Senza scadenza. Buon futuro, Nereide Rudas [di M.Tiziana Putzolu]

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Poi si alza in piedi, una mano appoggiata al tavolo, il busto leggermente proteso in avanti verso il pubblico. Piega a sé lo stelo del microfono. Ha già accolto tutti i relatori convenuti alzandosi ogni volta dalla sua poltrona al centro del grande tavolo.  Salutandoli con affetto, accompagnandoli cerimoniosamente e baciandoli. Uno ad uno. Inizia a parlare.

Seduta tra il pubblico ho cominciato con l’osservare i suoi gesti ed i modi prima delle parole. Che sarebbero venute dopo. L’immancabile (mi dicono) collana di perle. Le unghie smaltate di rosa. Voglio ascoltarla per imprimermi ogni dettaglio di quel momento. So di avere di fronte un’icona della storia culturale che quest’isola ha donato alla comunità scientifica internazionale.

Non prendo appunti perché non ce n’è bisogno. Quello che dirà so che mi rimarrà impresso in testa.

L’eloquio ha iniziato a scorrere caldo e fluente, dolce ed arcaico nello stesso tempo. L’impostazione è quella delle grandi occasioni. Accademica e sofisticata. Neppure una parola sprecata.  Inizia con un garbatissimo ‘preliminarmente vorrei ringraziare’. Prosegue leggendo le righe del foglio aperto nella sua mente scandendo bene concetti essenziali. Nessuna parola è al caso, come un tiro a segno che centra tutti i bersagli. Segue un preciso ordine logico del discorso.

Non è facile parlare di donne morte per mani omicide maschili. Non dev’essere stato facile scriverci un libro su quell’argomento. Donne morte senza riposo è il titolo dell’ultimo libro che Nereide Rudas ha scritto con Sabrina Perra e con Giuseppe Puggioni e che si sta presentando al pubblico in una sala gremita.

Mi concentro e torno ad ascoltare. Spiega il perché di quell’enigmatica espressione, senza riposo. Dovuta a due occhi orrendamente sbarrati che vide, accorsa come medico sul cadavere di una donna morta per mano maschile, inesorabilmente aperti sul nulla. Quegli occhi sbarrati, spiega, non le donavano pace e riposo neppure da morta. Entravano e sprofondavano. Fino in fondo. Al proprio fondo. Al suo fondo. E’ l’insight di cui parla Freud, spiega. Lo dice come se Freud l’avesse conosciuto.

Riprende l’ultimo episodio di muliericidio accaduto di recente in Sardegna. Una donna uccisa a bastonate ed alla quale il marito ha poi dato fuoco. La frase che l’omicida dice rivolto alla figlia, accorsa, ‘c’è tua madre là fuori che brucia’ viene risolta in significati che collega tra loro citando grandi maestri, Canetti e Gramsci, Massa e Potere, le Lettere.

Abituata ad andare all’epistemologia, sulle questioni, senza scorciatoie. Facendo cadere per terra come briciole rumorose inutili tomi di illustri sconosciuti che piegano i ripiani di librerie di molti cosiddetti studiosi.

Quello che si percepisce da ciò che dice Nereide Rudas è soprattutto il come lo dice. Come colpisce la sua scrittura. Il suo privato pubblico. L’utilizzo della prima persona, il darsi senza retorica, quel mettersi nella scena in tutti i racconti di Storie senza.

Nei quali mi sembra di vederla giovane, bella con un candido camice bianco leggermente aperto nei corridoi di un tetro ospedale psichiatrico femminile, dove tante donne senza avevano consumato la loro esistenza. Il continuo ricorso al racconto dei propri sogni. Fino a descriversi in un momento quasi regressivo con ‘una sera, esausta, mi raggrumai nel mio letto e feci un sogno’.

Sento che si avvia alla conclusione.  Dice che il tema del muliericidio è vasto, che lascia molti campi di ricerca ancora aperti. C’è molto da studiare per il futuro. Sta portando avanti dei progetti che porterà avanti in futuro. Ci sta lavorando. Rimarca, incalza, gioca forse con la parola stessa.

Rimango un po’ interdetta. Anche il pubblico. E’ una provocazione? Penso velocemente a tutti i ragionamenti fatti con una scadenza sopra, un’etichetta, una data entro la quale fare delle cose o non farle mai più. Tempo scaduto. Un conto alla rovescia che distrugge la prospettiva. Che blocca le gambe. Che ferma la parola. Inibisce i progetti. Il sistema pensionistico secondo le leggi (per chi ne potrà godere) che sottolineano un prima ed un dopo. Dove il dopo assume talvolta sapore di frontiera, disimpegno, svago, viaggi e vacanze per chi potrà permetterselo, assenza di obbiettivi.

Nereide Rudas ha novant’anni. Parla dei suoi progetti per il futuro senza nessun fraintendimento su quel limite non nominato. Lei, che in un suo racconto ha stroncato la sentenza dei latini Senectus ipsa est morbus con la citazione di Borges secondo il quale La vecchiaia (questo è il nome che altri le danno)/Può essere per noi il tempo più felice/La bestia è morta/Restano l’uomo e l’anima, ci sta consegnando un’altra grande lezione (una in più).

Buon futuro, Professoressa. Poche parole e quasi un testamento. Più terapeutiche di una seduta. L’apertura verso il futuro, in effetti,  è quello che alla fine ci manca per restare umani.

Post Scriptum. Il 25 novembre 2016, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, nell’Aula Magna della Corte D’Appello di Cagliari, Palazzo di Giustizia, è stato presentato al pubblico il volume Donne Morte Senza Riposo. Un’indagine sul muliericidio in Sardegna, AM&D Edizioni, frutto della ricerca condotta da Nereide Rudas, Sabrina Perra e Giuseppe Puggioni dell’Università di Cagliari.

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