11 agosto 2017. La sorpresa dopo il SI [di Nicolò Migheli]

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Per fortuna era venerdì, cominciava la lunga sospensione ferragostana. A Cagliari faceva caldo, molto caldo.  Quell’anno sul golfo del Leone dovevano aver montato una barriera. Il maestrale mancava dal 25 di giugno. La data la conoscevano tutti, perché è da quel giorno che si viveva dentro una cappa di umidità afosa. I cagliaritani come sempre affollavano il Poetto, chi poteva era partito o risiedeva nelle case del litorale.

Nella sede della presidenza regionale si era a ranghi ridotti, le ferie erano già cominciate. Però il presidente era lì, con i collaboratori definiva gli ultimi impegni prima delle vacanze. Squillò il telefono. «Presidente, ho in linea la segreteria del Presidente del Consiglio» «Me la passi» nel contempo fece cenno ai suoi collaboratori di lasciare la stanza. «Presidente Pigliàru, buon giorno» «Pìgliaru, prego…» Rispose il presidente, rassegnato al fatto che dopo tanti anni nessuno oltre Tirreno azzeccasse una volta l’accento. La voce femminile all’altro capo del filo tradiva imbarazzo.

« Mi scusi ancora una volta presidente, è che i vostri accenti sono difficili per noi; mi scusi ancora, le passo il presidente» Una musichetta d’attesa per pochi secondi e poi: «Francesco ciao, come va?» «Va che siamo alle solite Matteo, mi avevi promesso più Canadair ed invece ce ne hai lasciato solo uno» «Non ti preoccupare arriveranno anche gli altri, certo che se i pecorai abbandonassero il vizio di dar foco alle ^ampagne la sarebbe tutta più facile»

«Ancora con questa storia Matteo, e poi dove sono finiti tutti quei milioni che ci avevi promesso prima del referendum? Qui me li chiedono tutti ed io non so più che dire» «Arriveranno France’ arriveranno, l’è che in questo momento abbiamo un po’ di difficoltà, le solite cose: i mercati, la situazione internazionale, e poi lo sai anche tu, Trump ha diminuito il suo impegno con la NATO; in Europa si è deciso di aumentare il budget per la difesa, dobbiamo raggiungere il 2% del PIL entro il 2020, non è facile, ma li avrete quei finanziamenti. Però dai, con la riforma costituzionale sei diventato senatore, non ti va bene?»

«Certo, però non mi sono dato da fare per il SI solo per questo, è perché nella riforma ci credo veramente, anche se non lo sono diventato di fatto per via dell’adeguamento dello statuto» «È nostro interesse che la procedura costituzionale sia la più veloce possibile, però ti chiamavo per un motivo ben preciso,  è correttezza istituzionale che tu sia il primo a saperlo, non vorrei che la notizia tu l’abbia ad apprendere da un lancio di agenzia o da un tweet di qualche gola profonda.» Renzi si interruppe, poi misurando le parole:

«Come saprai il comitato scientifico e la Sogin hanno scelto il sito per il Deposito Unico sulle scorie nucleari…» «Cosa stai per dirmi…» Il presidente alzò il tono della voce, non era sua abitudine ma lo fece. «Ti sto dicendo che per al Sardegna si presenta una opportunità unica, investimenti per miliardi di euro, un centro ricerca internazionale, un futuro non più legato solo ad una economia di pecorai»

«E dove vorreste farlo questo sito che ci farà diventare tutti ricchi?» Sibilò il presidente con una vena di sarcasmo: «La Sogin ha scelto il sito di Òttana… » «Ottàna..» replicò Pigliaru sempre più stizzito.

«Si certo Ottana, lontano dal fiume però, nella zona industriale, e poi un altro investimento consistente nel porto di Arbatax per il deposito provvisorio, una strada veloce che unisca l’Ògliastra al sito scelto. Ottana poi è a due passi da Màcomer, lì c’è l’esercito, è vicina a Nuòro dove possiamo mettere un altro distaccamento militare nelle vecchie caserme dell’artiglieria, il sito è strategico, dobbiamo militarizzarlo per forza. Però è una opportunità, ne converrai.»

Il presidente si vide nel bilico di un precipizio, il mondo che gli cadeva addosso. Mai avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile, i suoi consiglieri avevano sempre minimizzato, anzi escluso che quel deposito si dovesse realizzare in Sardegna, una scelta antieconomica dicevano. Come aveva fatto a fidarsi  di quel politico solo promesse ed accenti sbagliati?

Tossì, si riprese, e poi con tono duro: «Matteo, fino a prova contraria siamo ancora una regione autonoma, le competenze sull’ambiente sono nostre. Aspettati una opposizione in tutte le sedi, questo lo devi sapere fin d’ora» «Ma perderete» replicò sornione Renzi. «Questo si vedrà!»

«Perderete, perché ti vorrei ricordare che con la riforma è entrata in vigore la clausola della supremazia che invalida ogni altra decisione, perché è in ballo l’interesse nazionale e poi è cambiato il contesto costituzionale, ciò che valeva prima del 4 di dicembre oggi non ha più senso. L’è tutta un’altra roba.»

«No Matteo! Non posso accettare una simile imposizione, già sopportiamo un carico senza pari di servitù militari ed ora ce ne imponi un’altra che durerà secoli!» «Ma è una opportunità anche per voi, la devi vedere con questa ottica.» Rispose Renzi suadente

«In Sardegna scoppierà una rivolta, tu e il tuo partito non prenderete più un voto!» «Dappertutto in Italia sarebbe così, ma voi siete solo il 2,6% del corpo elettorale, non sarà una gran perdita, e poi quando arriveranno i dindi, perché come dicono da noi: “ Senza dindi ‘un se lallera”, vedrai che ti faranno un monumento. Voi sardi siete in stato di bisogno e come tutti sensibili ai finanziamenti.» «Ci sentiremo nelle sedi opportune.»

Francesco Pigliaru posò violentemente il telefono, chiamò i suoi collaboratori e raccontò di quel colloquio, concluse con: «Quando la notizia sarà pubblica, cercheremo di impugnare in tutte le sedi quel dictat, so anche che sarà molto difficile vincere, se non impossibile. Nel tempo vedremo come agire, cosa fare.» «Ho fatto bene a votare NO. Te l’avevo detto che questa riforma sarebbe stata per noi una fregatura» interloquì uno dello staff.

«Forse sarà così, a suo tempo però sembrava utile per l’Italia e la Sardegna.» Replicò il presidente sempre più angosciato.

È solo un raccontino fantapolitico di tardo autunno, ma anche una possibilità reale se domenica 4 dicembre dovesse vincere il SI. Per correttezza bisogna aggiungere che anche oggi con la costituzione vigente, è possibile che la Sardegna venga scelta come sede del DUdSN. Ora però è più facile agire contro una decisione simile e bloccarla.  Mi scuso con il presidente Francesco Pigliaru se nel testo ho dovuto citarlo con il suo nome e cognome, ma usare uno pseudonimo sarebbe stato inutile, sarebbe stato riconosciuto comunque.

Non credo che questa distopia indurrà chi ha già deciso per il si a votare NO, però mi rivolgo agli incerti, non stiamo votando pro o contro Matteo Renzi, ma per bloccare una riforma che potrebbe produrre condizioni molto spiacevoli per noi. Votare NO per i Sardi è l’unica scelta.

 

2 Comments

  1. Gavino Porcu

    La clausola di supremazia riguarda solo le regioni a statuto ordinario e non tocca minimamente la Sardegna. Perfino la Südtiroler Volkspartei vota Sì.

  2. Nicolò Migheli

    La Südtiroler Volkspartei dopo l’istituzione della provincia autonoma è sempre stata governativa salvo rare eccezioni. In questo modo e giocando sull’appoggio al governo i sudtirolesi sono riusciti ad ottenere molto per il territorio. Loro possono essere tranquillamente per il sì perché hanno uno statuto protetto da un trattato internazionale. Nessuno in Italia si sogna di rivedere gli accordi De Gasperi- Gruber, sarebbe come sconfessare una politica delle minoranze ammirata ovunque, oltre ad una crisi internazionale con l’Austria. Quindi la clausola di supremazia non si applica alle regioni autonome? Sarebbe come dichiarare che in Italia esistono degli altri stati in cui la volontà governativa andrebbe ricontrattata di volta in volta. Vorrei ricordare che la permanenza del titolo V per le regioni autonome è norma transitoria e che il titolo verrà sicuramente abolito con la riscrittura degli statuti. Nel racconto ipotizzo che questo non sia ancora avvenuto totalmente, però in una ipotesi simile, con il quadro costituzionale mutato profondamente, quella clausola sarà vigente de facto. Vorrei ricordarle che alcuni esponenti della maggioranza di governo, hanno dichiarato che non hanno potuto mettere mani sulle regioni autonome perché non avevano i numeri, ma con la riforma li avranno tutti. La ringrazio per l’attenzione e il commento.

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