Lettera alla madre del 29 febbraio 1932 [di Antonio Gramsci]

ciclamini

Carissima mamma, in una lettera dell’11 Teresina mi annunziava una lettera di Grazietta e forse anche una di Mea, ma non ho ricevuto nulla. Penso che anche in Sardegna il cattivo tempo deve avere imperversato, togliendo la volontà di scrivere. Qui ha nevicato molto, piú che nel ’28-’29 che sembrava già eccezionale.

Ringrazia Teresina delle notizie che mi ha mandato. Vorrei sentire davvero le lunghe chiacchierate di zia Delogu e immagino che debba essere inesauribile nelle sue storielle di gioventú. Ha ancora continuato nella sua selezione di pomidori giganteschi e senza semi; chissà quanto le sarà costato dover abbandonare le sue fatiche di Urumare!

Dirai anche a Teresina che ringrazio lei e i suoi bambini per l’intenzione che hanno avuto di inviarmi le violette di Chenale e i bulbi di ciclamino selvatico, ma non posso ricevere i loro doni; ciò andrebbe contro il regolamento che vuole sia mantenuto il carattere afflittivo della pena carceraria. Dunque bisogna che sia afflittivo e perciò niente violette e niente ciclamini, nessun diavoletto della natura deve stuzzicarmi le nari con effluvi e gli occhi con i colori dei fiori.

Ti abbraccio teneramente con tutti. Saluta zia Delogu quando viene a trovarti.

Antonio

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