In Italia all’asilo nido pubblico solo un bambino su 10: più disuguaglianze e povertà educativa [di Cristina Nadotti]

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https://www.repubblica.it/scuola/2019/09/09/news/initaliaallasilonido1bambinosu10_

Il rapporto di Save the children “Il miglior inizio” dimostra le difficoltà a scuola dei piccoli che rimangono in famiglia. Il nostro Paese lontano dagli obiettivi stabiliti dall’Ue. Un handicap anche per le donne e le madri lavoratrici dedicano tempo di qualità ai figli.

Bambini all’asilo nido e mamme al lavoro sono due elementi fondamentali per una società migliore. Eppure in Italia l’asilo nido pubblico è garantito soltanto a 1 bambino su 10, e in regioni come Calabria e Campania la copertura è pressoché assente, rispettivamente, solo il 2,6% e il 3,6% dei bambini frequenta un nido pubblico.

È un deficit drammatico, su cui pone l’accento, una volta di più, un rapporto di Save the children Italia. In concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico nel nostro Paese, l’organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro ha diffuso il rapporto “Il miglior inizio – Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita”, in cui si pone l’accento sulla disponibilità di asili pubblici in Italia e la ricaduta di tale deficit sulle disuguaglianze sociali.

Il rapporto di Save the children. Il rapporto è il risultato di una indagine pilota, condotta tra marzo e giugno 2019 in 10 città e province italiane ( Brindisi, Macerata, Milano, Napoli, Palermo, Prato, Reggio Emilia, Roma, Salerno e Trieste), realizzata in collaborazione con il Centro per la Salute del Bambino, che ha anche fornito una supervisione scientifica insieme all’Istituto degli Innocenti e all’Università di Macerata.

Si tratta di un’indagine di carattere esplorativo che ha coinvolto direttamente 653 bambini di età compresa tra 3 anni e mezzo e 4 anni e mezzo, ai quali, nell’ambito di incontri individuali a scuola con educatori appositamente formati, sono stati sottoposti i quesiti dello strumento Idela (International Development and Early Learning Assessment), sviluppato da Save the Children International nel 2014 e utilizzato in più di 40 Paesi al mondo.

Asilo nido base per l’istruzione. I bambini che hanno frequentato l’asilo nido – mettono in evidenza i risultati della ricerca – hanno risposto in maniera appropriata a circa il 47% dei quesiti proposti a fronte del 41,6% di quelli che hanno frequentato servizi integrativi, che sono andati in anticipo alla scuola dell’infanzia o che sono rimasti a casa e non hanno quindi usufruito di alcun servizio.

Una differenza che si fa ancor più marcata per i minori provenienti da famiglie in svantaggio socio-economico. Tra questi, infatti, coloro che sono andati al nido hanno reagito appropriatamente al 44% delle domande contro il 38% dei bambini che non lo hanno frequentato.

Per quanto riguarda l’ambito matematico, ad esempio, i bambini tra i tre anni e mezzo e i quattro anni e mezzo in condizioni di svantaggio socio-economico che non hanno riconosciuto alcun numero sono stati il 44% tra coloro che sono andati al nido, percentuale che arriva al 50% per i bambini che non lo hanno frequentato.

Allo stesso modo, se più del 14% dei bambini che hanno frequentato il nido riconosce tra 6 e 10 numeri, la percentuale scende al 9,6% per chi non ci è andato. Inoltre, l’indagine dice che i bambini in svantaggio socio-economico che hanno frequentato il nido riconoscono più lettere rispetto agli altri: quasi il 25% dei primi, infatti, ha riconosciuto tra 1 e 5 lettere a fronte di quasi il 20% di quelli che non hanno frequentato il nido.

Determinante per prevenire la povertà educativa, dall’indagine di Save the Children, risulta essere la durata della frequenza dell’asilo nido. I bambini appartenenti a famiglie in svantaggio socio-economico che hanno frequentato il nido per tre anni, infatti, hanno risposto appropriatamente al 50% delle domande, a fronte del 42,5% per coloro la cui frequenza è stata tra i 12 e i 24 mesi e del 38% per un solo anno o meno (una percentuale del tutto simile a quella di chi non ha frequentato il nido).

 Il deficit italiano. I dati sulla copertura dei servizi per la prima infanzia dicono che l’Italia è ancora molto lontana dal target stabilito dall’Unione europea di garantire ad almeno il 33% dei bambini tra 0 e 3 anni l’accesso al nido o ai servizi integrativi. Nel nostro Paese, infatti, solo 1 bambino su 4 (il 24%) ha accesso al nido o a servizi integrativi per l’infanzia e, di questi, solo la metà (12,3%) frequenta un asilo pubblico.

Copertura garantita dal servizio pubblico che è quasi assente in regioni come Calabria (2,6%) e Campania (3,6%), seguite da Puglia e Sicilia con il 5,9%, a fronte delle più virtuose Valle d’Aosta (28%), Provincia autonoma di Trento (26,7%), Emilia Romagna (26,6%) e Toscana (19,6%)[1]. Risultati decisamente migliori riguardano invece l’accesso alla scuola dell’infanzia, che in Italia accoglie il 92,6% dei bambini dai 3 ai 6 anni, superando pertanto l’obiettivo europeo del 90% di copertura.

 Indispensabile per i bambini e per le donne. L’asilo nido non serve soltanto ai bambini, ma anche alle mamme. Se i bambini vanno all’asilo nido le madri possono scegliere di lavorare e la loro occupazione, sottolinea il rapporto, non rappresenta dunque un fattore di svantaggio per i bambini in termini di povertà educativa. I bambini che restano a casa con le madri, infatti, non beneficiano spesso di tempo di qualità con i genitori. Ad incidere sulla crescita educativa dei bambini, infatti, non è la durata del tempo passato con i genitori, ma la qualità di questo: lettura condivisa, la musica e i giochi all’aperto sono spesso attività che mancano in alcune famiglie e che l’asilo nido fornisce.

Dalla ricerca emerge che i bambini provenienti da famiglie in svantaggio socio-economico, ma che leggono almeno due volte a settimana libri per l’infanzia con i genitori, rispondono in modo appropriato al 42% delle domande, a fronte del 36,8% di quelli che non leggono quasi mai con la propria mamma o papà.

Differenze che risultano significative in ciascun ambito dell’indagine: in lettura e scrittura, e in matematica e problem solving, il gap è di circa 5 punti, mentre per quanto riguarda l’ambito fisico-motorio e socio-emozionale la differenza supera rispettivamente i 7 e gli 8 punti.

Percentuali identiche si registrano per i minori svantaggiati che fanno attività all’aperto con i propri genitori (42% di risposte appropriate) rispetto ai propri coetanei nelle stesse condizioni che le svolgono solo poche volte durante l’anno (36,8%), con differenze presenti in ciascuno degli ambiti dell’indagine: fisico-motorio il 41,6% contro il 31,1%, matematico il 42,4% contro il 37,5%, lettura e scrittura il 35,2% contro il 27,7% e socio-emozionale il 41,1% rispetto al 31,1%.

L’appello al nuovo governo.  “La prima infanzia è un periodo cruciale della vita – sottolinea Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children – le diseguaglianze educative possono avere sui bambini un impatto di lunga durata e si manifestano molto prima dell’accesso alla scuola dell’obbligo.

La povertà educativa va dunque combattuta a partire dai primi anni di vita, attraverso solide politiche di sostegno alla prima infanzia e alla genitorialità, oggi assolutamente carenti nel nostro Paese, evitando che siano proprio i bambini delle famiglie più svantaggiate a rimanere esclusi dalle opportunità educative di qualità”.

“È fondamentale che il prossimo Governo assuma tra le proprie priorità quella dell’investimento nell’infanzia a partire dai primi anni di vita, promuovendo in Italia un’Agenda per la prima infanzia, che preveda un piano organico di interventi di sostegno alla genitorialità, servizi educativi di qualità e accessibili a tutti, misure di welfare familiare, lotta alla povertà economica ed educativa, sostegno all’occupazione femminile e conciliazione tra lavoro e famiglia”, conclude Milano.

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