Chi semina vento, raccoglie Salvini: e adesso la guerra alle Ong farà un mare di morti [di Francesco Cancellato]

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linkiesta.it 11 giugno 2018. Era il 28 giugno del 2017 – più o meno un anno fa, governo Gentiloni – quando i giornali scrissero che l’Italia, in un vertice con il commissario europeo Dimitri Avramopulos, aveva annunciato che non sarebbe stata più disposta più a sbarcare migranti da navi che non battessero bandiera italiana o delle istituzioni europee.

In altre parole, che avrebbe chiuso i porti alle organizzazioni non governative straniere che soccorrevano i migranti dai gommoni alla deriva al largo delle coste libiche per sbarcarli nei porti italiani. L’indiscrezione fu successivamente smentita, o rubricata a extrema ratio. Ma se ne parlò, e non fu un caso.

Solo un paio di mesi prima, era il 21 aprile del 2017, il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio aveva pubblicato un video in cui accusava le organizzazioni non governative di essere taxi del mare, riprendendo un post di Beppe Grillo sul loro “oscuro ruolo”. Ed era il 17 marzo del 2018 quando il procuratore della repubblica di Catania Carmine Zuccaro aveva sequestrato la nave dell’organizzazione non governativa spagnola “Proactiva Open Arms” rea di non aver consegnato alla guardia costiera libica 218 esseri umani, che stavano scappando proprio dall’inferno libico.

Non ricordiamo, allora, ondate di sdegno collettive. Mentre ricordiamo vistosi cenni di approvazione quando il ministro Marco Minniti, era il 7 agosto 2017, imponeva alle Ong di firmare un codice di condotta per continuare a salvare vite, come se fino ad allora avessero violato chissà quale norma.

Ve lo diciamo nel caso vi suoni nuovo, o particolarmente scandaloso, che Matteo Salvini abbia annunciato che l’Italia chiuderà i propri porti alle navi cariche di migranti, se Malta non aprirà il proprio alla nave Aquarius dell’ong Sos Mediterraneé, carica di 600 e rotti esseri umani. O che, solo pochi giorni prima, lo stesso neo ministro dell’interno abbia dichiarato che «stiamo assistendo alla presa in giro per i cittadini di un’ong tedesca con bandiera olandese che passa davanti a Malta e saluta e arriva in Italia».

O che, nel mezzo, un’altra nave di un organizzazione non governativa tedesca, la SeaWatch, sia stata trattenuta per dodici ore nel porto di Reggio Calabria, con annesso interrogatorio di quattro ore al suo comandante, dopo un’ordinaria operazione di soccorso – 232 persone, molte dei quali minori non accompagnati – svolta cioè in collaborazione con il centro di coordinamento per il soccorso marittimo di Roma. Il tutto, pare, per i filmati girati dai giornalisti presenti a bordo.

No, cari. Salvini è solo più spregiudicato, furbo, cinico. Ma è il risultato di anni di acquiescenza retorica, se non di malcelata condivisione, alle sue sparate. Anni in cui ci siamo convinti che pagare i capi tribù che si spartiscono la Libia fosse una buona idea, ad esempio, nonostante il trattamento che subissero in quel Paese – detenzione in condizioni disumane, torture, violenze, richieste di riscatto alle famiglie – fosse esso stesso motivo di asilo politico, a voler fare i pignoli.

Anni in cui abbiamo dipinto la guardia costiera libica come fossero i caschi blu dell’Onu, nonostante il lavoro della giornalista Nancy Porsia abbia destato più di un sospetto sul fatto che il suo capo, Abdurahman Al Milad, più conosciuto come Bija, sia colluso col traffico di vite umane. Anni come il 2017, in cui mentre si plaudiva alla drastica diminuzione degli sbarchi si fingeva di dimenticare che, curiosamente, erano aumentate le morti in mare.

Anni in cui si diceva – è Matteo Renzi a parlare, nel suo ultimo libro – che “non abbiamo il dovere morale dell’accoglienza”, che accogliere tutti sarebbe “un disastro etico, politico e sociale”Senza dimenticare, ai fan nostrani di Emmanuel Macron, le frontiere chiuse di Ventimiglia e Bardonecchia.

Se oggi c’è Salvini, insomma, è perché l’abbiamo chiamato a gran voce, per anni. E adesso abbiamo poco da dire sullo sciacallaggio da campagna elettorale, sulle minacce che violano il diritto internazionale – Malta non ha mai ratificato gli emendamenti alle Convenzioni Sar e Solas adottati nel 2004, secondo cui l’obbligo di fornire un luogo d’approdo sicuro per i naufraghi “ricade sul Governo contraente responsabile per la regione Sar in cui i sopravvissuti sono stati recuperati” – sulle crisi diplomatiche con Paesi come la Tunisia e Malta (e non dubitiamo ne arriveranno altre).

Possiamo prendercela con noi, e con tutte le volte in cui si poteva sfidare la sua retorica con le parole e con i fatti. E avremo poco da dire, soprattutto, quando la sua politica di controllo dei confini e di bonifica dei mari dalla presenza delle Ong, il vero scopo del gioco, produrrà quel che è ovvio produca: un mare di morti nel canale di Sicilia – i gommoni partiranno lo stesso, tranquilli – e altrettanti morti in Libia, nei campi di prigionia o chissà dove. Noi non lo sapremo, forse. E dormiremo tranquilli al pensiero di quattro profughi in meno in un albergo sulla riviera romagnola, forse.

Ma se un bel giorno la coscienza dovesse bussare alla porta, almeno ricordatevelo che se siamo qui, almeno un po’, è perché l’abbiamo voluto noi, pochissimi esclusi. Pensiamoci, la prossima volta.

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