Architetture interrotte (VIII) [di Franco Masala]

lazzaretto sant'elia VIII-3

La recente donazione al Comune di Cagliari di documenti conservati finora a Firenze e raccolti dai professori Umberto Allegretti e Teresa Crespellani, così che ritornino nella loro città d’origine, riaccende l’attenzione su momenti particolarmente significativi della recente storia cittadina e, in particolare, sulle vicende dei movimenti cattolici del dissenso e sulla ricezione delle istanze del Concilio Vaticano II,  sul parlamentare Umberto Cao (1871-1956) e, soprattutto, riguardo alla lotta per la casa nel Borgo di Sant’Elia e nel centro storico (anni Sessanta e Settanta del Novecento).

Questi ultimi sono documenti estremamente interessanti, riguardando aspetti urbanistici e sociali di una Cagliari che, appena approvato il Piano Regolatore Generale Mandolesi, affrontava il problema dei piani particolareggiati.

Il primo nucleo abitativo di Sant’Elia (1951-1956), poi Borgo Vecchio, nacque in ottemperanza alla legge nazionale del 1949 INA-Casa (il Piano Fanfani, per intenderci) ma scarso nei servizi, privo di scuole e di verde, senza strade interne né collegamenti adeguati con il resto della città, anzi considerato sempre staccato da essa, quasi un “ghetto”.

Nel 1968 fu presentato al Comune un Piano particolareggiato, redatto dallo studio dell’ ing. Luciano Deplano, che prevedeva un totale stravolgimento socio-economico del Borgo con edifici residenziali, aree ricreative e da diporto ben lontane dallo status degli abitanti del borgo.

Già destava qualche perplessità il titolo de L’Unione Sarda che diceva “Un quartiere residenziale nell’atmosfera di un sofisticato centro di villeggiatura” illustrando un piano destinato a demolire le case di “uno dei più squallidi rioni della città”.

Dal porticciolo si poteva accedere a tre darsene interne di forma circolare, collegate da un canale esistente, mentre edifici a torre e lamellari, di altezza decrescente a mano a mano che ci si avvicinava al mare, sarebbero stati disposti in prevalenza ai contorni dell’area in posizione panoramica con un massimo di tredici piani e  ampie zone a verde sia pubblico che privato. Alberghi, negozi, edifici di interesse pubblico avrebbero costituito un vero e proprio centro balneare collegato con i servizi di trasporto pubblico.

Che poi non si sapesse ancora dove trasferire gli abitanti del Borgo o che a coloro che non intendevano lasciarlo fossero “assicurati alloggi a prezzi equilibrati” sembrava del tutto secondario rispetto allo sradicamento di una popolazione stanziata lì almeno da un ventennio.

Una mobilitazione dal basso portò alla contestazione del progetto che dopo vicende drammatiche venne sospeso grazie anche all’azione del primo comitato di quartiere nato a Cagliari e prontamente seguito da quello dei quartieri storici e de Is Mirrionis, minacciati anch’essi da cambiamenti radicali.

Le “marce” sul Comune e l’occupazione simbolica del Municipio riuscirono a impedire  l’approvazione del PP anche se le vicende successive portarono alla realizzazione di ulteriori nuclei di abitazioni purtroppo slegati tra di loro, sia socialmente che logisticamente, dando luogo a svariati complessi edilizi realizzati almeno fino al 2000, che hanno isolato ulteriormente Sant’Elia, già separato dalla città dall’asse mediano di scorrimento, certamente utile ma anche escludente. 

Le ulteriori vicende hanno condotto alla proposta accantonata del Museo dell’arte nuragica e contemporanea del Mediterraneo (Betile) e ai lavori del Sant’Elia Workshop 2007 derivato dal Concept Master Plan per il quartiere redatto dall’architetto olandese Rem Koolhaas. Ora si riparla di Sant’Elia anche per  il nuovo ” Stadio di ultima generazione all’inglese”. Sarà la volta buona?

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