Il termodinamico di San Quirico: una questione di rispetto delle scelte pianificatorie degli EE.LL., di tutela del paesaggio e del diritto alla salute dei cittadini [di Comitato per la salute e la qualità della vita San Quirico – Tiria]

Termodinamico

Al di là dei pur importanti aspetti oggetto della sentenza del T.A.R. Sardegna e delle inchieste penali (che faranno il loro corso). Al di là della scandalosa delibera del direttore generale della A.S.L. di Oristano, Mariano Meloni, con la quale si concede in diritto di superficie alla società San Quirico Solar Power di Bolzano 1,5 ettari di terreno stabilendo di incassare appena 750 euro all’anno (per trent’anni) in luogo dei 3.000 euro all’anno (per trent’anni) offerti dalla ditta bolzanina (cioè il direttore generale, motu proprio, ha previsto per la società altoatesina un inspiegabile abbuono di ben 67.500 euro!), è forse bene ribadire che la questione dell’impianto solare termodinamico con centrale a biomassa di San Quirico è prima di tutto una questione che attiene al governo del territorio, al diritto delle comunità locali – attraverso i Consigli comunali – a decidere su scelte importanti che incidono sul governo del territorio, alla giusta anteposizione di valori primari costituzionalmente protetti quali il diritto alla salute dei cittadini, il rispetto dell’ambiente e del paesaggio, al diritto di un’impresa privata di proporre intraprese speculative e di fare utili in distonia con la vocazione del territorio e compromettendo peraltro le attività economiche in esso già presenti.

Più semplicemente, non si costruisce un impianto industriale sottoposto alle Direttive Seveso per via del rischio di incidente rilevante e dove si dovrebbero bruciare ben 75 tonnellate di legna al giorno in un’area agricola, interclusa nella storica borgata ex E.T.F.A.S. di San Quirico, ad appena 500 metri dalle prime civili abitazioni, da un agriturismo, da un agrimacelleria, da aziende agro-zootecniche che producono in biologico e secondo i disciplinari IGP, a ridosso di un bosco di 264 ettari sottoposto a plurima vincolistica paesaggistica, a due km dalla borgata ex E.T.F.A.S. di Tiria (dove – per la maggior parte dell’anno – confluirebbero i fumi della mega centrale a biomassa!), a tre chilometri e mezzo da Palmas Arborea e dall’area SIC protetta di Pauli Majori. Gli impianti industriali si costruiscono nelle aree industriali. Parrebbe ragionevole, no?

Nel caso dell’impianto di San Quirico non è in discussione, né lo è mai stata, la necessità di sviluppare degli impianti che producano energia elettrica da F.E.R.: è quella, infatti, la strada imprescindibile, se si vuole dare un contributo concreto alla decarbonizzazione dell’isola.

Quella che è sempre stata contestata, invece, è l’inopportuna scelta ubicativa per l’impianto, cioè il fatto che un impianto industriale di quel genere non sia stato proposto in un’area industriale o già compromessa (aree che, in Sardegna, purtroppo abbondano!), bensì in una ridente zona agricola e per di più nel bel mezzo di due insediamenti urbani diffusi, quali sono le borgate di San Quirico e Tiria, dove abitano 700-800 persone.

Ed è sempre stata contestata la scelta di amministratori miopi, come l’ex sindaco di Oristano Guido Tendas e il suo piccolo entourage, che hanno anteposto – in dispregio anche delle opportune scelte del loro stesso Consiglio comunale – l’interesse (legittimo!) di una società bolzanina a fare utili attraverso un’operazione meramente speculativa agli interessi (sacrosanti, oltre che legittimi!) dei loro cittadini, che chiedevano agli amministratori di non avallare quella improvvida e sconsiderata proposta. Un sindaco, di norma, dà corso al mandato conferitogli dal suo Consiglio comunale.

Un sindaco, un’amministrazione comunale, di norma, curano e difendono gli interessi e il diritto alla salute dei loro amministrati, non quelli di una società che, per produrre appena 10,8 MW elettrici fatturando mediamente 15 milioni di euro l’anno, intendeva occupare 77 ettari di ottimo terreno agricolo, determinando peraltro una svalutazione di ben 24 abitazioni e Comitato per la salute e la qualità della vita San Quirico – Tiria aziende esistenti in un raggio di 1 km dall’impianto in un range compreso tra il 18 e il 9 per cento annui.

Ecco, il sindaco Guido Tendas e il suo modesto (in tutti i sensi!) entourage non hanno saputo (voluto?) cogliere il senso dell’appello che rivolgevano loro cittadini, partiti politici, sindacati, associazioni di categoria, associazioni ambientaliste, associazioni che operano a tutela dei consumatori, il loro stesso Consiglio comunale, decine di comitati, altri sindaci e altre amministrazioni comunali.

Ben altro approccio al problema e ben altra sensibilità, invece, hanno mostrato gli attuali sindaci di Oristano e Palmas Arborea, Andrea Lutzu e Andrea Pisu Massa, e le amministrazioni da loro guidate, che hanno agito con grande lungimiranza e, soprattutto, nel rispetto dei loro amministrati.

A loro in particolare, e a tutti quanti (partiti politici, sindacati, associazioni, altre amministrazioni comunali, comitati vari, semplici cittadini, etc.) hanno condiviso l’impegno civile e democratico del Comitato per la salute e la qualità della vita di San Quirico e Tiria volto a scongiurare questa ennesima aggressione al paesaggio agrario della Sardegna, va il nostro più sentito ringraziamento.

Guido Tendas e i pochi che, più che altro in modo subdolo, sedendo fra i banchi del precedente Consiglio regionale e della precedente Giunta regionale, hanno ostinatamente sponsorizzato la scellerata iniziativa, arrivando addirittura a concepire e a far approvare una norma di legge ad hoc per superare l’insormontabile ostacolo rappresentato dal NO secco più volte espresso dal Consiglio comunale di Oristano, si vergognino e chiedano umilmente scusa agli abitanti di San Quirico, di Tiria e agli Oristanesi tutti.

È il minimo che possano fare! E che serbino nel loro intimo le vere ragioni che li hanno portati a sostenere accanitamente, in tutti i modi e in tutte le sedi, un progetto oltraggioso per quel paesaggio agrario e per i suoi abitanti.

Infine, un invito all’attuale Giunta regionale: la sentenza del TAR Sardegna che boccia l’iniziativa bolzanina recita testualmente: “Cadono quindi le argomentazioni svolte dalla difesa della ricorrente che vanno a scontrarsi con un presupposto di fatto insuperabile: manca la disponibilità del suolo”.

Ma la disponibilità delle aree era un presupposto indefettibile non solo per il rilascio dell’Autorizzazione unica, ma anche ai fini dell’ottenimento della V.I.A. Non sarebbe forse il caso di revocare in autotutela le deliberazioni della Giunta regionale n. 63-51 del 25 novembre 2016 e n. 52-24 del 22 novembre 2017, con le quali il precedente Esecutivo ha espresso un giudizio positivo sulla compatibilità ambientale dell’intervento? Sarebbe un ulteriore atto di giustizia, volto a ripristinare la legalità e il rispetto delle norme.

Un atto dovuto alle centinaia di cittadini che, per sei lunghi anni, si sono battuti civilmente per far sentire le loro ragioni, per tutelare il loro paesaggio, la loro salute e i loro legittimi interessi, nonché alla memoria di quanti, purtroppo, in questi anni ci hanno lasciato e non hanno potuto leggere le belle pagine della sentenza dei giudici del T.A.R. Sardegna.

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