Sollevare questioni politiche sul Gal Terre Shardana e nel racconto di un giornale diventare altro [di Umberto Cocco]

Due giorni fa ho ritrovato il mio nome nel servizio non firmato (!) in cronaca di Oristano della Nuova Sardegna sulla richiesta di rinvio a giudizio di alcuni amministratori del Gal Terre Shardana. «Tutto prese il via – scrive l’anonimo o anonima articolista riferendosi evidentemente all’inchiesta della magistratura – dal rifiuto opposto dalla Regione al rimborso di alcune spese». «Inoltre ci furono – prosegue il servizio – le segnalazioni di tre dipendenti e  alcuni duri interventi in assemblea dei soci da parte dell’allora sindaco di Sedilo, Umberto Cocco».

Gettato in pasto dall’anonimo articolo di un cronista (o una cronista), che si copre le spalle ed espone me sulla base di sue congetture, non ho avuto facoltà di replicare nonostante una lettera al direttore del giornali in questione  e altri tentativi di raggiungere un responsabile della cronaca per chiedere spiegazioni e che magari il giornale ci tornasse sopra raccontando la verità o almeno un pochettino di contesto non giudiziario, per esempio politico e amministrativo.

Da sindaco del mio paese e membro dell’assemblea del Gal, qualche anno fa avevo – insieme alla gran parte dei sindaci, mai da solo – incalzato i responsabili di quell’organismo perché sbloccassero i molti milioni di euro per lo sviluppo locale di una vasta zona a nord di Oristano, dal Montiferru al Barigadu, che si stavano incagliando in una defatigante controversia con gli uffici regionali e l’autorità di gestione.

Si trattava di quasi 13 milioni di euro destinati alle imprese delle nostre comunità, e mi sembrava che si stessero perdendo nel massimo dell’insipienza e della superficialità degli amministratori, nella speranza (e fingendo) che non stesse accadendo niente mentre le autorità di controllo non perdevano occasione per  respingere le giustificazioni delle spese sostenute.

Mai ho mosso un’accusa di natura diversa da queste di tipo politico, perché ritenevo che una gestione che si era voluta affidare ai privati secondo lo statuto dei Gal, era stata di fatto lasciata a una rappresentanza delle organizzazioni professionali – dalla Confcommercio alla Legacoop, dalla Confcooperative alla Confesercenti, dalla Coldiretti alla Cia e alle associazioni degli artigiani di ogni orientamento – che non avevano dimostrato capacità, rigore, efficienza, e nessuna apertura al confronto con gli amministratori che lo chiedevano, e che in questa chiusura autoreferenziale stavano facendo correre il rischio della perdita delle ingenti somme destinate al territorio.

Poi questo esito si è effettivamente verificato, dal Gal Terre Shardana sono stati restituiti perché non spesi poco meno di 12 milioni di euro,  il Gal è fallito, e ora gli amministratori sono sottoposti a inchiesta della magistratura.

Interpellato nella fase finale di quell’esperienza da alcuni inquirenti, che mi chiesero se fossi a conoscenza di fatti che si potevano configurare come irregolari o illegittimi, ho sempre detto di no, che non me ne risultavano, se non quelli che venivano riferiti in assemblea dei sindaci soprattutto nelle occasioni in cui è stata presente una dirigente della Regione dalla quale i rilievi provenivano.

Ho sempre aggiunto, con chiunque mi chiedesse informazioni su quella battaglia, e l’ho detto anche pubblicamente davanti a loro, gli interessati, che non ritenevo né imbroglioni né corrotti (o corruttori) coloro che erano alla guida del Gal, che mi sembrava piuttosto che peccassero di superficialità, approssimazione, anche sciatteria, sottovalutazione dell’importanza del ruolo e delle risorse mobilitabili per il territorio, e che si sentissero confermati e sicuri e li confortasse in questo atteggiamento il particolare clima tipico delle gestioni unitarie, destra/sinistra, Forza Italia/Pd, trasversale, che sembrava si respirasse al vertice.

C’era di che fare “duri” interventi in assemblea, e per la verità non li ho fatti solo io ma molti sindaci, e anche quelli che hanno taciuto (salvo alcuni da contare con le dita di una mano nella schiera delle  molte decine di sindaci soci del Gal) hanno sempre concordato con chi ha parlato le posizioni da sostenere per cercare di salvare il Gal e le sue risorse.

La cronaca del giornale alcuni di questi interventi li ha riferiti, edulcorandoli, per dare immediatamente spazio alla replica degli amministratori del Gal in una apparente equidistanza fra le due posizioni. Ora mi tirano in ballo così, da solo, come uno che ha concorso a far aprire le indagini nei confronti

delle persone rinviate a giudizio, e senza dare il minimo di notizie di contesto, sulla battaglia dei sindaci, decine di sindaci, in quella stagione, per salvare il Gal, sui loro voti contrari, in massa, alle decisioni che la maggioranza dei privati prendeva di volta in volta per provare a svicolare dalle responsabilità (politiche) più che per salvare le risorse dello sviluppo locale.

Non ho paura delle conseguenze delle mie azioni, sono abituato ad assumermi le responsabilità, le mie, però. Il giornale ne suggerisce altre, mi sembra un fatto grave, e non mi resta che questo sito – per il quale ho scritto molti articoli sul Gal Terre Shardana – per provare a difendermi.

Poi c’è un elemento che dovrebbe indurre i colleghi dei giornali, magari chessò l’Ordine dei giornalisti, a riflettere non sul mio caso, che una piccola difesa la so organizzare: ma per esempio, se la cronaca giudiziaria è infilata fra pagine di propaganda politica, di cronachette del folclore locale, di edificanti servizi sui Giganti e la retorica della Sardegna la più bella del mondo, forse non può non risentire dello stile e dello scarso controllo che sono riservati a questa rappresentazione.

Invece le persone restano una materia delicata da trattare.

 

gal

 

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