La povertà in Sardegna [di ANSA Sardegna]

Poveri a Roma nel mercato rionale di Val Melaina raccolgono generi di prima necessità in terra tra gli scarti, un una foto d'archivio. Secondo l'Istat, un italiano su tre e' a rischio poverta', il 50% al sud. Roma, 16 dicembre 2013.  ANSA/MASSIMO PERCOSSI / SIM

La povertà vista da 55 famiglie sarde che se la passano molto male: il problema più grande, nel 95% dei casi, si chiama lavoro. Ma sei nuclei su dieci sono alle prese con guai legati anche alla casa e alla salute. Sono i principali risultati della ricerca “Le trappole della povertà in Sardegna: soluzioni e strategie“, realizzata dalla Fondazione Zancan presentata nell’Aula Magna della Facoltà Teologica.

Commissionata da Sardegna Solidale, la ricerca è stata condotta mettendo a confronto nei vari territori dell’Isola amministratori, volontari ma anche persone e famiglie in difficoltà, per poter capire direttamente quali solo gli strumenti maggiormente efficaci e quali invece quelli che non aiutano a risolvere le criticità.

Per il lavoro i componenti delle famiglie parlano di occupazione e lavoro irregolare. Le testimonianze: “Non esce più lavoro – dice una donna – prima mio marito era in una ditta edile ma ha chiuso 5 anni fa. Ora quando va bene trova qualche giornata. Ma con 3 figli non basta“. La casa? Una famiglia su quattro racconta storie di sovraffollamento e di condizioni igienico sanitarie inadeguate. E oltre un nucleo su cinque ha problemi a pagare mutuo, affitto o bollette. Dove ci sono minori, un terzo delle famiglie segnala difficoltà per le spese scolastiche, un altro terzo per il vestiario.

Per la salute una famiglia su quattro dichiara di avere un componente con problemi di disabilità o non autosufficienza. E gli aiuti da dove arrivano? Per il 55,2% da enti pubblici, per il 33,1% da organizzazioni di volontariato. Per l’11,7% provvedono familiari e amici. Ma si tratta di contributi. Poi beni materiali di prima necessità, assistenza abitativa, servizi di sostegno, agevolazioni su servizi per bambini e ragazzi, assistenza domiciliare. Ma gli aiuti servono? “Ho fatto il servizio civico, 3 mesi l’anno a 300 euro – è una delle testimonianze – certo meglio di niente, ma come si fa a vivere così? Non è una risposta che ti cambia la vita“.

Spetta – conclude il report – a tutti gli attori raccogliere questa sfida e attivarsi per promuovere a livello istituzionale, operativo e sociale, i cambiamenti necessari per combattere la povertà“.

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