Giustizia e affari online. La questione della Net Neutrality [di Cristian Martini Grimaldi]

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L’Osservatore romano 29 novembre 2017. Si è parlato molto recentemente di Net Neutrality ovvero la “neutralità della rete”. Si è scritto che in generale le aziende che forniscono accesso ad Internet (società via cavo come Comcast, aziende di telefonia cellulare come at&t) sono contrarie alla Neutralità della rete, mentre le aziende che “fanno business” su Internet sono invece favorevoli (Amazon, Google, Skype, ecc.). Ma in termini concreti che significa tutto ciò?

Net Neutrality non è altro che il nome moderno di un vecchio regime normativo progettato per impedire a monopolisti di creare rendite economiche (e quindi profitto economico) dai mercati che controllano. Per capire la Net Neutrality bisogna risalire ai Common Carrier, e quindi alla nascita delle ferrovie negli Stati Uniti. Quando veniva costruita una linea ferroviaria la compagnia ferroviaria che serviva quel determinato territorio aveva il controllo totale del servizio di trasporto e poteva quindi decidere una politica economica in stato di monopolio. Che cosa comportava tutto ciò?

Ad esempio la compagnia ferroviaria poteva decidere di far pagare al cliente una tariffa diversa a seconda del valore dell’oggetto che voleva spedire via treno piuttosto che semplicemente per il suo peso o volume: dunque ad esempio trasportare un chilo di gioielli costerà molto di più che trasportare un chilo di libri nonostante il costo per articolo trasportato sia lo stesso per la compagnia ferroviaria che se ne fa carico. Il regolamento Common Carrier vieta questa pratica ai trasportatori. Da qui l’applicazione di questo tipo di regolamento anche ai servizi di telecomunicazione.

Immaginiamo di essere a casa e ordinare una pizza via telefono, cosa accadrebbe se l’operatore telefonico ci addebitasse una percentuale del costo di quella pizza solo per averci permesso di fare quella chiamata? Probabilmente cambieremmo operatore telefonico. Ma se fosse l’unico? Non avremmo scelta e saremmo costretti a pagare la percentuale, e la pizzeria stessa probabilmente vedrebbe diminuire gli ordini nonostante il prezzo della sua pizza resti invariato.

Ecco che esiste una legge per bloccare questo tipo di politiche su Internet: Net Neutrality appunto. Negli Stati Uniti ad esempio la fornitura di servizi internet alla maggior parte delle aziende e residenze private è prevalentemente di proprietà di due società: le vecchie compagnie telefoniche (es. at & T, Verizon) e le tv via cavo (es. Comcast, Time Warner Cable). Entrambe le compagnie in seguito alla rivoluzione digitale hanno dovuto riadattare i loro servizi, in quanto sia i cavi telefonici che televisivi possono essere adattati per trasportare dati digitali (bit).

Queste aziende hanno dunque convertito le proprie reti da — inizialmente — solo telefono vocale o solo tv, a reti di dati digitali di uso generale. Se tutto quello che viaggia sulle reti è composto di bit (dati digitali), allora una rete dati che può spostare bit può fornire di tutto, dai servizi di abbonamento per Netflix a quelli di Skype.

Pensate se una compagnia telefonica fosse in grado di vedere che tipo di bit il cliente sta spostando sulla rete e rispetto al tipo di “bit” (leggi prodotti) attuare una politica dei prezzi. Sarebbe come se le Poste potessero esaminare i contenuti dei pacchi che consegna e addebitare una percentuale del valore del contenuto. Questo è esattamente la ragione per cui Net Neutrality esiste, cioè per evitare che tutto ciò accada.

Ovviamente i fornitori di servizi internet vogliono uscire da questo regolamento. Questo è il motivo per cui la neutralità della rete è molto importante per tutti gli utenti della rete. Il concetto alla base della “neutralità” è: tutti i dati su tutte le reti di dati vengano trattati allo stesso modo, dove “trattare” in questo caso sta per il “costo”.

Non ci saranno dunque prezzi differenziati a seconda se stiamo guardando l’ultimo film di James Bond o leggendo il giornale online, semplicemente lo spostamento di dati sulla rete ha un unico costo per l’utente, e non potrebbe essere altrimenti anche da un punto di vista squisitamente di buon senso: immaginate se dovessimo pagare la bolletta del gas con un costo differente a seconda se friggiamo due uova o ci cuciniamo un’aragosta (finiremmo per diventare tutti vegani).

Gli internet provider dovrebbero misurarsi sul mercato e competere dunque sul costo unico del nostro abbonamento, ma soprattutto sulla velocità di spostamento dei dati e la disponibilità della rete (ad esempio, la copertura della rete wireless su cellulare) e non sul tipo di dati che spostiamo.

One Comment

  1. Angelo

    Vorrei aggiungere che tutto il discorso relativo ai costi è corretto, ma dovrebbe essere ampliato allo scopo di aiutare a comprendere l’entità e la portata delle implicazioni: venendo a mancare la net neutrality ci potrebbero essere (ci saranno sicuramente) dei fornitori di connettività che si rifiuteranno di far passare certi bit, oppure che li lasceranno passare con una priorità molto bassa.
    Un po’ come quello che accade alla libertà di stampa quando sottoposta a un regime.

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