Renzi, il Qatar e la Sardegna [di Nicolò Migheli]

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Quel sasso ad ovest di Civitavecchia chiamato Sardegna ha un posto di rilievo negli interessi italiani. Vittorio Malagutti sull’Espresso di questa settimana racconta di un breve viaggio di Matteo Renzi il 19 gennaio in Qatar. Renzi in questo momento è solo un ex presidente del Consiglio, l’ex segretario del PD in attesa di riconferma; libero quindi di andare e venire dall’emirato arabico o dove gli pare e piace.

Però, se vogliamo, un suo viaggio anzi questo suo viaggio del quale nulla si sa, qualche interrogativo lo pone. Renzi è privato cittadino, ma ancora non lo è del tutto, visto che sul suo partito, sul gruppo parlamentare, sul governo, mantiene la sua influenza politica essendo un leader in attività.

Nell’articolo si raccontano i molteplici interessi reciproci tra Italia e la monarchia assoluta di Al-Thani. Il Qatar paese grande quanto l’Abruzzo, con una popolazione di 2,6 milioni di abitanti, di cui il 60% immigrati senza diritti, è una delle potenze finanziarie mondiali con un fondo di investimento che muove svariate decine di miliardi di euro. Uno dei paesi più ricchi del mondo. Renzi non fa altro che proseguire una politica italiana nei confronti del Qatar, cominciata con Berlusconi nel 2010, è di quell’anno la firma di un contratto di collaborazione con la difesa emiratina, proseguito con Monti, Letta e rafforzata con Matteo Renzi.

Il Qatar in Italia ha investito a piene mani. Ha acquistato alberghi di lusso, stabili importanti. L’Italia con quel paese ha fatto ottimi affari specie nel campo della difesa, togliendo agli amici-rivali francesi un mercato che tradizionalmente era loro. La marina emiratina ha firmato un contratto con Fincantieri e Leonardo-Finmeccanica per la produzione di 4 corvette, 2 pattugliatori, una nave appoggio, più le dotazioni di bordo, artiglierie, sensori, sistemi di combattimento, missili, per un valore di 5 miliardi di euro, compreso l’addestramento del personale.

La Marina Italiana e quella del Qatar nelle scorse settimane hanno firmato un accordo di collaborazione, i marinai arabi saranno ospitati nelle navi italiane. Fin dal 2010 le forze speciali italiane garantiscono l’addestramento della scorta dell’emiro, forse anche l’ultima linea di protezione del monarca. In tempi di ritorno a Westfalia, non ci si dovrebbe scandalizzare, la realpolitik fa premio su qualsiasi sensibilità rispetto ai diritti umani.

E’ così con il Qatar come con la Cina o altri paesi come la Turchia, che nonostante facciano strame delle opposizioni, e quindi infrequentabili per un paese democratico, sono utili nelle strategie geopolitiche e come sbocco di mercato. Da che mondo è mondo, politica estera e quella di penetrazione nei mercati coincidano. E chie istat male chi si acontzet, recita un nostro proverbio.

In questi accordi la Sardegna come bene da vendere gioca un ruolo importante. Il Qatar sta per acquistare il 49% di Meridiana, che vorrebbe rilanciare. Potenza degli affari, i qatarioti, sunniti, fautori dell’Islam intransigente dei Fratelli Musulmani, non hanno difficoltà a trattare con l’Aga Kan, capo spirituale degli ismaeliti, confessione religiosa ramo dello sciitismo, considerata dagli integralisti al pari degli apostati.

Non solo Meridiana, ma l’ospedale Mater Olbia, rilevato dal fallito San Raffaele, che dovrà diventare un centro sanitario di eccellenza mondiale. Ospedale imposto da Roma alla Sardegna, tanto che sono stati concessi 250 posti letto in deroga. Non sarà però un regalo, quella struttura peserà sul bilancio della sanità sarda per circa 50 milioni di euro all’anno. Questo mentre si chiudono gli ospedali di prossimità nelle aree interne, i centri nascita di La Maddalena e Sorgono; si limitano i tempi di ospedalizzazione nel resto dell’isola per mancanza di posti letto.

Altro aspetto le forniture di gas per l’isola. Fallito il gasdotto con l’Algeria, mai fatto il collegamento con la penisola italiana, la regione ha scelto di realizzare un impianto un rigassificatore per la produzione di gas liquefatto, nel porto canale di Cagliari. Un affare  milionario che potrebbe essere l’ulteriore tassello della qatarizzazione della Sardegna. L’emirato è il secondo produttore di gas al mondo, la loro società la RasGas Company Limited, aveva già dichiarato che stavano lavorando ad un progetto sul Mediterraneo che aveva nella Sardegna il punto centrale.

E poi la Costa Smeralda, rilevata da Tom Barrak, nei progetti dei fondi sovrani di Al-Thani una delle pedine importanti per diventare uno dei protagonisti mondiali del turismo di lusso. I qatarioti però sono impazienti, le regole del PPR Sardegna non permettono di realizzare allargamenti delle strutture che sono presenti in quel compendio turistico.

Quello che non è riuscito all’Aga Kan, a Tom Barrak, riuscirà ai nostri decisori poltici?

Nel DDL della Giunta regionale, all’art 31, si dà la possibilità di incrementi volumetrici del 25% nella ristrutturazione di stabili che insistano dentro i 300 metri dalla battigia e i 150 nelle isole minori. Articolo pro loro? Nessuno lo ammetterà mai, ma se non altro ci sia consentito il sospetto.

Il PPR già oggi permette la ristrutturazione degli stabili entro la fascia protetta, ma non certo l’allargamento. Il PPR è legge costituzionale, per cui è molto difficile che quell’articolo venga mai applicato. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato su Tuvixeddu, pubblicata integralmente in questa rivista, ha ribadito che nessun interesse privato può essere superiore ai beni culturali pubblici. Il contrario è anticostituzionale.

È triste constatare che l’eterno comportamento delle èlite dominanti in Sardegna, abbia una continuità plurisecolare: unico fattore di sviluppo l’allineamento agli interessi altrui e la svendita della Sardegna. Ancora una volta la sola carta da giocare è il destino personale? Unica possibilità per mantenere il potere, una volta feudale e oggi neofeudale.

Non possiamo immaginare che un presidente di Regione che nella vita è professore universitario non sia consapevole che il governo può impugnare quanto ha decretato o è certo che non accadrà? Ma sa anche che può ricorrere qualsiasi soggetto organizzato o espressione degli interessi diffusi.

Sic est, e non ci piace per nulla il DDL sulla legge urbanistica. Contiamo sulla massima assemblea sarda. L’esito e il cospicuo assenteismo nelle ultime tornate elettorali e il recente risultato del Referendum ci fanno sperare molto nei cittadini, nei comitati, nei sindaci sempre più sensibili alla sostenibilità, in ultima analisi, nelle comunità della Sardegna.

Ci fanno sperare gli esempi luminosi di Tuerredda, Gonnosfanadiga, Tuvixeddu, figli dell’opinione pubblica che esiste,  e, perchè no, anche  quei politici ed intellettuali che furono protagonisti di una stagione in cui il paesaggio della Sardegna era il  centro del mondo.

Auguri a noi tutti e soprattutto a nostra madre Sardegna che sì è nostra ma soprattutto di coloro che verranno dopo di noi. Ce l’hanno solo prestata e a loro renderemo tutti conto.

 

 

One Comment

  1. L’articolo di Nicolò Migheli fornisce un interessante quadro di lettura della situazione economica che caratterizza la nostra Sardegna e dei rapporti con il Quatar. Vorrei soltanto sollevare un piccolo dubbio fra i tanti che mi assalgono. La nostra capacità produttiva si esprime in modo eccellente rispetto ad alcuni settori, principalmente nell’agro-alimentare, e ad alcune categorie di prodotto. I sardi sono uomini di produzione e solo per certe produzioni. Abbiamo evidenti limiti nella capacità di commercializzare sia ciò che produciamo e sia le risorse che la natura ci rende disponibili con tanta generosità. Forse abbiamo anche l’avversione all’accumulazione (qualcuno sostiene che si spiega così il nostro consumo di animali in allattamento). Mi sorge il dubbio che immaginare sempre e comunque coloro che, percependo una sottoutilizzazione delle nostre risorse si propongono per fare legittimamente affari con noi, come dei colonizzatori non conduce lontano, mina i necessari sentimenti di fiducia degli investitori e dei sardi e in definitiva contribuisce a perpetuare il nostro isolamento culturale ed economico. D’altra parte considerare l’Isola come un lingotto d’oro vietandone però l’utilizzo come valore e come generatore di valore nel rispetto di coloro che verranno significa sic et simpliciter decidere per i nostri figli e nipoti una disponibilità di risorse e una vita esattamente uguale a quella che stiamo conducendo noi. Non possiamo fare finta che tutto ciò che di negativo è successo a partire dagli anni 50 sia da addebitare agli altri. Sono arrivati qui imprenditori che hanno avuto successo ed altri che non lo hanno avuto ma i veri responsabili dello stato dell’ambiente, che si tratti di incendi, di fanghi o di mattoni selvaggi, rimangono comunque i sardi, nell’interno e nelle coste.
    Qualcuno in anni recenti ha deciso un sistema vincolistico che vieta l’uso del lingotto per fini diversi dall’osservazione della natura, nobilissima attività che tuttavia, soprattutto in un isola, non riempie la tavola e non alimenta la cultura e l’istruzione dei suoi giovani e la loro successiva attività professionale.
    I risultati di queste scelte, una crisi economica che gli eventi del 2008 hanno solo aggravato, sono sotto gli occhi di tutti noi ma come al solito facciamo finta di non vedere e appena qualcuno si propone tutti a dire “ite est s’ideaaa?” facendo riapparire lo spettro di Joseph de Maistre.

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