Contro le donne muri invisibili [di Maria Laura Ponti]

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L’Unione Sarda 9 febbraio 2019. Il Dibattito. Il 24-5-1988 Marilyn Loden, una management consultant di un’azienda telefonica americana in un panel sulle aspirazioni di carriera delle donne, usò per la prima volta la metafora glass ceiling (soffitto di cristallo): barriera culturale, solida ed invisibile, al successo professionale e all’avanzamento di carriera. Dopo 40 anni la metafora resiste, integrata dalla teoria glass cliff (scogliera di cristallo) e glass stairs (scale di cristallo), a definire la complessità del tema.

Cosa è accaduto in 40 anni? Il numero delle donne manager è aumentato (2,8% in Europa e in USA 4,8% di tutte le posizioni apicali) ma persiste una barriera all’equità di genere.

Maria Antonietta Mongiu, nell’intervento del 3 gennaio La negazione delle donne, sottolinea il ruolo di un humus di negazioni profonde, ancestrali, antropologiche, nel quarto posto della Sardegna per violenza sulle donne. Chiama in causa chi opera negli spazi pubblici e privati ed indica, tra le cause, la consequenzialità e l’interdipendenza tra violenza e desertificazione pedagogica. Se il femminicidio è gesto estremo della negazione delle donne non ne è l’unica espressione.

Nelle professioni ed in politica il fenomeno è palese e, specie in Sardegna, la condizione delle donne deriva da responsabilità di carattere politico e socioamministrativo. La loro scarsa presenza nei luoghi ove si decide è inversamente proporzionale alle loro capacità e competenze nelle professioni e nelle amministrazioni, scrive Rita Dedola il 13 gennaio 2019, sempre in questo giornale, nel suo Perché è necessario che le donne ci mettano la faccia in prima persona senza mediazioni maschili.

La metafora della scogliera di cristallo descrive la precarietà e, anche nell’isola, la carenza delle posizioni di leadership femminile. Diventare leader prevede esperienze altamente individualizzate e un percorso specifico verso il successo con molti aspetti correlati al genere. Segregazione di genere, lavori cosiddetti femminili, disparità nei salari sono barriere strutturali cui si affiancano dinamiche sociopsicologiche, quali scarsa consapevolezza delle proprie capacità e del valore effettivo dei risultati, accettazione delle discriminazioni e abitudine a posizioni gregarie.

Ma soprattutto dinamiche politiche che portano a escludere le donne da ruoli preminenti, decisionali e di potere. Condizioni radicate in Sardegna dove la leadership poggia prevalentemente su scelte di opportunità politiche piuttosto che meritocratiche con esclusione delle donne. Gli stereotipi di genere e la discriminazione limitano la carriera professionale femminile e le donne che riescono a rompere il tetto di cristallo incontrano comunque nuove barriere.

Conseguire posizioni di potere avviene per le donne spesso in contesti di crisi ed instabilità. Le ricerche in Inghilterra e negli USA mostrano che le donne sono più inclini degli uomini a crescere in una gerarchia professionale, in difficoltà ed in situazioni di rischio potenziale. Analoghe le dinamiche in politica. Il prezzo è un più elevato rischio di insuccesso e di stress psicologico che incide nella sfiducia in sé stesse, demotivazione e percezione di fallimento personale. E’ come precipitare da un’invisibile scogliera di cristallo.

La storia dice che le donne leader sono spesso designate come capi in condizioni di crisi del sistema politico, quasi agnelli sacrificali in un contesto che le espone al fallimento. Esempi illustri? Margaret Thatcher e Theresa May. Le leader inoltre sono esaminate e giudicate con maggiore severità e la loro superiorità decisionale non è accettata.

Sono preferite nei contesti di crisi perché in grado di staccarsi dai percorsi tradizionali di guida, per capacità comunicative e di management correlate ad un tipo di leadership trasformazionale in condizioni sperimentali,  non perché considerate le più qualificate per capacità e competenza, come invece accade per gli uomini più autoritari, dominanti e aggressivi, per gli stereotipi di genere, più adeguati ad una leadership transazionale.

Uno dei bias delle organizzazioni internazionali sul tema è l’eccessiva neutralità di genere che ignora peculiarità biologiche e differenze psicosociali tra i sessi. L’impegno deve quindi orientarsi ad equità e parità di genere come negli obiettivi del Gender Action Plan dell’European Institute for Gender Equality.

Il momento in cui competenze ed esperienze di donne e uomini convergeranno in una dimensione integrata di progettazione e valutazione delle politiche, nelle strategie economiche e sociali, arriverà, come scrive Rita Dedola, quando “ la rivoluzione del linguaggio e delle  forme della politica creeranno le condizioni per un cambiamento epocale che letteralmente sovvertirà il sistema”.

Come di recente negli Stati Uniti con i movimenti femministi, sperando che anche da noi, per dirla con Maria Antonietta Mongiu, “si affermerà un diffuso femminismo che oltrepassi il ruolo di genere consentendo protagonismo e rappresentanza”.

*Medico

 

 

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