Quello che le città non fanno [di Antonietta Mazzette]

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La Nuova Sardegna 31 ottobre 2018. Nei giorni scorsi è stato presentato il venticinquesimo rapporto di Legambiente e Ambiente Italia: Ecosistema urbano. Rapporto sulle performance ambientali delle città 2018. I dati, riferiti al 2017, sono utili per comprendere lo stato di salute dei capoluoghi italiani in materia di sostenibilità urbana. I parametri utilizzati sono 17, raggruppati in 5 macro aree (aria, acqua, rifiuti, trasporti, ambiente, energia).

Come si legge nel Report, “a fronte di un ipotetico punteggio di 100 che spetterebbe a un capoluogo in grado di rispettare tutti i limiti di legge e di garantire una buona qualità ambientale per ognuno degli indicatori considerati”, è possibile scoprire quali sono i venti capoluoghi che stanno al vertice della graduatoria.

Ebbene, della Sardegna c’è solo Oristano (al tredicesimo posto, anche se registra un -3 rispetto all’anno precedente), e, se escludiamo Cosenza (la vera novità di quest’anno), sono i capoluoghi delle regioni del centro-nord a stare ai vertici della graduatoria. Pertanto, anche sotto questo profilo il divario tra centro-nord e sud appare rimarchevole.

Complessivamente, però, la situazione italiana risente ancora di troppa lentezza, come scrive il presidente nazionale di Lega Ambiente nell’Introduzione, nell’adozione di politiche efficacemente sostenibili. Anzi alcune non migliorano e non peggiorano, com’è il caso di Nuoro, altre arretrano pesantemente, com’è il caso di Sassari (-6), mentre l’unica città sarda che migliora sensibilmente è Cagliari che, pur collocandosi al 45esimo posto, migliora di ben 7 posizioni.

Sempre in termini generali, in alcune macro aree si registra un buon miglioramento, ad esempio, nel caso delle buone pratiche di gestione dei rifiuti e di economia circola­re, ma sugli altri parametri vi sono stati persino peggioramenti rispetto all’anno precedente, ad esempio, sull’inquinamento da polve­ri sottili, derivante tanto dal fatto che in Italia si fa un eccessivo ricorso all’automobile, quanto da politiche inesistenti nel contrasto del consumo di suolo.

In altri termini, l’Italia è ancora molto indietro nella lotta ai cambiamenti climatici, nella riduzione di tutti gli impatti ambientali, nella tutela della salute e, non da ultimo, nel rendere più vi­vibili le nostre città. Non a caso, ancora nessuna città italiana è mai salita sul podio delle Green cities, i cui caratteri principali devono essere la mobilità eco-compatibile, l’aumento delle aree verdi, la riduzione del consumo del suolo e il coinvolgimento della popolazione nella diffusione di buone pratiche.

In questo quadro sconfortante, i risultati dei capoluoghi sardi sono quantomeno contrastanti. Nuoro si colloca al primo posto tra le migliori città per rifiuti pro-capite; mentre Sassari si colloca tra le peggiori per ciò che riguarda il verde urbano, così anche Oristano per il trasporto pubblico.

Cagliari non appare mai né tra le migliori, né tra le peggiori. Insomma, i capoluoghi sardi sembrerebbero un fanalino di coda di un’Isola che della sostenibilità ne ha fatto apparentemente un baluardo, ai fini dell’attrazione turistica.

Avanzo alcune brevi considerazioni sul perché i capoluoghi sardi appaiano poco sostenibili, non solo rispetto a quelli delle regioni del centro-nord, ma soprattutto rispetto a città notoriamente green del centro Europa. Anzitutto, non sono state adottate politiche e strategie organiche orientate verso i principi della sostenibilità. Si è trattato quasi sempre di politiche episodiche e frammentarie. Basti pensare alla complicata materia della mobilità sostenibile e a come Sassari abbia risposto finora: alcune piste ciclabili del tutto “estranee” rispetto a un’idea complessiva di mobilità.

In secondo luogo, c’è una profonda disattenzione verso gli spazi pubblici, a partire dai parchi e giardini, nonostante siano usati frequentemente da tutte le popolazioni urbane. In terzo luogo, la sostenibilità ambientale e quella sociale vanno di pari passo, non vi è l’una senza l’altra, e viceversa, e il coinvolgimento dei cittadini è l’ingrediente principale, senza il quale nessun tipo di sostenibilità è praticabile.

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