Eurallumina inquinerà anche senza la centrale a carbone [di Carmelo Spada e Graziano Bullegas]

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La notizia della rinuncia da parte della Rusal a realizzare una nuova centrale a carbone a Portovesme è apparentemente positiva per i cittadini, per l’ambiente e per l’intero territorio del Sulcis.

Italia Nostra, WWF e le altre associazioni ambientaliste hanno da sempre mosso forti critiche in merito alla sostenibilità di realizzare un nuovo impianto termoelettrico a combustibile fossile per le negative ricadute ambientali che avrebbe comportato e perché in contrasto con le convenzioni internazionali – in perfetta antitesi con i contenuti della Road Map 2050, per quanto attiene decarbonizzazione, riduzione delle emissioni di CO2, inquinamento ambientale – e con la normativa paesaggistica.

La scelta di utilizzare l’energia prodotta da un’altra centrale a carbone non risolve comunque le tante criticità di natura sanitaria, ambientale e paesaggistica che la riapertura della raffineria di bauxite di Portovesme comporterebbe. Infatti si tratta di un impianto fortemente energivoro che utilizzerà l’energia prodotta da combustibili fossili e non rinnovabili.

È ormai un dato accertato che l’uso del carbone nelle centrali termoelettriche rappresenta una delle principali fonti emissive di pericolosi inquinanti atmosferici, con ricadute sanitarie locali che evidenziano incrementi di morbilità e mortalità (da disturbi irritativi a congiuntiviti, danni a carico della cute e delle mucose delle vie respiratorie, fino a ad un incremento di tumori a carico di bronchi e polmoni).  Italia Nostra e WWF ricordano inoltre che resta irrisolta la questione del bacino dei fanghi rossi.

Per poter riprendere l’attività la Rusal deve allargare il bacino di 19 ettari e sollevarlo di ulteriori 10 mt (fino a 46 metri di altezza) per accogliere 1,5 milioni di tonnellate annue di “fanghi rossi” per circa venti anni.  Questo bacino è attualmente interessato da una vicenda giudiziaria perché ha determinato un grave inquinamento della falda acquifera sottostante con valori oltre la norma di alluminio, arsenico, cloruri, solfati, solfiti, ferro, cadmio, manganese, rame, mercurio, piombo, cromo, idrocarburi e composti organici tensioattivi.

La riapertura della raffineria di bauxite – che contribuirà a stravolgere il già compromesso ambiente del Sulcis: il SIN tra i più inquinati d’Italia – rappresenta il classico accanimento terapeutico di cui parlava nel non lontano agosto del 2012 l’economista prof. Pigliaru, oggi governatore della Sardegna: “Il fatto è che di fronte a emergenze di occupazione e di reddito, l’istinto italiano, sbagliato, è di esercitare un vero e proprio accanimento terapeutico a favore dell’impresa in crisi, anche quando le prospettive di mercato sono improbabili o nulle.

Sono interventi che bruciano risorse pubbliche preziose e, creando false aspettative, consumano futuro. Quasi sempre sarebbe più saggio lasciare le imprese al loro destino e occuparsi invece dei lavoratori, sostenendo il loro reddito e accompagnandoli con servizi di qualità (orientamento e formazione, in primo luogo) verso una nuova occupazione”.  Parole tutt’ora attuali da noi pienamente condivise.

Cagliari, 22 aprile 2018

Carmelo Spada                              Graziano Bullegas

Delegato WWF Sardegna     Presidente Italia Nostra Sardegna

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