Il glamour al governo [di Nicolò Migheli]

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Dalla Leopolda a Palazzo Chigi. Il re dei mandati interrotti- Renzi non ha concluso la presidenza della provincia di Firenze e l’incarico di sindaco della stessa città- diventa Presidente del Consiglio. Ci approda con una decisione extraparlamentare, il governo Letta non è stato mai sfiduciato. Il toscano porta con sé una carica dirompente. È il rinnovo generazionale di una classe politica ormai allo stremo a cui si pone come alterità. Lo conferma il discorso al Senato. Il ribadire il “là fuori,” come se l’assise non avesse dignità di rappresentanza. Un esecutivo ridotto, come si addice al sindaco d’Italia. Una giunta insomma.

Mentre il NCD riconferma tutti si suoi ministri, Renzi cambia tutto. Solo Orlando e Del Rio rimangono. Per la prima volta anche l’Italia ha un ministro della difesa donna. Strano percorso quello di Roberta Pinotti che passa dalle assemblee no global di Genova anti G8 ai comitati NATO. Questo turnover non contempla Emma Bonino, uno dei politici italiani più conosciuti all’estero. Una ministra che in pochi mesi di carica, forte della sua esperienza e rapporti personali, ha operato al meglio. A suo vantaggio vanno l’aver rafforzato i rapporti dell’Italia con L’Iran, nonostante l’esclusione, avvenuta durante il primo governo Berlusconi, dal gruppo 5 più uno (Usa, Russia, Cina, GB, Francia e Germania.) Così come l’aver agito per impedire l’intervento occidentale in Siria; rafforzato il ruolo italiano nella missione UNIFIL in Libano; tentato di internazionalizzare la vicenda dei fucilieri di marina arrestati in India; riportato in Italia la signora Shalabayeva, espulsa proditoriamente dal ministero dell’interno di Alfano.

Con Emma Bonino, dopo gli anni della vergogna, anche il ruolo dell’Italia nella Ue ha riacquistato dignità; non ultima la sua grande conoscenza del mondo arabo, unica nel governo a conoscerne la lingua. La nuova ministra degli esteri, Federica Morgherini, gode di un buon curriculum: socia dell’Istituto Affari Internazionali, presidente della delegazione italiana nella NATO, esperienza con le ONG. Tutta da dimostrare però la sua capacità diplomatica in un quadro internazionale sempre più turbolento, come le vicende ucraine di questi giorni dimostrano.

Alcuni osservatori paragonano Renzi all’Obama del primo mandato. Il presidente Usa aveva agito in maniera differente, come segretario di stato aveva nominato la Clinton, che poteva godere delle relazioni costruite in otto anni di presidenza del marito, come vicepresidente Joe Biden, uomo di grande esperienza sul piano interno ed internazionale. In ogni paese che abbia una qualche ambizione il ruolo del ministro degli esteri è secondo solo al capo dell’esecutivo.  Il fatto che l’uomo di esperienza sia l’economista Padoan, che viene dalla finanza, la dice lunga sulle ambizioni dell’Italia. Sembrerebbe che gli unici rapporti internazionali che veramente contano per Renzi sono la tranquillità dei mercati. Aspetto importante ma non l’unico. Forse però il sindaco d’Italia, ritiene di poter, per certi versi, avocare a sé la politica estera. La Bonino forse sarebbe stata d’intralcio.

La furia rottamatrice rompe il rapporto di continuità tra generazioni. Domina la concezione che l’innovazione sia solo rottura e non una dialettica tra esperienza e creatività. Per certi versi è arrivata al governo la negazione di quello che l’antropologa francese Françoise Héritier (2002) definisce autorità-anteriorità: il principio di autorità che si fonda su condizioni che evolvono nel tempo. L’esserci prima –anteriorità- è causa di autorità. Questo rapporto tradizionale nelle culture umane, non ha mai impedito il cambiamento e l’innovazione. Tutt’altro, ha reso l’innovazione accettabile e condivisibile.

La categoria si era già indebolita molto con il neo liberismo, che privilegiando l’individualismo ha rotto i superstiti rapporti comunitari; poi il digital divide, che ha portato i nonni ad apprendere dai nipoti, l’ha uccisa. Renzi si fa forte di questa rottura. Immagina un programma di riforme accelerato, fare in un anno ciò che non si è potuto realizzare in venti. Si vede nei panni del Blair italiano. Per questa ragione ha bisogno di un governo glamour. Bei visi botticelliani, curriculum e carriere cresciute dentro quella borghesia estrattiva che si propone come innovativa. Una modalità che nella società dell’immagine funziona sempre per il suo carattere seduttivo che i media amplificano.

Eppure il sindaco d’Italia era partito con altri nomi, ma dirgli di no era diventato un garofano da esibire all’occhiello, quasi che quei personaggi prestigiosi non volessero confondersi con lui. È il contesto, evidentemente, che fa la squadra. L’accoglienza che Bersani e Letta hanno dato al nuovo governo, fa presagire un percorso difficile. Chi di detronizzazione colpisce verrà detronizzato, si potrebbe parafrasare. Il parlamento eletto con il porcellum, risponde ancora ai due. Già in queste settimane Renzi scoprirà non solo le difficoltà interne, ma i tortuosi rapporti internazionali.

Presiedere un Ecofin, avere una posizione sui molti temi in cui l’Italia è coinvolta, non sarà come riunire la giunta di Firenze. Essere glamour potrà far vincere le primarie, ma non basterà con persone dure e decise come Merkel e Putin, così come non sarà sufficiente per governare la maionese impazzita che è diventata l’Italia. Auguri!

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