Donne, la strada è non delegare [di Antonella Crescenzi]

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L’Unione Sarda 6 marzo 2019. Dibattito.  In un documento di Snoq del 15 dicembre 2018 si prendeva atto del fallimento della politica delle donne: “Le donne vincono periodicamente e vanno incontro ciclicamente a sconfitte, anche per loro responsabilità. Un periodo cominciato con una loro inedita presenza […], si è concluso riproiettando il vecchio film: solo uomini sulla scena pubblica”.

Ricerca di parità nel lavoro e nelle carriere, crollo della natalità, difficoltà nei rapporti tra i sessi fino alla violenza, limitazione dei diritti acquisiti, sono i risultati dopo tante battaglie. Tutto è perduto? Non proprio! Il voto americano con l’exploit femminile e le iniziative organizzate da donne, a Roma e a Torino, le vedono protagoniste.

La strada giusta è non delegare, non essere subalterne, fare rete, candidarsi nelle liste elettorali, avere coraggio, innovare le istanze della politica, essere ambiziose nei programmi, visione e scelte. E soprattutto, una volta elette, non dimenticare di onorare promesse e istanze.

Ma quali i temi di una “Agenda riformista” delle donne? E l’impatto sarà limitato a loro?  No perchè temi come maternità, lavoro, condivisione sono rilevanti per tutta la società! Infatti, considerando che la rivoluzione femminile è una delle cause più potenti della rottura del vecchio modello sociale, è impensabile una politica riformista estranea a tale epocale cambiamento.

I temi femminili non sono un residuo, un aspetto tra i tanti nella politica economica, bensì la questione fondamentale che blocca lo sviluppo italiano. Una maggiore partecipazione delle donne alla vita economica innalzerebbe il tasso di crescita del Pil e contrasterebbe il declino demografico. Perché le donne che lavorano sono più propense a fare figli delle altre. Lo dimostrano statistiche e studi.

Il punto centrale di una vera politica riformista è la maternità perché la decisione di mettere al mondo un figlio è, sì, una scelta personale ma coinvolge l’intera nazione.

Il calo delle nascite in l’Italia e negli altri paesi europei indica che il problema è politico e richiede strumenti pubblici nuovi a sostegno delle donne. Non basta proteggere il posto di lavoro delle mamme in congedo, ma occorre approntare politiche per sostituire gli interventi per la “conciliazione” tra vita professionale e famiglia con quelli per la  “condivisione” dei ruoli in grado di riequilibrare i carichi familiari finora pendenti sulle donne. Il congedo parentale obbligatorio da gestire in pari misura tra i due genitori rappresenterebbe un importante passo avanti verso la parità effettiva.

E con questa impostazione che la battaglia deve essere combattuta, perché l’impegno per la parità di genere non sia solo un proclama come scrive Maria Antonietta ne L’Unione Sarda il 3 gennaio “Solo un diffuso femminismo infatti che oltrepassi il ruolo di genere, [….], e la questione di genere come un problema di minoranze, consente protagonismo e rappresentanza, condizioni necessarie per cambiare sguardo di donne e di uomini.”

La legge di bilancio per il 2019 ignora le donne perché si basa sul reddito di cittadinanza e sull’anticipo pensionistico, che favoriscono i maschi. Il primo, confondendo contrasto alla povertà con sostegno all’occupazione, privilegia single e famiglie monoreddito. Il secondo privilegia i lavoratori del Nord e chi ha una vita contributiva continuativa ed esclude le donne che spesso interrompono i periodi lavorativi.

Anche nelle politiche dell’UE  ci sono resistenze, seppure da vent’anni l’occupazione femminile è un obiettivo. C’è molto da fare! L’Agenda delle donne deve essere sostenuta e declinata concretamente. Ne saremo capaci?

*Economista- SNOQ Nzionale

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