Superare le disparità [di Maria Antonietta Mongiu]

Quirinale

L’Unione Sarda 14 gennaio 2020. Il Commento. Ebbene sì, come ci siamo augurati, evocando spesso Constantino Kavafis, il viaggio per Itaca è e sarà lungo ma certamente “fertile in avventure e in esperienze”. E il “genere di incontri” non sono e non saranno solo con i Lestrigoni e i Ciclopi, o con la furia di Nettuno. Ma con tanto di più.

Specialmente col Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, massimo garante della Costituzione, che riceverà (l’incontro di oggi è stato aggiornato per sopraggiunti impegni del Presidente) al Quirinale, casa comune degli Italiani, una rappresentanza della Sardegna. Piccola pattuglia che testimonierà un sentimento unitario che è andato crescendo nelle rappresentanze politiche, istituzionali, sindacali, imprenditoriali, accademiche, intellettuali, del terzo settore, in eminenti esponenti della Chiesa.

Ma soprattutto gli rappresenterà il diffuso dibattito, giuridico, intellettuale, umano, diventato idem sentire in ogni famiglia della comunità regionale. Perché le condizioni della Sardegna contemporanea sono lacrime e sangue per tutti specie per i giovani, penalizzati dall’insufficiente attuazione del diritto allo studio e dall’inevaso diritto al lavoro, o per i malati spesso costretti a viaggi della speranza resi assai complicati per l’aumentata servitù nella mobilità.

La descrizione di un’azione positiva portata avanti dal Comitato per l’Insularità è la prova che élite e popolo possono operare uniti per il bene comune, e che la riattivazione della dialettica politica è condizione indispensabile per oltrepassare le disuguaglianze tra la Sardegna e il resto del mondo. Vide giusto Antonio Gramsci teorizzando che solo le pratiche di democrazia e di pari opportunità, previste successivamente dalla Costituzione, possono migliorare i destini dei singoli e delle comunità. Altrimenti si tratta di mere azioni di dominio, sia che si manifestino nelle forme eterodirette o in quelle autoprodotte che in Sardegna spesso coincidono.

Ernesto De Martino, grandissimo antropologo, le intravvide nell’isola in cui ebbe cattedra nel secondo dopoguerra, e più diffusamente in tutto il Meridione: il progresso e la “modernizzazione imitativa” fondati sul “disconoscimento” avrebbero prodotto perdita di senso e sottosviluppo. Lo ha riaffermato Pier Paolo Pasolini per l’Italia tutta. Che cosa sono sviluppismo e riduzione a merce se non disconoscimento di se, del territorio, dell’ambiente, del paesaggio quale memoria collettiva? Si tratta nei fatti di negare i principi fondamentali della Costituzione.

Sono i dati Censis, Istat, Invalsi, OCSE Pisa, Openpolis a certificare il fallimento di quei modelli. Ciò interpella i pubblici decisori della Sardegna ad assunzione di responsabilità perché si pratichi discontinuità anche rispetto a ri-costruzioni delle vicende autonomistiche ingenuamente mitopoietiche.

Ecco perché con la consapevolezza di un percorso di autocoscienza che come Comitato abbiamo definito “pedagogia sociale e civile”, e che è in corso, andremo dal Presidente della Repubblica a chiedere più Costituzione in Sardegna per tutti quegli articoli che risultano inevasi o poco agiti. Per tabulas pongono i Sardi e le Sarde in un’oggettiva condizione di disparità.

Il percorso per il reinserimento dell’insularità in Costituzione non è una liturgia per giuristi o benaltristi. In un momento di crisi delle rappresentanze e dei corpi sociali intermedi, lo abbiamo inteso come un processo di formazione per oltrepassare paradigmi o consunte retoriche nel rapporto Stato-Regione. Ogni processo di formazione infatti si definisce per linguaggi e pratiche mai neutri. 

“Rivendicazione”, lemma abusato anche nel recente passato, è inadeguato a definire l’ambizione della posta in gioco ovvero la modifica della Carta Costituzionale, riformata proprio sul principio di Insularità senza che i decisori politici della Sardegna di allora ne percepissero la gravità.

La prospettiva che tracciamo ribalta stigmi e autostigmi perché essere isola al centro del Mediterraneo è punto di forza se si hanno pari opportunità col cittadino europeo che vive ad Amburgo, Parigi, o Bergamo. Il cittadino europeo residente in Sardegna non le ha, ed in più rischia il pericoloso territorio della marginalità e del rivendicazionismo che è delle classi dirigenti coloniali.

 Ed allora le parole chiave siano reciprocità, interdipendenza, coesione. Per abitarle compiutamente la nostra azione sia ancor di più collettiva, propositiva, e conforme a quanti nella Sardegna post bellica ebbero il coraggio di superare divisioni mettendo insieme quanto di meglio per ricostruire. Emilio Lussu, Luigi Crespellani, Renzo Laconi, Velio Spano e tanti altri, uomini e donne che fecero della Sardegna la loro ragione di vita. Poter riferire al Presidente della Repubblica è una tappa del viaggio di “ciò che Itaca vuole significare”.

 

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