Anniversari silenziati [di Maria Antonietta Mongiu]

Simone

L’Unione Sarda 18 dicembre 2018. Il Commento. Si avvia al tramonto, quasi indenne da memorialismi ideologici, l’anniversario più a rischio di retorica, il 50° del 1968; forse perché l’otto finale è denominatore di altri illustri anniversari diventati parimenti innocui.

Si pensi al 70° dello Statuto, così al ribasso che persino un’ammiccante campagna per celebrarlo è diventata la fotografia della crisi dell’Autonomia. Sopravvissuto alla prima stagione dei diritti soggettivi, è coetaneo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani pure essa in affanno.

Scadono intanto il 31 dicembre il centenario della fine della Grande guerra, svoltosi con dignità grazie ai militari; l’80° delle leggi razziali, imbarazzante anche in Sardegna, e il 40° dell’omicidio di Aldo Moro, oggi campo di riconciliazione delle vittime collaterali. Per pochi intimi i 200 anni dalla nascita di Karl Marx che finalmente è altro dalle pratiche politiche in suo nome.

Ma prima della fine di un anno segnato dalla violenza sulle donne, urgono tre anniversari silenziati perché interpellano l’opinione pubblica sulla rimozione di tanta tragedia; una forma di Alzheimer che anche nell’isola alimenta la negazione simbolica delle donne, premessa della negazione fisica che la cronaca chiama femminicidio e Nereide Rudas muliericidio.

Il primo anniversario riguarda Il secondo sesso che Simone de Beauvoir scrisse nel 1948, pubblicato a Parigi nel 1949 e in Italia nel 1961 (il 2018 è il 110° della sua nascita!). Bibbia di una rivoluzione che la filosofa dota di un ordito teorico scavando nella condizione femminile col supporto di molte discipline, psicanalisi e materialismo storico compresi, e tenendosi alla larga da tentazioni messianiche.

Scardina paradigmi che anche oggi impediscono di agire gli stessi diritti a prescindere dal genere ma, soprattutto, disvela la percezione dell’insignificanza delle donne. Simone de Beauvoir la oltrepassa riconoscendo e dando valore al “femminile” che, secondo il punto di vista maschile, era/è, storicamente, insignificante. Lo pone al centro della scena, lo nomina e lo interpella come viatico di un’autocoscienza che svela i fraintendimenti ma insieme si assume la responsabilità dell’autorealizzazione.

E’ infatti nella patologia dell’agire eterodiretto la rarefazione di ogni protagonismo, specie di quello femminile, che in Italia è surrogato da una diffusa ancillarità verso il leaderismo maschiocentrico.

Il secondo sesso fu uno choc! Come lo fu una ragazza, Mafalda, scritta e disegnata dall’argentino Quino, pubblicato in Italia nel 1968. Scandalizzò a destra e a manca dicendo: “Una donna che pensa, fa paura. Una donna che fa quello che pensa, terrorizza”. Mafalda  aveva letto Simone de Beauvoir! Perché senza, il femminismo sarebbe stato deficitario nel linguaggio ma soprattutto nelle pratiche di partire da se per abitare l’autoriconoscimento che fonda ogni dialettica compresa quella di genere. Parrebbe un paradosso ma indagando quel sostrato che alimenta la svalutazione delle donne tematizzò la futura crisi dell’uomo.

Che cosa sono altrimenti il feudalesimo politico e la violenza sulle donne se non i suoi indizi? Se oggi possiamo persino dire “Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità” per quelli che disconoscono e delegittimano una donna con la violenza fisica e psicologica sia nel privato sia nello spazio pubblico, professionale o politico, lo dobbiamo alla “compagna di Sartre” il cui pensiero inerisce tuttora nel quotidiano collettivo.

Per stare alla cronaca minima: in un liceo di provincia una ragazza chiese al docente di filosofia di poter parlare di Simone de Beauvoir. Il professore, un domenicano, ammise di non saperne ma acconsentì. Quella lectio forse segnò la vita di quelle adolescenti che dopo qualche giorno sostennero l’ultima maturità con tutte le discipline e i richiami agli anni precedenti. Il 1968 fu anche la fine di una scuola selettiva quanto escludente.

Negli stessi giorni, tristi per l’omicidio di Robert Kennedy, Paolo VI, il 25 luglio 1968, pubblicò Humanae Vitae. Dettava norme sul matrimonio ma finì per essere la dottrina sulla limitazione delle nascite e sull’illiceità della contraccezione. Negò l’autodeterminazione delle donne, campo di confronto teologico allora assai vivace.

Altroché Simone de Beauvoir! La reazione all’Enciclica fu il vero sessantotto di una generazione di ragazze e cambiò il mondo. Ma solo alcune sfondarono il tetto di cristallo. Lo fecero indistintamente i loro coetanei maschi e non tutti per merito.

A dire di Sardegna e calcolando a spanne almeno sei di loro sono tuttora inn campo e sono i massimi decisori delle faccende dell’isola. Tra loro nessuna di quelle ragazze. Che questi maschi abbiano ancora paura di quella Mafalda che fu messa a tacere solo da un dittatore argentino?

 

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