La città della miniera [di Paola Somma]

Kiruna

Eddyburg 4 giugno 2017. Qualche giorno fa, sono cominciati i lavori per lo smantellamento di Kiruna, la città più settentrionale della Svezia, sorta nel 1902 contemporaneamente ad una miniera di magnetite di ferro.

Nel corso di un secolo l’attività estrattiva, controllata dalla società LKAB di proprietà statale, ha continuato ad espandersi ed il sito, che produce settanta cinque mila tonnellate di minerale al giorno, è ormai la più grande miniera di ferro del mondo. Fino al 1960 lo scavo avveniva a cielo aperto; poi si è cominciato a lavorare sotto terra, con il risultato che più l’estrazione scende, più si allarga il raggio delle fessurazioni e dei cedimenti del terreno. Ora, ogni notte, cariche di dinamite vengono fatte esplodere ad oltre milletrecento metri di profondità.

Nel 2004, quando la linea di frattura, che si allunga con un’inclinazione di circa sessanta gradi rispetto al pozzo principale, si è venuta a trovare quasi sotto l’abitato, la società LKAB ha posto i circa ventitre mila abitanti di fronte all’alternativa fra chiudere la miniera, nella quale la maggior parte di loro lavora, o demolire le case e “spostare” la città. Il negoziato si è concluso con la decisione di salvare “il centro”, smontando e rimontando a due chilometri di distanza una decina di edifici storici, e distruggendo il resto.

Il concorso per il masterplan del nuovo insediamento è stato vinto dallo studio White arkitekter di Stoccolma che si propone di “abbellire la natura spettacolare del luogo… e creare luoghi di incontro, caffè e spazi per attività culturali”. Secondo i progettisti, la sfida, che considerano vinta, è se sia possibile “spostare una città e costruirne una nuova preservando l’identità culturale del luogo e degli abitanti”.

A questo scopo hanno individuato varie misure, tra le quali l’apertura di un grande negozio del “fai da te”, chiamato Kiruna Portal, nel quale si potranno comprare rottami e rovine della città vecchia da riciclare e riusare, e la istituzione della Biennale di Kiruna per esibire la “visione” della nuova città e ospitare eventi utili a condividerne la storia e attrarre turisti.

In realtà, il nuovo insediamento, dove predominano alti condomini residenziali, è molto diverso dall’attuale, che consiste per lo più in una rete di basse cassette con giardino. Ma, a giudizio di White, questo offre a Kiruna la “straordinaria opportunità” di trasformarsi in una città più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, perché un insediamento più compatto e più efficiente dal punto di vista energetico consentirà l’insediamento di una comunità più “diversa”.

Inoltre progettisti ed autorità condividono l’ambizione di diventare un modello per tutte le città “vulnerabili”. “Il mondo ci guarda”, dicono e si auto propongono come l’esempio di ”ricollocamento più democratico della storia” alle molte città che a causa dell’innalzamento del livello del mare dovranno presto far traslocare i loro abitanti. Man mano che i lavori procedono, però, cominciano ad emergere giustificate preoccupazioni fra gli abitanti. LKAB, infatti, si è impegnata a comprare le loro case al valore attuale aumentato del 25%, ma non è affatto certo che i risarcimenti saranno sufficienti per pagare le nuove abitazioni. Inoltre una parte della popolazione non proprietaria “è abituata a salari alti e affitti bassi”.

Ma questo dovrà cambiare” ammettono le autorità. Anche alcuni ambientalisti lamentano la prepotenza di LKAB, che da anni scarica metalli pesanti e mercurio, con il risultato che il lago vicino a Kiruna è il più inquinato di Svezia. Nel complesso, però, nessuna opposizione si manifesta in forma organizzata, perché di fatto una parte degli enormi profitti di LKAB serve a finanziare spese sociali e servizi di tutta la regione. E cosi, sia fatta la volontà del capitalismo di stato “buono”.

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