Caro presidente Pigliaru, anche io ti ho votato perché non “riscaldassi i motori delle betoniere”! [di Giovanni Mossa]

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A leggere l’attività deliberativa della giunta regionale nel mese di marzo, c’è da chiedersi se  il presidente Pigliaru, con l’arrivo della primavera, abbia pensato che era tempo di “riscaldare i motori delle betoniere“.

L’espressione, attribuita a Cappellacci, non porta bene. Non porta bene neanche alla Sardegna perché  piano casa e progetti “ecosostenibili” hanno riversato, nel mentre, sull’isola cemento senza che occupazione e PIL si modificassero. Le rinnovabili sono state talvolta persino attrattori di malavita, e di ciò si sta occupando la magistratura.

A distanza di tre anni, è di evidenza che Pigliaru, vincitore su Cappellacci di misura in un oceano di astensioni, si è mosso in continuità. Con lui, anche un’esausta maggioranza che, ininfluente per azioni politico-amministrative e rappresentatività, fa da quinta scenica. Ad oggi, dalla maggioranza non si è infatti registrata alcuna presa di distanza dalle politiche su paesaggio, ambiente, urbanistica, vera polpa e snodo di questa legislatura. Delle ultime in verità. Dopo il fallimento della chimica di base che ha avvelenato territori e persone, è stato il cemento l’altro aggregatore di poteri personali, di correnti, di partiti.

La parentesi di Renato Soru col suo PPR non ha eradicato quella che in questo sito è stata chiamata “costante cementificatrice”. Sulla legge urbanistica sono caduti Soru e un centro sinistra che era o voleva essere altro dal centro destra.  Il tracollo dei partiti di centro sinistra, a cui lo stesso Soru indubbiamente ha contribuito, ha eliminato contemporaneamente quell’attività di analisi e di sintesi che anche nelle fasi del più cinico consociativismo consentiva, ogni tanto, di andare oltre l’interesse particolaristico.

L’assenza di un’azione politica organizzata – attribuita dalla Costituzione a partiti e sindacati -, ha reso protagonisti, senza alcun bilanciamento, gruppi d’interesse che fanno massa critica nelle scadenze elettorali o intorno ad accordi spesso eterodiretti.  Un puro tribalismo che ha lasciato indietro migliaia di persone, soprattuutto giovani, ed ha reso la Sardegna sempre più povera, come dicono le statistiche.

Le dinamiche su rinnovabili/energia/gas o ancora l’arcipelago di interessi del Qatar in Italia e in Sardegna, come ha scritto l’Espresso, sono un punto di osservazione per interrogarsi quanto le azioni della giunta nel governo del territorio sardo ne siano un effetto. Va da se che le maggioranze diventano intercambiabili e l’attuale non poteva essere differente dalla precedente.

Ma, si dirà, Pigliaru ha vinto promettendo  che nessun condizionamento lo avrebbe distolto dalla difesa del  paesaggio e dell’ambiente. E’ vero. E’ altrettanto vero che ci hanno creduto in tanti  e non poteva che essere così poiché il Piano Paesaggistico Regionale, approvato nel 2006 dalla giunta Soru, lo vedeva in giunta.

Chissà se le distanze tra i due siano iniziate in quel momento ed abbiano il paesaggio come protagonista. Oggi, visto il silenzio di Soru sul tentativo di uccidere la sua creatura con le Delibere del 16 e del 28 marzo, forse condividono l’aberrante interpretazione degli artt.19 e 43 del Piano Paesaggistico Regionale, contenuta nelle Delibere di marzo.

Certo è che Pigliaru e la sua giunta, nel tentativo di eliminare dalla scena sarda il Piano Paesaggistico Regionale, non avranno migliore fortuna di Cappellacci. Non basta confidare nel governo amico che non ricorrerà! Non è così scontato che non ricorra. Non basta andare per tabulas visto il rango costituzionale del PPR che non può essere manomesso con semplici atti deliberativi e meno ancora con delibere interpretative!

C’ è una ragione più profonda che lo impedirà. Al di là dei tanti ascari che in Sardegna crescono come i funghi, ci sono profonde ragioni politico-identitarie.  Il sentimento dei sardi verso l’ambiente e il paesaggio ha creato nei decenni un’opinione pubblica più vigile e più colta. Il governo dei territori vede nelle amministrazioni nuove generazioni di uomini e di donne che sono riusciti, in qualche caso, a fermare i Golia dell’energia.

Arborea o la manifestazione del 25 marzo a Gonnosfanadiga ne sono una plastica conferma. Sono d’accordo con chi ha sostenuto in questo blog che gli esiti del Referendum in Sardegna sono derivati dalla sfiducia della comunità regionale nella giunta attuale oltre che in Renzi ma soprattutto dal rifiuto delle politiche nella gestione del territorio. Derivano dal terrore e dalla reale minaccia di vedere  la Sardegna trasformarsi nel  luogo più cementificato e con la più alta concentrazione di discariche d’Europa, dopo essere stata, nell’immaginario collettivo,  la più ambientale e la più desiderata.

Nella Delibera 16/24  del 28 marzo 2017 il tentativo di deregulation nelle aree industriali a bocca di porto fa  intravvedere pericoli pendenti.

Cosa deve fare il popolo sardo dopo la vittoria del NO al Referendum col 72% e con un PPR a prova di decine di ricorsi al TAR  e al Consiglio di Stato?

Nella frenetica azione deliberativa del marzo scorso si legge la pervicace volontà della giunta Pigliaru a fregarsene del Referendum e del PPR per essere compiacenti a progetti che poco hanno a che fare col bene comune dei Sardi. Facciamo passa parola con chiunque incontriamo come per il Referendum. Ha funzionato. Funzionerà certamente ancora.

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