessore alla mobilità Mauro Coni, è stata salutata con molto favore da chi promuove l’uso della bicicletta per la mobilità urbana.

La bici è il mezzo ecologico per antonomasia e, anche se le caratteristiche della città non permettono lo sviluppo di una ciclabilità di tipo olandese, basta un flusso di poche decine di biciclette per dare un aspetto più “ecologico” ad una via urbana. Ma la bicicletta porta un altro più importante beneficio: chi la adopera per andare a scuola, al lavoro, per commissioni o per svago, compie un salutare esercizio fisico, che aumenta il benessere personale e riduce i costi a carico della sanità. E la bici fa bene anche a chi non la usa: se uno abbandona l’auto in favore della bicicletta, ci sarà un’auto in meno nel traffico e un parcheggio libero in più. Anche chi va in automobile quindi, beneficerà della scelta di chi usa la bici per spostarsi.

Una città che persegua un qualsiasi obiettivo di “mobilità sostenibile” non può quindi sottrarsi dal favorire la ciclabilità e Cagliari, sotto l’ultima amministrazione, ha realizzato un gran numero di corsie riservate per le bici. Peccato che il bel regalo ricevuto si sia rivelato un qualcosa di più simile al golfino regalato dalla zia per il compleanno: si ringrazia, per educazione, ma poi non si riesce proprio ad indossarlo.

La frase sui sardi “pocos, locos y malunidos” viene attribuita a più fonti ( l’imperatore Carlo V, l’ambasciatore Martin Carrillo, l’arcivescovo Antonio Parragues de Castillejo). Chiunque l’abbia pronunciata – se mai è stata pronunciata – ha forse esagerato in severità verso i sardi; non crediamo invece di essere troppo severi se la riprendiamo per definire le opere a favore della ciclabilità realizzate negli ultimi quattro anni a Cagliari: poche, folli, disgiunte. Ecco perché.

POCAS. Le infrastrutture sono poche: in questi anni se ne potevano fare molte di più, soprattutto nelle vie del centro. Molte infatti si trovano in periferia, e svaniscono appena ci si avvicina ai quartieri più centrali. Non esiste traccia dell’ovvia e necessaria infrastruttura che colleghi Cagliari al Poetto, neanche nelle nuove opere. Magari rinunciando a un po’ del costoso rivestimento in rasocrete rosso che ricopre le corsie di via Dante, i soldi si sarebbero trovati?

LOCAS. Alcune infrastrutture sono veramente folli. La fantasia si è scatenata in particolare nel quartiere Fonsarda, chi voglia sincerarsene provi a percorrere via dei Giudicati partendo da via Flavio Gioia verso via Bacaredda: la corsia per le bici sale all’improvviso sul marciapiede (con gradino), poi salta sull’altro lato della strada, senza attraversamenti dedicati, si interrompe e poi prosegue invisibile, nascosta dietro le auto parcheggiate. Arrivati in via Bacaredda, svoltare a sinistra richiede il navigatore satellitare. Sulla ciclabile bidirezionale di via Cao di San Marco i ciclisti addirittura tengono la sinistra, come in Gran Bretagna.

MALUNIDAS. le infrastrutture ciclabili sono disgiunte, realizzate a pezzi e a bocconi e non formano una rete. A volte bisogna percorrere chilometri fra la fine di una corsia e l’inizio della successiva. Si interrompono alle intersezioni, spesso lasciando il ciclista in una posizione imbarazzante e pericolosa, invisibile alle auto o su una corsia riservata alla svolta. Sembra che siano state realizzate più dove c’era posto, che dove servivano.

L’impressione è quella di un lavoro fatto realizzando ogni singolo pezzo come un’entità separata, senza alcuna relazione con il resto delle opere. Appare chiara la volontà di spendere il minimo possibile (con l’unica eccezione della posa di ampie superfici in rasocrete rosso) e la completa mancanza di un “piano per la mobilità ciclabile” corredato di obiettivi da raggiungere e criteri per valutare il successo. Inoltre, dopo un inizio entusiasta, molte opere sono state lasciate incomplete, cantieri aperti ma inattivi da mesi.

Per usare un altro trito e odioso luogo comune, sembrano fatte “a sa sarda” come certe case in blocchetti senza progetto, senza intonaco e senza tegole. Come queste non aggiungono bellezza ai paesi della Sardegna, quelle non promuovono di certo la mobilità ciclabile a Cagliari.

* Ingegneri trasportisti

One Comment

  1. Kevin Bruce Legge

    Per non menzionare le pochissimi infrastrutture per i parcheggi e il fallimento TOTALE (e vergognoso) della sistema di Bike Sharing……………..

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