Domando al presidente Pigliaru se l’art. 43 del DDL sul governo del territorio sia il “testimone” passatogli da Cappellacci? [di Mauro Gargiulo]

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Grazie a SardegnaSoprattutto migliaia di Sardi hanno oggi un accesso facilitato al DDL Pigliaru – Erriu sul governo del territorio, che se mai venisse approvato dal Consiglio condizionerebbe la Sardegna per secoli! Ecco il senso della domanda al presidente Pigliaru.  Diretta e senza fronzoli. Interpella lui e  tutto il centro sinistra sardo ed italiano. La discontinuità con la giunta Cappellacci era il fondamento stesso della sua elezione.

Noi che in tanti stiamo difendendo la Sardegna dai “cacciatori di suolo” e “sviluppisti del cemento” confidiamo sull’opinione pubblica sempre più informata e sensibile sui temi dell’ambiente e del paesaggio; sui sindaci più giovani e più colti di chi li ha preceduti;  sui sindacati che crediamo abbiano superato il concetto del lavoro come rapina delle risorse pregiate; su comitati ed associazioni e su quanti diffusamente, senza l’appoggio dei media locali, stanno rigettando il Disegno di Legge approvato dalla giunta di centro sinistra il 16 marzo 2017.

Che passi un tale testo in Consiglio sembra improbabile con buona pace del presidente Pigliaru e della sua giunta che piuttosto che rilasciare interviste avrebbero dovuto attivare, prima della redazione di un testo tanto pericoloso, forme partecipative in coerenza con la Costituzione, il Codice dei beni culturali e del paesaggio; il Piano Paesaggistico Regionale, bibbia giuridica e culturale per tutti i livelli istituzionali.

Chiedo pertanto a chi legge di riguardarsi l’art. 43 del DDL che mi accingo ad analizzare nel profilo e nelle ricadute. Ognuno che abbia buon senso condividerà che resiste beffardo ad ogni assalto ermeneutico. Messo lì, in sequenza apparentemente incongrua, tra gli Atti di Pianificazione regionale inerenti il Piano Paesaggistico Regionale, ha il sentore di Norma intrusa.

Dopo avere navigato nelle  volumetrie e nel cemento elargiti a profusione, i “Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico” (denominazione dell’articolo) danno l’illusione di un celeste rifugio o refuso, a seconda dei punti di vista. Che fossimo anche noi, “ideologizzati ambientalisti”, “talebani della conservazione”, inconsapevoli destinatari di una regalia pacificatrice?

Chissà. Si ha pudore a rivelare di aver  fatto ricorso, per capirne il senso, persino all’indagine testuale, perché è palese una mano  diversa da quella che, nei precedenti articoli, con  matematica acribia ha spalmato il territorio di cubature e cemento. Si rimane infatti piacevolmente ammirati per l’inusuale espressione “struttura paesaggistica”,  riportata  ben tre volte. Ma solo qui. Che dire poi di “filiera produttiva”, “eredità naturale”, “precoce abbandono”, pure questi solo qui! Proseguendo nell’analisi dell’art. 43 è di evidenza che l’estensore fa la parte del provetto cultore dell’ecologia del paesaggio. Mostra tuttavia impaccio letterario nelle tematiche del profitto.

Il contesto di inquadramento nel titolo dell’articolo 43 sembra confermare l’intuizione. La dimensione programmatica investe però un ambito politico e territoriale così ampio da lasciar credere che all’orecchio dei maiores isolani sia giunta forse dalle sponde d’Arno. Non solo per ragioni linguistiche ma perché è il luogo in cui sono cresciuti i rottamatori di persone e di regole, specie quelle che tutelano il territorio ed il paesaggio. Forse vi si possono anche trovare robusti contributi bocconiani del genere “sviluppista”  che tanto piacciono agli attuali amministratori regionali di centro sinistra.

Al di là delle espressioni poetiche citate e delle torrenziali dichiarazioni, ad uso mediatico, dell’assessore Erriu sulla sostenibilità se ne leggono altre tra cui: “L’urbanistica cambia, si evolve, sta a passo con i tempi” (sic!) rivolte alle associazioni ed alla mia in particolare. La saggezza ed il buon senso dei cittadini hanno voluto che la Costituzione non “evolvesse” nella direzione agognata da Erriu grazie alla schiacciante maggioranza di italiani e soprattutto di sardi che il 4 dicembre 2016 l’hanno confermata, esprimendo un giudizio negativo su questa giunta,  credo proprio, per le politiche compromissorie sull’ambiente, sul paesaggio, sull’energia.

Nell’art. 43 si narra  in sintesi di progetti o programmi “ecosostenibili”, indirizzati alla collettività, promuovibili da Regione  o Comuni associati, “con l’eventuale partecipazione di soggetti privati”, ispirati alla sostenibilità ambientale, sociale, economica, energetica, turistica, da corredare con studi di ampio respiro. L’impatto di questi non meglio definiti Programmi o progetti è ipotizzato  a scala regionale, perché sono previste procedure di VAS e VIA, secondo legge, ed Accordi di pianificazione sottoscritti da Presidente della Regione, Comune e privati coinvolti.

Sulla base di queste premesse nell’art. 43 il legislatore mostra di  avere in mente un progetto ben definito, edulcorato dalle espressioni attinte dall’ecologia del paesaggio ed  inguainato negli enunciati della sostenibilità. Una geniale operazione di Green Whashing normativa. La domanda allora è:  ma chi si cela come beneficiario di questo astuto maquillage di matrice politica ovvero “cui prodest!” il DDL sul governo del territorio?

Scorrendo il Disegno di legge e la relativa rassegna stampa, non molta in verità e tutta occupata da Erriu senza mai contradditorio, ci si si persuade  che l’art. 43 mira a precostituire  in ambito normativo un iter burocratico-amministrativo in cui possano essere recepiti gli accordi strategici già stipulati tra Regione Sardegna e l’Emiro del Qatar e quant’altro magari anche Tuvixeddu et similia nonostante le tombali sentenze del Consiglio di Stato.

E’ noto che la strategia di penetrazione finanziaria  degli Arabi in Sardegna,  si sviluppa secondo  tre fondamentali direttici: turismo d’elites, sanità, metano. Questo  triplice indirizzo sembra emergere leggendo in filigrana i molteplici commi di cui è composto l’art. 43. Se lo si inquadra in questa prospettiva, rimuovendo la cortina del suggestivo quanto fuorviante linguaggio,  assumono un senso definito i riferimenti espliciti  alla necessità  per i programmi di dispiegare una “ricaduta sistemica”  non limitata a singoli interventi edilizi, gli ipotizzati contestuali accenni a  interventi  nel turismo, l’indefinito richiamo ad un’”industria” legata alla valorizzazione delle filiere  produttive,  la mantrica evocazione dell’interesse sociale ed economico.

L’ipotesi assume una dimensione realistica  quando si va ai pregressi riferibili a Monti e a Cappellacci,  reiterati  nel triennio renziano e cari al presidente Pigliaru, che non ha mai fatto mistero della sua predilezione per un auspicato futuro “metanifero” della Sardegna. Tale da trasformare la Sardegna in una piattaforma energetica per la ricerca, il consumo e la distribuzione del gas locale e da importazione. La plastica conferma  si può avere nel Piano energetico fin dalle linee di indirizzo. Eleggono il metano a principale fonte energetica del prossimo futuro!

Risulta allora pleonastico che la “partecipazione di soggetti privati” ai programmi non è da intendersi né al plurale, né come eventualità. Non è questa la sede per entrare nel merito degli Accordi politici transnazionali, interessa però qui denunciare il fondato sospetto che l’art.43 possa essere stato concepito non come astratta norma, ma  formulato in modo tale da poter essere usato in un prossimo futuro come grimaldello  per iniziative imprenditoriali sottaciute e con finalità speculative.

Perché se fosse vero un tale postulato allora assumerebbe valenza inquietante l’ambigua e  sibillina formulazione del comma 5d dell’art. 43, nel quale si ipotizza la possibilità di una “proposta di adeguamento, integrazione e specificazione della disciplina paesaggistica del Piano paesaggistico regionale relativamente ad aree di cui all’art.38, comma 3, lettera j e agli ambiti di cui all’art.38, comma 3 lettera k” ovvero di quelle aree che:  comma 3 j: aree che  “per il valore delle risorse naturali e dei beni paesaggistiche culturali in esse ricomprese impongono una tutela integrale e il divieto di qualunque trasformazione”; comma 3 k: ambiti di paesaggi che “per i quali in ragione dei valori paesaggistico-ambientali presenti sono dettate specifiche normative per garantire l’uso la tutela e la valorizzazione e sono individuati adeguati obbiettivi di qualità”.

Non dissimili perplessità  suscita il comma 12 della stessa norma secondo il quale l’Accordo di programma potrebbe portare all’aggiornamento del Piano Paesaggistico Regionale anche in anticipazione dell’art.41. Se è pur vero che uno scudo potrebbe essere offerto dal rispetto della procedura prevista dall’art.39 (assurdo varare una norma che derogasse la stessa norma).

Risulta evidente dall’art. 43, come in altri passaggi del DDL sul governo del territorio, che  l’ostacolo da rimuovere è e rimane il Piano Paesaggistico Regionale con la conseguente necessità di dover approntare strumenti normativi che in qualche modo lo aggirino o ne affievoliscano l’efficacia. Rammento al presidente della Regione che fu varato nel 2006 dalla giunta Soru, di cui faceva parte come assessore.

La strategia appare ancora più incisiva nel caso di una procedura che prendendo in considerazione in toto il programma cosiddetto “ecosostenibile e di grande interesse sociale ed economico”, comprensivo di tutti i progetti di intervento previsti sul territorio, consenta in un solo passaggio  di affrontare procedure complesse depotenziando il momento di confronto con gli stakholders, attraverso lo spostamento in sede politica dell’iniziativa programmatica.

Sembrano dunque trovare conferma i sospetti sollevati in precedenti interventi proposti in queste pagine da tecnici e da studiosi. Al  coagulo d’interessi che fanno capo alla Triplice Alleanza Lobbistica, costituita da Confindustria, Ordini, Muratori, si aggiunge il quarto convitato di pietra, ovvero  la componente Qatariota, che fino ad ora sembrava non aver partecipato alla spartizione. Un disegno politico-economico in perfetta continuità con quello della giunta Cappellacci, da poter dire senza tema di smentita che ne raccoglie il testimone.

C’è qualche differenza? Sì, sottilissima. Alla sfrontatezza esplicita della destra, che cercava sponda nel luogo comune identitario (ricordate? lo chiamavano Piano Paesaggistico dei Sardi), si oppone la perfidia della sinistra, che sotto la pelle d‘agnello della promozione socio-economica maschera identici e famelici appetiti cemetificatori.

Ripropongo il dubbio iniziale. Ma un DDL di tal fatta quante possibilità  ha di passare in Consiglio? Crediamo pochissime. Non basta qualche ritocco di facciata. Gli equilibri interni al PD sardo sono oggi assai precari. Lo sono ancor di più quelli di un’improbabile maggioranza che il finto rimpasto ha ulteriormente indebolito.  A chi conviene firmare tale assalto e svendita dei goielli di famiglia?

Al nostro “cui bono?” la risposta è la stessa: non solo a chi viene di là dal mare ma a classi dirigenti sarde, ormai in declino ma che da 60 anni barattano un territorio che non è nella loro disponibilità.

Oggi, al di là di isterici anatemi  o  vacue rassicurazioni, restiamo dell’avviso che  il nostro compito sia quello di essere le sentinelle dei decisori e dei nostri territori.  Per questo nel caso del DDL stiamo cercando di liberare da occulte opacità l’esoterica formulazione di certe sue norme.

A nulla valgono dunque le risposte stizzite di assessori davvero imbarazzanti che spesso vengono smentiti dallo stesso presidente della giunta di cui fanno parte. Preferiamo rammentargli la lezione di un loro lontano sodale, il quale ammoniva che “a pensà male ci s’azzecca quasi sempe!”. Nel caso del DDL sul governo del territorio bisogna togliere il “quasi”!

*Referente Energia – Italia Nostra

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