Zuckerberg: il successo? Nessuno fa un’impresa da solo [di Luca De Biase]

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Il Sole24 ore 29 agosto 2016. Le decisioni di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, hanno conseguenze per un miliardo e 700mila persone. Non è sproporzionato il commento della moglie Priscilla Chan all’incontro col Papa: «Abbiamo discusso della nostra comune missione di aiutare chi ha bisogno». Sfere di influenza, in effetti, ormai paragonabili. «Eppure è così umile», dice uno studente della Luiss, dove Zuck si è offerto per un’ora di domande e risposte. L’incontro all’università è stato il momento più pubblico della giornata romana di Zuckerberg. Tema ricorrente, purtroppo, il terremoto. «Il modo in cui gli italiani hanno reagito al disastro è un’ispirazione in tutto il mondo» ha detto Mark. «Ma bisogna dire che ultimamente l’Italia si fa notare anche perché è diventata il Paese più aperto d’Europa per l’innovazione».

Fedele alla sua etica del miglioramento personale, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg si era dato due obiettivi per il 2016: studiare l’intelligenza artificiale per imparare a costruirsi da solo un sistema per controllare la sua casa e correre un miglio al giorno, 365 miglia in un anno (aveva dimenticato il 29 febbraio). Sulla domotica intelligente sta ancora lavorando: «Risponde alla mia voce ma non riconosce ancora quella di mia moglie».

Quanto alla corsa, ha raggiunto l’obiettivo con cinque mesi di anticipo. E si è divertito tanto che non la smette più. Sicché, ieri mattina , con i suoi collaboratori italiani e l’allenatore, è passato a tutta velocità davanti al Colosseo, prima di cominciare la sua giornata romana. Smessa la tuta si è messo in giacca e cravatta per vedere, appunto, il papa e per poi incontrare, sempre con la moglie, il premier Matteo Renzi che gli ha regalato, spiritosamente, una copia del “De Amicitia” di Cicerone. Il che gli deve aver fatto una buona impressione. «Amo Roma» ha esordito Zuck, finalmente in maglietta, davanti agli studenti della Luiss. «Ho studiato latino». Uno studente gli chiede perché: «Beh, non sono bravo a parlare in una lingua straniera. Alla high school dovevo sceglierne una. Il latino si studia ma non si parla…». I ragazzi sorridono.

Gli fanno domande sull’imprenditoria, sulla vita privata, sul futuro. Sull’Italia. «L’imprenditoria, essenzialmente, è imparare il più in fretta possibile, tutto il possibile. Un imprenditore viene giudicato per il cambiamento che riesce a portare nella società. Sbagliare va bene se serve a imparare. Ci vuole persistenza. Ci vuole la pazienza e l’ascolto per adattare le proprie idee alla risposta degli utenti. E ci vuole una grande squadra: nessuno fa un’impresa da solo». La concentrazione del potere e del controllo non è compatibile con l’innovazione: «Se dovessi decidere tutto io, Facebook si svilupperebbe troppo lentamente. I nostri ingegneri hanno la possibilità di realizzare le innovazioni che ritengono più opportune e di provarle con un numero limitato di utenti. Le soluzioni che la comunità gradisce di più vengono poi implementate su tutta la piattaforma».

Zuck è convinto che l’Italia sia un ottimo posto per fare impresa. «In Italia c’è una quantità di nuove imprese e di imprenditori impressionante». Ma non solo nei settori tradizionali. «Oggi più che mai, le buone idee vengono e si sviluppano un po’ dovunque nel mondo. In Europa è nata Spotify. In Italia c’è MusixMatch di Max Ciociola». In effetti, Zuck non vede l’ora di incontrare la comunità degli imprenditori innovativi italiani. Dopo gli studenti – e dopo un incontro con la presidente della Luiss, Emma Marcegaglia – ne vede quattordici, in una riunione che risulta la più lunga della giornata.

C’è anche Daniele Calabrese, di Streamago, la soluzione pionieristica per il video in diretta su Facebook. C’è Stefano Portu, di DoveConviene. C’è Giovanni Daprà, di MoneyFarm. È con loro che Zuck si sente davvero a suo agio. Alberto Dalmasso, di Satispay, ne esce con l’impressione di avere veramente fatto una riunione operativa. Intervistati al termine della riunione, gli imprenditori riportano che Zuck ha chiesto suggerimenti per migliorare la piattaforma al servizio dell’impresa che cresce. E che si è messo a disposizione per contribuire a migliorare le regole a favore dell’innovazione: «La regolamentazione in Europa è un problema. Ma l’Italia è diventata il Paese più aperto d’Europa».

E le opportunità non mancano. Anche perché l’assetto del mercato sta comunque cambiando, grazie all’innovazione che non cessa di spiazzare i ruoli e le posizioni acquisite. Specializzandosi su tecnologie di punta i diversi Paesi possono attrarre investimenti, come Parigi nell’intelligenza artificiale. Gli italiani ci sono riusciti con le tecnologie per l’auto che si guida da sola, a Parma, grazie al team di Alberto Broggi, non a caso emerso in un distretto dell’automobile straordinario.

E le frontiere ulteriori non mancano: «La realtà virtuale, per esempio, sarà una tecnologia profondamente sociale» prevede Zuck. «Quando comunichiamo con il telefono ci immaginiamo di essere vicini al nostro interlocutore. Con la realtà virtuale ci sembra di essere proprio con lui». Suggerisce, Zuckerberg, che in quel settore c’è molto da fare e c’è spazio per creare grandi successi. I ragazzi si trovano bene con uno così. E si sentono incitati a perseguire le loro idee con passione e ragionevolezza da una persona che non ha poi così tanti anni più di loro. Per una volta ascoltano qualcuno che pensa che il loro futuro si possa costruire anche in Italia.

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