Il vaso merita una visita al Museo [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 30/11/2016. La città in pillole. Capolavoro di astrazione concettuale, annuncia le Cagliari che verranno. Tra le definizioni di città, dalle irraggiungibili di Omero fino a ”La città è un’invenzione, anzi: è l’invenzione dell’uomo” di Renzo Piano, colpisce quella di Louis Wirth (1897/1952) che con Omero ha molto a che fare. Per il sociologo della Scuola di Chicago la città è  un’estesa porzione di terra dove vive un’eterogenea moltitudine.

Gli antichi le chiamarono rispettivamente polis/urbs, civitas. Erano consapevoli che fosse un altrove rispetto alla terra incognita oltre le mura. Un aratro tracciava la differenza dall’altro da sè che era anche il prima. La città non poteva esistere senza percepirne il rumore di fondo, antico quanto sacro, perché medium per gestire l’oggi e prospettare futuro. L’invenzione urbana non può infatti barattare il sostrato o peggio sbarazzarsene. Lo deve ricomprendere e mediare come fece con coloro che la popolarono.

Quanti luoghi come la Sardegna possono raccontare questo meraviglioso continuum? Molti siti dell’isola lo offrono alla nostra distrazione. Consente anche a  Cagliari di godere dei paesaggi che furono di cacciatori/raccoglitori prima e della rivoluzione agricola poi, fino all’invenzione urbana. Un vaso globulare dalla Grotta del Bagno Penale, fa sintesi tra i primi ed i secondi. Come altri precedenti, viene da un habitat rupestre, filo rosso della città.

Ha settemila anni. La sua sintassi decorativa a scacchiera, a campi lisci e puntinati alternati, e a semicerchi racconta la Weltanschauung di una comunità le cui dominanti, spaziali e tecniche, sono nella traiettoria simbolica e del sacro. Capolavoro di astrazione concettuale, annuncia le Cagliari che verranno. Merita più di una visita al Museo.

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