Quando l’opinione pubblica è estranea ai fatti [di Pietro Casula]

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La democrazia è un dono ma è sparita la coscienza, la consapevolezza politica e sociale per la grandiosità di questo regalo. Sempre più persone si rifiutano di riconoscere i fatti, l’evidenza. Il novum, in questo collettivo atteggiamento della maggioranza dei cittadini, è che la corretta argomentazione per molti non ha importanza alcuna. E il numero di questi “obiettori della realtà“ registra un allarmante crescendo tant’è che i sociologi parlano già dell’era del post-factum.

Post, prefisso latino per dopo, sta per indicare, per lo più, successione che viviamo in un periodo dopo i fatti. Così come in passato si era arrivati alla post-industrializzazione, al post-modernismo e al post-femminismo. Sostanzialmente vivere nell’era del post-factum significa che sempre meno persone sono disposte a riconoscere la realtà, i fatti come tali. I cittadini “indipendentisti“ che non si riconoscono nella Repubblica Italiana sono chiaramente l’espressione lampante di questa specie.

Questo fenomeno del post-factum è decisamente legato al notevole ed intenso aumento del libero accesso all’informazione per tutti. Chiunque oggi, sostanzialmente, può scaricare da internet tutti i fatti su qualsiasi tema. Questo, però, funziona solo se si conoscono le fonti affidabili, se si sa come inquadrare, classificare i dati. Purtroppo sempre più persone tendono a pescare le loro personali verità e queste poi amplificarle – in modo autoreferenziale – tra i suoi paladini.

All’orizzonte non si riesce ad individuare molti politici che argomentano e convincono con fatti. Quando non si ha fiducia in una persona si nega il proprio consenso, si nega la propria fiducia anche alla loro interpretazione dei fatti. Coloro che sono arrivati nel post-factum, diffondono i loro argomenti in gran parte imprecando e  urlando e aggressione appunto perché fatti non ne hanno proprio.

Per l’opinione politica, spesso, conta più l’emozione che la ragione. Ma anche questo fenomeno non è del tutto nuovo. Nel nostro Paese i politici, da decenni, nelle campagne elettorali traggono profitto dal fatto che gli elettori votano con la pancia. La vittoria di Renzi alle europee dimostra quale successo può portare la riduzione della politica ad un sentimento, ad uno show.

Nuovo è che la realtà dei fatti, gli argomenti semplicemente non contano più niente, non sono incisivi per gli scopo politici. E questa è una svolta allarmante in quanto il dibattito sui problemi che riguardano direttamente le persone è elemento centrale, il fulcro della democrazia. Vogliamo veramente una riforma delle pensioni così?

Vogliamo veramente ridurre il debito pubblico oppure continuare ad aumentare la spesa spostando l’onere sul groppone delle prossime generazioni? Deve ancora salire il costo dell’energia? Vogliamo seriamente ridurre le emissioni di gas ad effetto serra oppure per quanto ancora vogliamo produrre col carbone? Abbassiamo il numero dei rifugiati chiudendo le frontiere oppure con più impegno politico in loco contro le cause che gli spinge a fuggire?

Tali questioni fondamentali corrono il rischio di essere strumentalizzate ed usate emotivamente da coloro che non vogliono confrontarsi con i fatti. Questo si chiama populismo

 

 

 

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