Zingaretti e lo scempio della speculazione edilizia [di Paolo Berdini]

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MicroMega on line. 28 marzo 2018. L’anatra, anche se zoppa, vive in ambienti naturali e – spesso – tutelati. Avesse speso qualche idea per la tutela dell’ambiente e delle città, Zingaretti non sarebbe nella posizione di stallo sancita dalle elezioni regionali.

Se è infatti vero che il presidente della regione Lazio è l’unico esponente PD in controtendenza rispetto ad un partito sconfitto e privo di idee, è altresì vero che per cinque lunghi anni non ha voluto promuovere una visione delle città e dell’ambiente come uniche prospettive per uscire dalla crisi, limitandosi ad una modesta politica a favore degli interessi della speculazione edilizia.

Il bilancio è sotto gli occhi di tutti. Il piano paesaggistico regionale e i piani di assetto dei parchi regionali – provvedimenti da tempo conclusi nella parte tecnica – non sono stati portati in approvazione per una deliberata scelta politica. Di contro, tutti i provvedimenti normativi richiesti dalla famelica lobby del mattone sono stati approvati senza tener conto degli avvertimenti del mondo della cultura. Avvertimenti che, puntualmente, si stanno avverando uno dopo l’altro.

A Roma si sta consumando il più grande scempio del patrimonio esistente della sua storia moderna. Più di venti villini signorili costruiti nei primi decenni del secolo scorso che davano qualità ai quartieri Trieste, Nomentano e Parioli, le zone centrali più qualificate di Roma, sono a rischio di demolizione. La responsabilità sta nel “piano casa” che Zingaretti ha ereditato dall’amministrazione di Renata Polverini riuscendo nel difficile compito di peggiorarlo. Chiunque può demolire e ricostruire gioielli della storia urbana beneficiando di un aumento di cubatura medio del 30%. Il complesso sforzo di rimettere in moto l’economia urbana ridotto a vergognose speculazioni!

Ma Zingaretti ha fatto di peggio. Il piano casa era pur sempre un provvedimento a tempo e consentiva ai comuni di escluderne dall’applicazione automatica le zone più delicate dal punto di vista estetico e storico. Sono poche le città che lo hanno fatto e Roma brilla per la sua assenza, ma almeno dal punto di vista procedurale si poteva correre ai ripari. Nel luglio 2017, a pochi mesi dalla scadenza elettorale, il consiglio regionale del Lazio ha votato una legge indecente che è stata gabellata come “rigenerazione urbana”. All’articolo 6 si prevede che si possano sempre demolire e ricostruire edifici con un premio di cubatura del 20% senza che i comuni possano minimamente interferire. Peggio del piano casa, dunque.

L’affronto alla storia delle città viene poi esteso a tutte le aree agricole dove si possono sempre realizzare alberghi, aree sportive e cliniche sanitarie. Zingaretti ha creduto che con queste leggi avrebbe guadagnato consensi. Oggi non ha i numeri per governare e c’è soltanto da sperare che sia capace di trovare quei preziosi voti operando una profonda revisione critica dei paradigmi su cui ha basato il futuro del Lazio orientandoli verso il recupero del patrimonio edilizio esistente e sulla salvaguardia dell’ambiente.

* ex assessore all’Urbanistica della Giunta di Virginia Raggi

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