ITS, l’alternativa all’Università che trova lavoro a 4 ragazzi su 5 (e che nessuno conosce) [di Skuola.net]

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https://www.huffingtonpost.it/entry/its-lalternativa-alluniversita-che-trova-lavoro-a-4-ragazzi-su-5-e-che-nessuno-conosce 4/10/2019 Un’alternativa alla laurea che, addirittura, potrebbe dare maggiori soddisfazioni del titolo accademico. Soprattutto dal punto di vista lavorativo. Forse non tutti sanno che, da alcuni anni, dopo aver preso il diploma di maturità, è possibile intraprendere una strada diversa dall’università ma ugualmente formativa. Stiamo parlando degli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori, ovvero un tipo di scuola ad alta specializzazione tecnologica, attiva in Italia dal 2010. Percorsi co-progettati con gli enti formativi e le realtà economiche del territorio, in genere di durata biennale ma in alcuni casi anche triennale.

Basta un diploma di Maturità o un titolo equipollente per potervi accedere. Sono realtà relativamente giovani ma in continua crescita e con un alto grado di apprezzamento, sia da parte degli studenti che da parte delle aziende che li ospitano. Proprio per questo, negli ultimi anni, sta crescendo il numero degli iscritti. Ad oggi sono più di 10.000, ma in paesi come la Germania esperienze equivalenti impegnano oltre 750.000 giovani. E i tassi di occupazione a 12 mesi dal titolo sono addirittura migliori di quelli di una laurea. Scopriamoli meglio grazie al focus elaborato da Skuola.net.

Cosa sono e in quali aree operano gli ITS? Gli ITS, come anticipato, sono istituti ad alta formazione tecnologica, i cui percorsi sono aperti ai diplomati di tutte le scuole superiori. Queste scuole sono a tutti gli effetti la prima esperienza italiana di un’offerta formativa post-secondaria non universitaria professionalizzante. Quasi scontato il paragone con alcune realtà europee già ben rodate, come le Fachschulen (scuole di alta formazione) tedesche o il Brevet de Technicien Supérieur (la licenza di tecnico superiore) francese. Ci sono ovviamente delle differenze ma l’obiettivo è comune: formare figure specializzate, in specifiche aree tecnologiche innovative nelle quali c’è un’importante richiesta da parte del mondo del lavoro e, per questo, considerate strategiche.

Le aree in cui operano i 104 ITS italiani (che offrono complessivamente quasi 450 percorsi) sono sei: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie della Vita, Tecnologie innovative per i Beni e le Attività culturali – Turismo, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione e Nuove tecnologie per il Made in Italy (che al suo interno comprende altre cinque divisioni: sistema Meccanica, sistema Moda, Servizi alle imprese, sistema Agroalimentare, sistema Casa). Ogni area, poi, prevede una divisione in ambiti con delle specifiche figure di riferimento e corsi ad hoc. Dipende dalle scelte operate dalle singole regioni, a cui è demandata la competenza sugli ITS.

Giusto per dare qualche numero, nel 2014/2015 gli studenti italiani negli ITS erano poco più di 8.000.

Un’inezia rispetto a quanto raccolto da percorsi equivalenti in Germania (oltre 750.000), Francia (oltre 500.000), Spagna (oltre 400.000), Inghilterra (oltre 250.000). Per alcuni di questi giovani il titolo conseguito è del tutto equipollente ad una laurea di primo livello e quindi vanno ad aggiungersi alla schiera dei laureati a cui fanno riferimento i rapporti OCSE, che ci vedono come fanalino di coda in questo ambito. Se pensiamo che gli studenti universitari italiani sono circa 1.6 milioni, capiamo bene che non dobbiamo solo concentrarci sul numero di laureati nei percorsi accademici tradizionali ma anche nel creare alternative professionalizzanti come gli ITS. Cosa che gli altri paesi già fanno da anni, incrementando la quota di coloro che hanno una qualifica terziaria, che in Italia traduciamo con il termine laurea.

Una formazione ‘sul campo’ I percorsi di questi Istituti hanno una durata biennale o triennale (4/6 semestri – per un totale di 1800/2000 ore) e offrono una formazione sempre più vicina alla realtà lavorativa in cui poi gli studenti saranno inseriti. Infatti lo stage è obbligatorio per il 30% delle ore complessive (con la possibilità di svolgere i tirocini anche all’estero) e almeno il 50% dei docenti proviene dal mondo del lavoro.

Ciascun diploma corrisponde a figure nazionali, a piani di studi definiti con le imprese e a competenze sviluppate nei luoghi di lavoro. Il vero vantaggio competitivo rispetto ai percorsi accademici classici è la velocità di progettazione dei percorsi formativi: virtualmente ogni anno si possono cambiare contenuto e finalità del corso, basandosi sulle esigenze rilevate dalle realtà economiche che fanno parte delle fondazioni (che giuridicamente costituiscono ogni singolo ITS).

Sbocchi professionali: 4 su 5 trovano lavoro subito Ma, come detto, il vero valore aggiunto degli ITS è la spendibilità del titolo. Nell’anno 2018, secondo l’ultimo monitoraggio di Miur-Indire, l’occupazione dei ragazzi formati negli ITS negli ultimi anni si attesta sempre intorno all’80% dei diplomati. Proprio perché vanno a rispondere a un bisogno reale delle imprese, cogliendo le tendenze lavorative nelle diverse traiettorie della grande trasformazione.

Inoltre, tra gli occupati, oltre il 90% ha trovato un lavoro effettivamente coerente, nel proprio settore di studi; ciò a ulteriore riprova della costanza, dell’efficacia e della vicinanza di questi percorsi rispetto alle esigenze delle aziende. Per dare un termine di confronto, le università, secondo gli ultimi dati di Alma Laurea, si fermano al 70% circa.

Certo, ci sono ITS molto più performanti di altri. Ma è il dato è comunque buono trasversalmente. Andando a restringere il focus sulle diverse aree, le migliori performance nel campo della tecnologia sono state registrate dagli ITS del settore Mobilità sostenibile (con un tasso di occupati pari all’83,4%) e nelle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (qui l’occupazione è all’82,5%).

Anche tra gli ambiti del Made in Italy si sono toccate vette importanti, come nel caso del settore Meccanica (con gli occupati che schizzano al 91,9%) e nel sistema Moda (con una percentuale di occupati pari all’86,3%). Tuttavia, esistono realtà che stentano ancora, con esiti occupazionali meno significativi: è il caso del segmento Efficienza energetica (72,2%), delle nuove tecnologie della Vita (72,7%) e, per il Made in Italy, del Sistema casa (57%).

ITS e mondo del lavoro: un rapporto stretto Innegabile, infine, che l’altro grande punto di forza del sistema ITS sia la vicinanza sempre maggiore con il mondo del lavoro. Una novità in un panorama formativo abbastanza statico, come quello italiano, che sin dai primordi ha convinto le aziende a investire risorse umane e finanziare nei diplomi professionalizzanti.

Lo mostrano sempre i dati del Monitoraggio 2019: ad esempio, il partenariato delle Fondazioni ITS è costituito per il 37,4% da imprese; nelle attività di stage le aziende coinvolte sono state circa 2500 (quasi la metà sono PMI); il 69,4% dei docenti ITS non viene da università, scuole, centri di ricerca ma dalle imprese operanti nei singoli settori.

Che gli ITS fossero una ‘startup’ ad alto potenziale se ne sono accorti i due precedenti governi, annunciando un piano di crescita attraverso ulteriori finanziamenti. Luigi Di Maio, intervenuto a Skuola.net prima delle elezioni 2018, dichiarava che gli ITS erano la risposta ai fabbisogni occupazionali dell’industria 4.0. E il ministro dell’Istruzione uscente Bussetti aveva annunciato “la partenza di un Programma di sviluppo nazionale che servirà a qualificare l’offerta formativa e a rafforzarne il ruolo nella promozione dell’innovazione. Le azioni indicate dal Programma di sviluppo sono finalizzate a far acquisire un’alta specializzazione tecnologica ad almeno 20.000 giovani entro il 2020”.

Sta di fatto che il potenziale degli ITS, da noi, non è ancora pienamente sfruttato. Forse la prima cosa da cui partire per consacrare definitivamente il sistema è un rebranding, ovvero un cambio di nome. Infatti l’acronimo ITS è facilmente confondibile con ITIS, che sta per Istituto Tecnico Industriale Superiore. Tuttavia quest’ultimo è l’indirizzo di una scuola superiore. Rischiando di considerare una (quasi) laurea allo stesso livello di un diploma di maturità. Quando invece, come visto, le due cose sono molto diverse. Banale ma potrebbe davvero cambiare le cose.

A chiunque fosse interessato ad approfondire l’offerta degli ITS, conviene armarsi di santa pazienza e cercare su Google. Le informazioni d’insieme si trovano sul sito Sistema ITS.

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