Che la soluzione sia abbattere il capolavoro di Ubaldo Badas al Poetto? [di Carlo Arthemalle]

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Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha dichiarato decaduta la concessione che assegnava  alla società Prosperius il manufatto posto tra il litorale di Cagliari e di Quartu Sant’Elena. Secondo la concessione la società che nel 2009 si aggiudicò la gara,  doveva trasformarlo in una struttura sanitaria di recupero. Dopo la sentenza, “si ricomincia da capo”.

Cosa vuol dire? Forse che si dovrà  aspettare  decenni prima che una squadra di operai recuperi un capolavoro dell’architettura del Novecento, ormai un rudere, che deturpa una della più belle spiagge del Mediterraneo?

Quel capolavoro infatti è un monumento all’incontrario, testimonianza dell’incapacità  a risolvere problemi e ad assumersi responsabilità. Sul manufatto, progettato da Ubaldo Badas durante il fascismo e destinato ad accogliere  la Colonia Dux, si sono misurati assessori e funzionari della RAS, della Provincia e dei comuni di Cagliari e di Quartu,  funzionari  del MIBACT, Capitaneria, Demanio, imprenditori, ambientalisti ed opinionisti preoccupati del destino del nostro patrimonio culturale, materiale e immateriale.

Forse si deve alle troppe competenze concorrenti se, col tempo, hanno prevalso i dissidi sulla titolarità dell’edificio, sulla sua riqualificazione e destinazione; se sono emerse, ad esempio, l’assenza dei titoli necessari ad esercitare l’attività sanitaria da parte della società che si era aggiudicata il bando.

Cosa ci vorrebbe per uscire dallo stallo?  Propongo un assoluto paradosso: Comune, Regione, singolarmente o assieme, appellandosi al pericolo di crolli, alle emergenze sanitarie o di ordine pubblico, incarichino una società specializzata nelle demolizioni e nella rimozione delle macerie per restituire ai cagliaritani e ai sardi la spiaggia.

Le istituzioni in questione – per proseguire nel paradosso – potrebbero impegnarsi a ricostruire la Colonia Dux, riproducendo alla lettera il progetto di Ubaldo Badas, magari cento metri oltre il bagnasciuga. Naturalmente dopo aver assolto ai passaggi necessari per adeguare la rinnovata struttura ai parametri di PUC, PUL, PPR! Qualcuno potrebbe definire l’operazione più razionale  e meno costosa della ristrutturazione dell’edificio.

Uscendo dal paradosso la verità è che la situazione attuale è insopportabile. E’ tempo di iniziare e portare a termine il recupero di un manufatto sempre più pericolante. Per fare ciò occorrerebbero  amministratori più competenti e dotati di buon senso, di fantasia e forse di un poco di palle.

Viene in mente un sindaco di qualche decennio fa, uno originale che, per trovare i soldi necessari a collegare viale Colombo al Poetto, non esitò ad enfatizzare alcuni casi di colera che consentirono alla città di usufruire dei finanziamenti stanziati per quella emergenza.

Ecco, se trovassimo un personaggio dotato del coraggio necessario per recuperare l’ex Colonia Dux, potremmo decidere di dedicargli un monumento, proprio dinanzi al restaurato edificio di Ubaldo Badas, magari duecento metri oltre il bagnasciuga!

2 Comments

  1. Antonello Farris

    La cosa più sensata è che si proceda al recupero della struttura (anche per onorare il grande Ubaldo Badas che là progettò un opera capolavoro, dopo aver progettato molti altri pregevoli edifici di Cagliari). Fatto ciò si potrebbe utilizzare la struttura per creare un Museo del Mare magari corredato, in una sua parte, da laboratori di ricerca e osservazione di problematiche interessanti il mare Mediterraneo. Ricostruirlo a duecento metri da dove si trova creerebbe una mera copia che come tale avrebbe un sapore di manufatto artificiale (possiamo anche trovare un mazzo di fiori finti che formalmente è più bello di uno di fiori veri ma, paradossalmente!, percepiamo che è quello vero a piacerci di più!).

  2. Ignazio Locci

    Perché nascondersi dietro l’artificio del paradosso? Perché non dire con chiarezza che, se amassimo veramente la nostra città, dovremmo prendere al volo l’occasione offertaci dal Consiglio di Stato e inviare le ruspe al Poetto per liberare l’arenile dal rudere che lo sfregia? Perché non accettare l’dea che è finalmente possibile riparare alla cavolata, fatta ottant’anni fa, di mettere in piedi tutti quei metri cubi a “oru ‘e mari”?
    Parliamoci chiaro: il Poetto è un bene di gran lunga più importante del capolavoro di Badas, e non dobbiamo perdere l’occasione che ci viene offerta per intervenire a sua tutela.
    L’opera di Ubaldo Badas deve, naturalmente, essere salvaguardata e la proposta avanzata nell’articolo mi pare l’unica in grado di garantirne il recupero entro questo secolo.
    Certo, per rimettere in piedi il capolavoro bisogna superare alcuni problemi e, tra questi, “l’orientamento” di quanti interpretano le regole del recupero edilizio come una specie di Talmud. Se avessero ragionato come loro in Germania non avrebbero ricostruito Dresda e i patrimoni che erano stati buttati giù dalle bombe e, forse, neanche a Venezia avrebbero rimesso in piedi il campanile di San Marco.

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