Ecco perché è inutile la “dorsale del metano” ed urgente la “dorsale ferroviaria” [di Aldo Serra]

metanodotto snam-2

A leggere le dichiarazioni dell’attuale giunta regionale, mai tanti “bisogna” o “bisognerebbe” perché in Sardegna tutti possano lavorare, studiare, farsi curare, o spostarsi normalmente. Dimenticano gli attuali politici, come i precedenti, che se l’isola è nuovamente tra le Regioni meno sviluppate dell’Obiettivo 1, significa che troppi sono stati i “bisogna” e i “bisognerebbe” e poche le politiche del fare.

Comunque sia, ben venuti nell’anno 20-20 nel quale per l’attuale presidente della Regione e i suoi assessori tutto si realizzerà a patto di spazzare via le regole che hanno tutelato ambiente e paesaggio, secondo Costituzione. “Bisogna” e “bisognerebbe” nell’anno 20-20 costruire a go-go (ma per chi?) e dare il via alla “dorsale del metano”. In poche parole  svendere l’isola a vecchi e nuovi predatori venuti dal mare con la complicità di gruppi locali innamorati delle “cattedrali nel deserto” e del cemento sul mare e nelle campagne a ridosso.

Che il modello per la nuova giunta siano Cipro, Malta, Baleari? A sentire il presidente o qualche suo assessore senza freni o a vedere gli ospiti che arrivano a Villa Devoto il dubbio assale anche i meno smaliziati

Se così fosse il vero problema non è che chi governa la Regione ripeta a fotocopia sul turismo o sull’urbanistica, quello che decine di politici, anche nella precedente giunta di sinistra, hanno detto ma che nessuno dell’attuale ceto politico, maggioranza o opposizione, o diffusamente la stampa, chieda alla giunta, tra le più intervistate della storia dell’Autonomia, di andare oltre gli slogan e di portare all’attenzione della pubblica opinione dossier con analisi, statistiche,  progetti dettagliati. Insomma nessuno chiede quale sia concretamente il futuro della Sardegna.

Anche in questa legislatura come nella precedente si leggono dichiarazioni sovrapponibili ivi comprese le doverose reprimende per quelli sbrigativamente definiti ambientalisti, radical chic, del no a tutto: la maggioranza nell’opinione pubblica e che, in molti casi, non è andata a votare perché la sinistra non offriva l’alternativa che avrebbe consentito di superare declino e regressione economici e sociali della Sardegna.

Evidentemente in qualcuna delle tante “scuole di formazione politica”, che stanno nascendo come funghi, ai politici di nuova generazione devono avergli detto che il cuore della politica e dell’amministrazione è solo apparire che tanto, come diceva Berlusconi, il cittadino ha la testa di un adolescente. Se poi si hanno uffici stampa, pagati con i soldi pubblici, ma usati come staff personale di comunicazione, il gioco è fatto.

Allora, per ovviare a questo deprimente stato, vale la pena invece, specie dopo aver letto gli articoli di Biolchini, Mazzette, Sotgiu, in questa rivista, stimolare il dibattito sollevando alcune questioni rilevanti, utili a stendere un sottile filo rosso di congiunzione tra questioni politiche, sociali, tecnico-economiche e, ad esempio, energetiche.

Vorrei a tal fine entrare nel merito di uno dei temi così cari a giunta, sindacati, confindustria e quanti altri si stiano spendendo per la “dorsale del gas”. Si tratta di una vera metafora di come vanno le faccende della Sardegna.

È il caso allora di farla breve con una domanda fondamentale: perché si parla solo di “dorsale del gas” come se il tubo fosse la soluzione al problema energetico, mentre non si dà altrettanta enfasi a come arriverà, sarà stoccato e sarà rigassificato il gas che deve circolare nei tubi o a come questo gas sarà bruciato per produrre l’energia termica e il vapore necessari per le grandi industrie?

La domanda delle domande che pare fin qui non avere risposta, è se esistono e sono disponibili degli studi dettagliati da cui si possa evincere con precisione quali siano i fabbisogni, i dimensionamenti e la disposizione delle utenze, adatti a dimensionare e dislocare i depositi costieri, i rigassificatori e le reti, pertanto, come si può progettare una rete costosissima da realizzare e da tenere in esercizio senza conoscere le esigenze reali e contestuali degli utilizzatori?

Il progetto in campo, seppur in origine redatto per servire tutta la Sardegna, oggi, sconta il fatto di essere datato, essendo stato pensato per il GALSI (mai realizzato) e, ad oggi, non sono disponibili dati pubblici che dimostrino che sia lo stesso, aggiornato ai reali fabbisogni e alle reali esigenze delle maggiori industrie energivore sarde, oltre che dei cittadini.

L’iter autorizzativo inoltre è lungo e complesso e, per ora, ci si è limitati ad ottenere una prima approvazione da parte del Ministero dall’Ambiente sulla sola dorsale sud che, per altro, interessa esclusivamente l’area sud-ovest della Sardegna. Sarebbe interessante capire a che punto sono tutte le altre autorizzazioni di livello locale e sovralocale che, per citarne una e solo per fare un esempio, riguardano gli aspetti paesaggistici.

Ancora, se il progetto è unico ed è finalizzato a soddisfare le esigenze di tutti i cittadini e le imprese sarde, i suoi impatti devono essere valutati unitariamente senza “spezzettare” l’opera e le relative autorizzazioni come, per altro, prevede la norma.

Progettare e realizzare la sola dorsale sud senza avere certezze sul resto dell’opera, potrebbe far sì che si realizzi un’isola nell’isola in cui ci sarebbero cittadini e imprese che hanno il gas e altri che non lo hanno, sorvolando sui costi dell’infrastruttura e della sua gestione che sarebbero comunque a carico di tutti.

A tal proposito, sarebbe anche interessante capire se il costo dell’infrastruttura ricadrà in bolletta solo sui sardi, visto che al momento ARERA (Autorità di Regolazione per Energia reti e Ambiente) ha espresso parere negativo riguardo alla possibilità di far rientrare l’infrastruttura all’interno della Rete Gas Nazionale.  E altresì capire da quali fonti sono stati presi i dati sul potenziale risparmio dei sardi, visto che in mancanza di questo fondamentale presupposto, appare molto difficile ipotizzare anche solo una stima di massima che possa dirsi sensata e significativa.

Parlare di reti ed energia del futuro promuovendo una dorsale del gas, per altro parziale, come sistema di transizione, nel 2020, appare quantomeno singolare, visto che oggi tutto il mondo sta convenendo verso fonti di approvvigionamento energetico diversificate e reti urbane e cittadine (smart grid) favorendo e incentivando così la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Sembra quindi che si faccia un’opera parziale e “faraonica” per alimentare non si sa bene chi e cosa e con quali costi, lasciando ai posteri di capire come fare a smantellarla, ripristinando lo stato originario dei luoghi, una volta che avrà assolto al suo compito.

Qualcuno, giustamente, propone di rendere la rete non più “transitoria”, ma stabile, al fine di poterla riutilizzare con l’idrogeno, ma ahinoi questa tecnologia è in via di sperimentazione su piccola scala e, seppur i risultati ottenuti finora, facciano ben sperare, è ancora lontano a venire un sistema stabile e collaudato applicabile in larga scala.

Pertanto, bisognerebbe già prevedere sistemi di sicurezza e gestione, tubazioni e valvole adatte a trasportare e reggere miscele di idrogeno superiori al 5/10 % valutando tutti gli accorgimenti progettuali e realizzativi necessari.

Ci domandiamo se tutto ciò ad oggi sia stato fatto. Quanto alle industrie energivore nel Cagliaritano, Sulcis e Porto Torres, perché non potrebbero beneficiare direttamente di rigassificatori che insisterebbero su delle aree già vocate allo sviluppo industriale?

La domanda madre da porre avanti a tutte, è se sia stata redatta un’analisi costi/benefici secondo gli standard internazionali? Se sì, quali parametri sono stati utilizzati? Perché, se a fronte di un ipotetico vantaggio economico, di cui non si hanno ancora le prove, i costi ambientali, paesaggistici, sociali (dorsale per pochi) e di incertezza su tempi e costui sono, come sembra, di gran lunga superiori, forse è il caso di utilizzare la gran mole di denaro per realizzare opere maggiormente contestualizzate, rispettose dell’ambiente, della salute e del paesaggio e, soprattutto, utili a tutti i cittadini e le imprese sarde non solo per scaldarsi e accendere la luce, ma anche per produrre lavoro specializzato e stabile.

Perché allora non parlare finalmente di una rete ferroviaria veloce che metta in connessione il sud col nord della Sardegna? Quella sì che sarebbe urgente altro che “dorsale del metano”.

Lascia un commento