25 marzo 2017: una giornata particolare [di Mauro Gargiulo]5

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Sabato 25, piove governo ladro! Mi alzo all’alba, da Sassari devo raggiungere il Campidano. I “comitatini”  organizzano una manifestazione contro i due progetti del termodinamico solare. “Non puoi mancare mi hanno detto”  e io tra questi compagni di lotta sono a casa, mi ci sento libero. La partecipazione è libertà. Solo con i miei pensieri, mentre il paesaggio mi accompagna. Mi fa star  bene il solitario scivolare tra  campi umidi  in tacito colloquio: il paesaggio è luogo dell’anima! Forse è per questo che lo si vuole cancellare.

Mi accoglie la dolce culla di Campu Giavesu: tra progetti di centrali e impianti realizzati di finte serre fotovoltaiche ha rischiato di sparire,  non fosse stato per i  Cossoinesi. E’ cominciato tutto qui, quattro anni fa,  a Cossoine! Una comunità di poche anime ha detto NO al termodinamico. Ero fuori del seggio nella sera ventosa  in cui si teneva il referendum consultivo. Evocazione epica di una democrazia partecipativa.

E i polites c’erano tutti: giovani balentes, uomini reduci dai campi, anziane donne.  “La posso aiutare” mi è venuto di dire ad una di esse che faticava a uscire dall’auto. “Io a lei non la conosco” e ha cercato un braccio noto che la sorreggesse. Poi l’emozione dello spoglio e il plebiscito per il NO. Il veleno sputato dalla multinazionale non si era fatto attendere. La Sardegna voltava ancora una volta le spalle al progresso e alla civiltà, attardata dai suoi miti, impantanata nel  suo arcaismo e giù una richiesta di risarcimento miliardario per i mancati guadagni per un quarto di secolo a venire.

Come se fosse un dovere svendere i  sogni, come se fosse un diritto riscuotere una presunta svendita! Ma avevano solo sondato il terreno, era il Campidano la vera preda, le terre tra Villasor e Guspini. Lì si stendeva una piana a loro dire in via di desertificazione, di nullo prezzo, abitata da pastori e agricoltori rozzi ed incolti,  che attendeva solo d’essere coperta da un mantello di specchi parabolici, da tubi percorsi da fluidi incandescenti, da serbatoi  alti dieci piani, da ciminiere,  torri metalliche ventilate, turbine, alternatori, evaporatori.

Questo inferno di tubi e cemento avrebbe mostrato a emiri e colonnelli arabi che l’Impresa italica non è solo una filiazione di Mattei, ma anche un parto di Rubbia. In Regione però le cose non prendono la piega prevista: non passa l’idea che la colata di  cemento e la spalmatura di vetro sui seicento ettari di suolo agricolo sia immune da  impatto ambientale. Allora si ricorre alla soccorrevole stampa servile: pastoie burocratiche, ostacoli al Fare, l’Italia da sbloccare!

Segue un gioco di prestigio sui numeri e i due impianti, quasi a sfregio denominati “Flumini Mannu” e “Gonnosfanadiga”, con la potenza fraudolentemente triplicata, passano per  competenza  a Roma: la meta agognata, il porto delle nebbie! E’ lì, al Ministero cosiddetto dell’Ambiente, che va in scena la farsa del procedimento di VIA: le decine di Osservazioni, le Relazioni avverse dei tecnici dei Beni Culturali, della Regione, dei Comuni, vengono ignorate. In poche e insulse pagine una Commissione priva di qualsiasi competenza specifica si pronuncia  per la sostenibilità ambientale.

Esulta l’Impresa, gioisce la multinazionale: l’ultima parola sull’impatto ambientale è finalmente  nelle mani del Consiglio di Ministri, esito di quella mala politica che si ostina a voler decidere del destino di uomini e territori! Una sentenza già scritta, se non fossimo oggi qui  unidos a urlare ancora NO, come a Cossoine, come a Quirra, come a Porto Torres, come a Ottana, come ad Arborea, come a Furtei, come alle Scorie Nucleari, come a Portovesme, No e sempre NO  allo scempio della Sardegna.

Giungo a Gonnos sotto la pioggia. Il tempo non aiuta ma arrivano in tanti alla spicciolata. Cerco un riparo e mi ritrovo accanto una signora anziana, i capelli raccolti nel fazzoletto, lo sguardo acuto. “Anche lei alla manifestazione “ le dico. “Non lo faccio per me, io sono vecchia, lo faccio per i giovani”. Le sfioro il braccio, come in cerca di sostegno. Vecchia! si può essere vecchi con questi pensieri nel cuore? La partecipazione è amore. Ci si raduna e siamo in molti.

Il terrore di un flop è scongiurato. Si percorre il paese. Mi ritrovo accanto una mamma con un bimbo di pochi mesi tra le braccia, che dorme. “Tu però ci sei” mi viene da pensare. Poi i discorsi dei tanti che sono presenti. Mi chiedono di chiudere gli interventi. Cosa dovrò dire, cosa potrò dire. Delle terre che si vogliono vigliaccamente sottrarre con gli espropri e dei soprusi patiti, dei suoli che si intendono sconvolgere per sempre, delle riserve idriche da sperperare in un paese afflitto da sete perenne, di quella piana non più pascolo di greggi, ma inferno di calore e specchi: ancora una volta “niente più come prima”!

Troppe parole per una manciata di secondi. Al microfono farfuglio frasi smozzicate. Bastava portarmi accanto la signora e il bambino: sarebbe stato lampante e tacito il concetto di sostenibilità ambientale. Chiudo con un appello a lottare per  “questa nostra terra”. Ma come sempre mi capita, il possessivo mi si smorza in gola. Anche quello è un esproprio sulle labbra  di un accudito.

Rientro di corsa a Sassari. C’è la manifestazione di protesta per il raid fascista di Casa Pound. Il corteo sfila per tutta  la città urlando slogan che mi riportano indietro di 40 anni. Ritornano fantasmi che pensavo dissolti. Dove ci sta portando questa mala politica? Dove ci vuole portare? Ancora e sempre nebbie! Ci sono momenti di tensione. Ho mia figlia tra gli organizzatori, che tenta di far scudo  tra i più bellicosi.

Uno scricciolo che non piega erba con il piede. Quante vite dovrò vivere per saper leggere la trama delle fibre di cui è tessuto il cuore di una donna sarda!

4 Comments

  1. Roberta

    Un grazie di cuore al nostro carissimo Ing. Gargiulo che da tanti anni ci supporta e condivide con noi la difesa del territorio dai molteplici attacchi di queste multinazionali dell’energie alternativa…. si alternative all’Agricoltura, al Paesaggio, al Buonsenso!

    Roberta

    PS. Lei ha conosciuto Sig. Maria, la mitica Sig.ra anziana con il fazzoletto, la prima che e’ arrivata, e che ha aspettato con pazienza l’inizio della manifestazione, una cara Amica della nistra Terra!

  2. luciano

    Mi viene il sospetto che i veri sardi siano i cosiddetti “accudiddi”, persone che hanno davvero capito la bellezza dell’isola e ne vogliono preservarne i paesaggi dalla fraudolenta modernità che finora ha fatto solo danni e obbrobri ambientali. Purtroppo ce ne accorgiamo sempre quando ormai e’ troppo tardi e cosa più grave le esperienze del passato scivolano senza lasciare traccia in chi ci governa ( con la nostra complicità per averli votati). Je suis Gargiulo

  3. Caro Mauro,
    dialogare sul filo della memoria intorno a “questi argomenti” con le persone con cui da anni si condivide l’impegno nella lotta e insieme rivolgersi a chi – come in quest’occasione – si sintonizza col nostro pensiero usando gli strumenti della cultura letteraria e filosofica, è sicuramente il mezzo per giungere direttamente all’anima dei nostri interlocutori.
    Parlare della terra da difendere e tutelare e interrogarsi sulla sua natura peculiare manifesta l’essenza dell’uomo.
    Sono parole con cui passa il messaggio dell’”esserci” a questo mondo, testimoniando un ideale non certo un’utopia.
    Ciò che noi chiediamo per la Sardegna e concretamente per i luoghi che hai citato, non è una vision rivolta a un generico futuro, piuttosto, in quest’era di grande complessità, è una richiesta legittima che riguarda le scelte del presente e che ipoteca anche il futuro.
    Perciò cerchiamo di interloquire con chi esercita il potere, cui suggeriamo quali valori intendiamo siano salvaguardati, ma è faticoso farci ascoltare.
    Questi valori li chiamiamo con un termine più proprio, ”il bene” o il “bene comune”, così come lo intendevano i filosofi antichi e sulla loro scia i contemporanei.
    Questa è la cultura di cui ci nutriamo e che dobbiamo rielaborare perché resti alla base del nostro mondo contemporaneo in cui, avvantaggiandoci della scienza e della tecnologia, non si commetta l’errore di perdere l’uomo e la sua “anima”, sradicandolo dalla propria terra, scardinandone le tradizioni, togliendogli la possibilità di scegliere come organizzare le sue attività produttive.
    Noi pretendiamo che i governanti agiscano nell’interesse generale, ben diverso dal sostenere gli interessi particolaristici.
    Nella molteplicità degli interessi umani, che rappresenta una realtà molto positiva – non tutte le azioni hanno primariamente un orientamento verso gli “appetiti” economici smodati, ma le azioni devono ispirarsi a una “giusta sovranità” e si devono esercitare al fine di perseguire il bene comune.
    Confermo quanto dici dell’attuale classe politica al governo ed io aggiungo, che naviga a vista e nel tentativo di galleggiare prendendo uno scoglio dopo l’altro, è afona, non è presente quando deve esserlo, fino a distinguersi per essere l’unica assente, non risponde quando è interrogata pubblicamente e le si dà l’opportunità di spiegarsi, si è chiusa in un aristocratico isolamento costruendo intorno a sé uno steccato che la separa dal popolo con cui non si confronta.
    Tu sei uno della Nostra Terra, perché come noi ci vivi, in essa hai scelto d’aver casa e famiglia, la difendi pubblicamente con coraggio e competenza, ma soprattutto perché per essa ti commuovi profondamente. La Sardegna è il Mediterraneo.
    Grazie Mauro!

  4. Maria Luisa Vargiu

    Articolo e commenti notevoli.
    Non è questa una politica nè assente nè politicante.
    E’ di più, per un cittadino normale è un quasi incubo.
    A parte la bella stagione, tutto peggiora.
    Ho seguito poco fa un documentario di RAI5 sul Vermont (USA).
    Che posti, che uomini, che rispetto dei luoghi !
    Ed ho capito di vivere in un “Mediterraneo” quasi paleolitico !

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