L’ordine di resa senza condizioni, l’affondamento della Corazzata Roma. I sottovalutati segni di riscossa nati nella base della Maddalena [di Mario Rino Me]

Roma

Ricorre quest’anno il 75.nnale dell’affondamento della Corazzata Roma e dei 2 Cacciatorpediere  Da Noli e Vivaldi, che sarà ricordato a Porto Torres il 9 e il 10 settembre in specifiche cerimonie. I fatti sono noti.

Il messaggio radiofonico registrato con cui il generale Eisenhower comunica alle 1830 del giorno 8 la “resa senza condizioni“ del Regno d’Italia, coglie di sorpresa il governo, e ingenera sensazioni di  sbigottimento  e  prospettive fallaci di fine della guerra che attraversano l’intero paese. Clima e modalità di conduzione del processo decisionale politico-militare nonché sottovalutazione delle conseguenze del cambio delle Alleanze, avranno pesanti ripercussioni sulla successiva catena di eventi che interesseranno i reparti delle forze Armate sparsi nei vari teatri.

In quei momenti di confusione strategica, culminata con la partenza dei vertici istituzionali dalla capitale, prende corpo la reazione tedesca, già predisposta. Sul piano etico, superati i momenti di tentennamenti e incertezze, prevale la bussola della lealtà istituzionale e della subordinazione alla volontà politica. In breve, la determinazione di collocarsi dal lato giusto della storia nella consapevolezza dei risvolti dei loro atti sui destini della patria. Sono questi gli unici riferimenti che possono garantire la salvezza del paese e prospettive di rinascita.

Proprio la tempistica e la tragicità di questo episodio, in cui muore in combattimento anche il Comandante in Capo, Ammiraglio di Squadra  Carlo Bergamini, e tutto il suo staff, assieme ai Comandanti e gran parte degli equipaggi, assurge, a esempio della maldestra gestione dell’armistizio.

In un continuum operativo e in sequenza temporale, le vicende navali si intrecciano con ciò che avviene nel teatro delle operazioni Gallurese del Nord-Est della Sardegna: il trasferimento della 90.ma Divisione tedesca dalla Sardegna alla Corsica con il colpo di mano di elementi di quest’ultima, finalizzato alla disarticolazione della piazzaforte della Maddalena.

In questo contesto, la tragedia nazionale, di cui gli eventi in mare costituiscono una parte significativa, diventa alla Maddalena il prologo della resistenza armata, portata avanti da militari della Marina, dell’Esercito,  dei Carabinieri e operai dell’Arsenale.  Nonostante l’opera meritoria di alcuni autori conterranei, i fatti nell’ Arcipelago  sono ancora poco conosciuti, ma vista anche la valenza simbolica, meritano a mio avviso una maggiore divulgazione.

Nella base paralizzata dalla sorpresa iniziale, vi sono tanti che in quei momenti convulsi, contravvenendo agli ordini del Comando, rispondono al richiamo del dovere. Proprio alla Maddalena, dove erano dirette le navi, si colgono quindi quei segni di una riscossa che non può non esser riconosciuta come embrione di quella nazionale. Essa infatti precede i successivi eventi a Napoli di fine Settembre e i successivi sviluppi al Centro e al Nord della Penisola.

Ha origine con personaggi che, riusciti a svincolarsi dalla morsa degli occupanti, riescono nell’intento di una mobilitazione, che possiamo definire sia interforze di militari della Regia Marina, Carabinieri, e delle batterie costiere dell’Esercito, che generale grazie all’attiva partecipazione di operai militarizzati dell’Arsenale e al sostegno della popolazione, già messa alla prova da massicci bombardamenti. Li accomuna la volontà di non arrendersi e tanto meno collaborare con l’ex alleato.

Dopo l’arresto del tentativo di occupazione dei punti chiave, le varie azioni di guerriglia culminate con l’ultimo assalto volto al  recupero dei punti chiave occupati della piazzaforte, in cui trova la morte il Capitano di vascello Carlo Avegno, testimoniano un rigurgito di riscatto e dell’onore nazionale.

E’ bene allora ricucire i fili di questa pagina di Storia, conosciuta parzialmente e per lo più nei termini negativi dell’occupazione della Base e dell’arresto senza colpo ferire degli Ufficiali radunati all’ora della mensa, sia riesaminata, fatta conoscere nella sua interezza, e non lasciata all’oblio, che suona come evento da dimenticare.

Nel 75.mo anniversario delle tragiche giornate di quel “settembre nero”,  quei caduti (tra i quali tantissimi Sardi) ci chiedono che la loro resistenza armata, opposta alle minacce e violenze di una forza straniera, sia ricordata, raccontata nei suoi termini reali e non sminuita. Anche perché quei volenterosi erano consci dei pericoli derivanti dal doversi confrontare con  una delle più agguerrite unità militari dell’epoca, che si distinse nella prima metà del 1944 ad Anzio contro le forze anglo– americane. In breve, un bell’esempio della nostra identità.

*Ammiraglio di Squadra (r)

** L’Unione Sarda 9 settembre 2018.

One Comment

  1. Sergio Vacca

    Caro Ammiraglio, il tuo ricordo lucido e competente è una lezione di storia, ahinoi poco conosciuta dai Sardi e perdipiu’ sottovalutata dagli storici che hanno scritto di quel periodo e di quegli eventi.
    Non solo è assolutamente giusto ricordare quei momenti, ma soprattutto inserirli nel contesto resistenziale – per quanto limitato, comunque significativo – della nostra isola.
    Grazie per la testimonianza
    Sergio Vacca
    Marinaccad Corso Furie

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