“Noi”, la meglio gioventù [di Gabriele Angioi, Annalisa Becciu, Alessandra Dore, Eleonora Lai, Nicoletta Melis, Maurizio Muntone, Mauro Pinelli, Anna Vittoria Taras]

nuoro

Incontrarsi una sera per parlare delle proprie esperienze. Confrontarsi sui paesi visitati, le persone conosciute, i loro stili di vita, il loro atteggiamento, le loro stesse paure o manie. Realizzare che sommando tutte le nostre esperienze, noi tutti (foto), seduti adesso attorno allo stesso tavolo e con alle spalle la maestosa figura di Grazia Deledda, abbiamo compiuto il giro del mondo.

“Noi” siamo degli studenti dei Corsi di Laurea della sede di Nuoro, Università di Sassari. Tutti noi accomunati dalla stessa fortuna, quella di essere stati studenti Erasmus o Ulisse. Dagli Stati Uniti, passando per il Brasile, in Polonia così come in Spagna si racchiudono, in così poche persone, distanze percorse per oltre 40.000 km, quanto il giro della terra. E adesso ci troviamo qui, in un’uggiosa serata nuorese a confrontarci, scherzare, ridere e riflettere su quanto questa esperienza ci abbia donato.

Uno studente Erasmus, al suo rientro, non sarà mai più la stessa persona di prima. Ognuno di noi è stato cambiato, spesso profondamente e forse inconsapevolmente, da questa magnifica esperienza. Abbiamo incontrato nuove persone, ci siamo messi in gioco imparando, spesso faticosamente, a esprimerci con nuovi idiomi, abbiamo dovuto smussare gli angoli più acuminati dei nostri caratteri, adattandoci a situazioni che mai avremmo potuto pensare di affrontare e superato sfide che mai avremmo scommesso di vincere.

Abbiamo avuto rispetto per le culture ed i paesi che ci hanno ospitato, perché dal rispetto nasce l’accettazione ed il dialogo; e siamo stati accettati, senza mai sentirci ospiti, senza mai essere turisti ma piuttosto viaggiatori.

L’Erasmus, come lo chiamiamo “noi” quasi fosse una persona in carne e ossa, è un’esperienza formativa incredibile, è una botta di adrenalina che ti toglie il respiro, è la tua vita che corre a perdifiato, è un pugno allo stomaco che ti fa sobbalzare, è la tua alimentazione che cambia, è il tuo vicino di stanza che arriva dall’altra parte del mondo (e a volte non ti rivolge la parola mentre altre ti abbraccia, quasi foste amici di vecchia data), è la tua difficoltà nel fare la spesa durante i primi giorni quando biascichi qualcosa e la controparte ti guarda con disprezzo facendoti sentire colpevole del reato di “massacro della lingua”, è l’acqua pagata a peso d’oro, è la pizza con l’ananas (che se chiedi di sostituire con le french fries, vieni guardato con sospetto), sono i fine settimana che dedichi per scoprire (zaino in spalla e con persone provenienti da ogni dove) nuovi luoghi, è la gente che quando realizza che sei Italiano ti dice “Wow, wonderful” oppure “mafia”.

L’Erasmus è tutto questo e molto altro ancora. Ma l’Erasmus siamo soprattutto noi, la generazione degli smartphone, delle app, dei social network di quelli “sempre attaccati al cellulare“; o forse, semplicemente, non siamo solo questo. Siamo quei milioni di studenti che in questi anni hanno fatto le valigie per andare a studiare all’estero, siamo quelli a cui si dice di non avere speranza nel futuro e, nonostante tutto questo, nel futuro ci crediamo ancora se nella nostra incoscienza decidiamo di ritornare in questo paese per reinvestire qui le conoscenze apprese all’estero.

Siamo quelli che benché rientrati da poco, già facciamo programmi sulle prossime esperienze all’estero da realizzarsi durante la specialistica. Siamo quelli che partiti da una piccola realtà del centro Sardegna, non ci siamo mai sentiti inferiori a niente e nessuno e ci siamo fatti valere e apprezzare per la nostra preparazione.

“Noi”, siamo quelli che hanno pianto due volte; il giorno prima di partire dalla Sardegna, e quello prima di rientrare in Sardegna. E adesso che siamo qui attorno ad un tavolo con la scritta Nobel ’26 ad inneggiare sopra le nostre teste, ci sia concesso di dire che “noi” siamo anche quelli della meglio gioventù.

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