Ma c’è qualcuno che ancora crede allo slogan “Più volume = Più turisti?” [di Sandro Roggio]

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Molti si interrogano sul modello di accoglienza turistica più conveniente per la Sardegna. Stringi stringi è la questione al centro del dibattito sul DdiL del governo regionale in materia urbanistica. Alle mie deduzioni sono arrivato  passando per varie tappe,  due essenziali che richiamo per spiegare  l’evoluzione dei  punti di vista sul tema.

La prima tappa: da consigliere comunale di Sorso (debutto a 25 anni). Irresistibile l’appello di Enrico Berlinguer, il partito preso senza dubbi (quando ero ancora incerto se amare più  i Beatles o i Rolling Stones). La voglia di mettere  i piedi in terra, in testa suggestive lezioni di pianificazione territoriale  e l’impegno della sinistra sull’urbanistica in città del centro Italia.

L’ attività di amministratore prolungata (un’ infatuazione Sturm und Drang) mi ha consentito di  seguire da vicino il corso del dibattito di quegli anni. E di convincermi: nel territorio costiero meglio non costruire nulla tranne i servizi connessi alla balneazione. Per  conservare i paesaggi costieri, ma pure per la sconvenienza delle comunità insediate più o meno vicino al mare. Impedire l’ospitalità  sparsa  nella linea di costa a vantaggio di chi abita a 3 km.

Ragionevole utilizzare le urbanizzazioni di un paese, i servizi e pure le dignitose case disabitate. I turisti mischiati ai residenti. Possibile con qualche accorgimento. Senza complessi d’inferiorità perché i villaggi turistici offrono meno opportunità ai vacanzieri sempre più interessati a conoscere  la Sardegna  che esiste pure d’inverno.

Difficile da proporre:  l’offerta  ricettiva in un centro di origini contadine in alternativa alle proposte glamour di Club Med o Valtur, ma pure alle  sciatte iniziative immobiliari sulla spiaggia. Scontati gli insuccessi come documentano i  suburbi di Platamona (non saranno molti a difenderli). E dai dai  la lezione di quegli errori è rimasta nello sfondo, e oggi la costa di Sorso è integra per circa il 70%. Tutt’altro che scontato. La  politica isolana schierata al tempo per fare case ovunque e una legislazione lasca.

Qualche sussulto grazie a Luigi Cogodi in un Pci- Pds sviluppista poco propenso a dargli retta. Così le scorrerie non avrebbero avuto veri ostacoli fino all’imprevisto  Ppr 2006 (due anni dopo, le dimissioni di Soru, mai spiegate, raccontano l’ostilità a quella scelta di un pezzo del PD sardo con ciò che consegue).

La seconda tappa  in questa  temperie: l’impegno nella redazione del  PUC di  Orosei, antico centro  a un paio di km dal mare; paesaggio articolato,  montagna- campagna-mare e il Cedrino, confine pacificatore  tra la terra dei pastori e quella dei contadini. Molta natura superstite, l’incanto di Biderrosa superstar, e le  ferite come altrove.

La maggioranza al governo d’accordo con  l’orizzonte indicato dal PPR, la  minoranza  non del tutto  ostile a quella visione. Una trentina di affollati confronti dopo il 2008, il piano adottato dal Consiglio nel 2010. Una sollecitudine che certifica una sostanziale adesione della popolazione al progetto.

Anche in questo caso è servita la percezione del pericolo e quindi l’accoglimento dell’idea di fondo nel PPR: impedire le trasformazioni nei litorali e  facilitare l’accoglienza nelle aree urbane. Un altro modello di sviluppo. Condiviso da tanti comuni  con sbocco a mare: vicini al mare come Sorso e Orosei,  o anche lontani  come Villanova Monteleone.

È sempre più vasto il consenso delle comunità locali al disegno di tutela, in crescita la diffidenza verso le  promesse  di occupazione,  più volume = più turisti: non ci crede nessuno. La sfida  quell’altra:  estendere gli effetti del turismo nello spazio (oltre le coste) e nel tempo ( non solo in agosto), come ripetono con molta passione alcuni sindaci non di mare (come Daniela Falconi di Fonni e Angelo Sini di Pattada).

Appunto per concorrere a frenare lo spopolamento, più intenso in aree distanti dalle rive. Tutti d’ accordo per impedire lo squilibrio territoriale, pure il governo regionale che parla bene ma non è conseguente com’è  evidente in alcuni articoli del Ddl  Erriu.

C’è speranza di invertire la tendenza solo se si andrà senza indugi oltre su connottu: il programma predatorio,  dissipatore e inopportuno che conosciamo da secoli. E poi la Sardegna, si sa,  non è in crisi perché scarseggiano residenze stagionali e alberghi. E comunque occorre cautela con l’edilizia nei litorali. C’è il rischio che si riduca l’attrazione dell’isola, come ammoniva il prof. Francesco Pigliaru nei suoi libri:  “ogni investimento effettuato per aumentare il grado di sfruttamento turistico della risorsa (strutture ricettive, per esempio), ne determina un “consumo” irreversibile”.

Meglio non azzardare, dico io! Lo so che è un artificio retorico e scontato (e l’ho già usato) ma non posso resistere: il presidente Pigliaru deve chiedere lumi al prof. Pigliaru.

* Una versione ridotta è stata pubblicato su La Nuova Sardegna 19/09/2017

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