Draghi: stiamo affrontando una guerra e dobbiamo smobilizzare di conseguenza [di Mario Draghi]

Foto LaPresse - Pietro Masini Firenze 11/05/2018 cronaca Palazzo Vecchio, The State of the Union. Nella foto Mario Draghi Photo LaPresse - Pietro Masini Florence 05/11/2018 news Palazzo Vecchio, The State of the Union.

Financial Times 25 marzo 2020. Titolo originale: Draghi: we face a war against coronavirus and must mobilise accordingly. [Traduzione per www.SardegnaSoprattutto.com Giovanni Cocco Ortu]

I livelli più elevati di debito pubblico diventeranno un aspetto economico e saranno accompagnati da una cancellazione del debito privato. “Questo articolo è parte di una serie nella quale i leader del mondo e i player a livello globale danno le loro opinioni su come alleviare il rallentamento dell’economia globale. L’autore è l’ex presidente della Banca Centrale Europea.”

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La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Moltissimi oggi vivono temendo per le loro vite o sono in lutto per i loro cari. Le azioni che sono state adottate dai governi per evitare che i nostri sistemi sanitari venissero travolti dallo tsunami sono state coraggiose e necessarie. Devono quindi essere supportate.

Tuttavia queste azioni portano con sé un inevitabile costo economico. Mentre molti si confrontano con la morte, moltissimi altri fronteggiano una perdita dei loro mezzi di sostentamento. Giorno dopo giorno le notizie sull’economia peggiorano. Le società si stanno confrontando con perdite di guadagno trasversali a tutta l’economia. Alcune si stanno già ridimensionando e licenziando dipendenti. Una forte recessione è inevitabile.

La sfida che dobbiamo affrontare è capire come agire con sufficiente forza e rapidità per evitare che la recessione diventi, invece, una depressione prolungata, resa più profonda da una pletora di fallimenti che lasceranno degli strascichi irreversibili. Allo stesso tempo è evidente che la risposta debba inevitabilmente prevedere un aumento significativo del debito pubblico.

Il fatto che il settore privato stia sperimentando perdite ingenti – e dei mutui contratti per sopperire alla differenza – comporta che il governo alla fine dovrà riassorbire queste perdite, in tutto o in parte, mediante il bilancio dello stato. I livelli elevati di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione dei debiti privati.

Il ruolo fondamentale dello stato risiede nell’utilizzo del proprio bilancio per proteggere i propri cittadini e la propria economia contro gli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire autonomamente. Storicamente gli stati si sono sempre comportati in questa maniera di fronte alle emergenze nazionali.

Le guerre – che costituiscono il precedente più rilevante – sono state finanziate con debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e in Germania tra il 6 e il 15% delle spese di guerra in termini reali venne finanziata dalle tasse. In Austria-Ungheria, Russia e Francia, nessuno dei costi a oltranza della guerra venne prelevato dalle tasse. Dappertutto la base fiscale venne erosa dalle devastazioni belliche e dalla leva militare. Ora invece sono l’angoscia e la chiusura di tutte le attività non essenziali a incidere.

La questione fondamentale non è se, ma come lo stato debba utilizzare la spesa pubblica fruttuosamente. La priorità non potrà essere solo quella di garantire un reddito di base a chi ha perso il lavoro. Dobbiamo in primo luogo evitare che il posto di lavoro venga perso. Se non lo faremo, riemergeremo dalla crisi con occupazione e capacità produttiva permanentemente ridotte, con famiglie e società costrette a far quadrare i conti e impegnate a ripristinare le loro fonti di reddito.

Occupazione, sussidi di disoccupazione e le proroghe dei termini delle tasse sono stati passi importanti adottati già da molti governi. Tuttavia per proteggere l’occupazione e la capacità produttiva in un periodo di forti perdite è necessaria un’immediata iniezione di liquidità. È essenziale per tutte le attività affinché riescano a coprire tutte le spese fronteggiate durante la crisi, dalla grande multinazionale, passando per la piccola media impresa fino agli imprenditori autonomi. Diversi governi hanno già introdotto le misure dovute per incanalare liquidità nelle imprese in difficoltà. È necessario tuttavia un approccio sistematico.

Da una parte diversi paesi europei hanno strutture finanziarie e industriali instabili, l’unica modalità effettiva per raggiungere immediatamente ogni crepa dell’economia è quella di smobilizzare tutti i loro sistemi finanziari: il mercato obbligazionario, soprattutto per le spa di ampie dimensioni e le banche e, in alcuni paesi, anche i titoli postali per tutti i privati comuni. Tutto questo deve essere fatto immediatamente, evitando le lungaggini burocratiche. Le banche in particolare si estendono su tutta l’economia e possono creare moneta istantaneamente consentendo gli scoperti oppure aprendo linee di credito.

Le banche devono concedere prestiti a costo zero immediatamente a tutte quelle imprese pronte a salvare posti di lavoro. Di conseguenza, visto che in questo modo le banche si fanno strumento di raggiungimento di obiettivi pubblici, il capitale di cui avranno bisogno per realizzare questo compito dovrà essere fornito con fideiussioni garantite dallo stato su ogni eventuale scoperto o prestito.

Nessuna regolamentazione o regola collaterale possono ostacolare le banche nella creazione degli spazi di bilancio necessari a questo scopo. Ancora, il costo di queste fideiussioni non si dovrà basare sul rischio di insolvenza dell’impresa che le riceve, ma dovrà essere a zero, senza alcun riguardo al costo di finanziamento del governo che le emette.

Le imprese, comunque, non ricorreranno alle iniezioni di liquidità solamente perché il costo del denaro sarà basso. In alcuni casi, come ad esempio le attività con ordini in arretrato, le perdite potranno essere recuperate e di conseguenza avranno la possibilità di adempiere ai loro debiti. Tuttavia in altri settori questo potrebbe non verificarsi.

Certe imprese infatti potrebbero ancora essere in grado di assorbire questa crisi nel breve periodo facendo più debito per poter evitare i licenziamenti, rischiando però di compromettere la loro capacità di reinvestire nel futuro prossimo. E, qualora il diffondersi del virus e i conseguenti lockdown dovessero continuare, potrebbero realisticamente rimanere sul mercato soltanto se il debito contratto per mantenere i posti di lavoro alla fine venisse cancellato.

Dall’altra i governi possono compensare le spese ai mutuatari, o quei mutuatari falliranno e la fideiussione verrà resa valida dai governi stessi. Se il rischio morale può essere contenuto, il primo è migliore per l’economia. La seconda strada è probabilmente quella meno costosa. In entrambi i casi saranno gli stati a dover assorbire una parte consistente delle perdite di guadagno causate dallo shutdown, se lavoro e capacità produttiva devono essere tutelate.

I livelli di debito pubblico si alzeranno. Ma l’alternativa – una distruzione permanente della capacità produttiva e di conseguenza della base contributiva – potrebbe essere molto più dannosa per l’economia e sulla conseguente capacità dei governi di fare debito. Dobbiamo anche tenere in considerazione che dati i presenti e probabilmente futuri livelli dei tassi di interesse, un incremento del debito pubblico non si aggiungerà ai suoi costi di servizio obbligatori.

Per alcuni aspetti, l’Europa è ben equipaggiata per occuparsi di questo shock straordinario. La sua struttura finanziaria granulare la mette nelle condizioni di poter incanalare finanziamenti in ogni parte dell’economia che li necessiti. Ha un settore pubblico forte che le permette di poter coordinare una risposta politica rapida. La velocità è necessaria per ottenere effettività.

Messi alla prova da circostanze imprevedibili, un cambio di mentalità in questa crisi è necessario tanto quanto lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo vivendo non è ciclico. Le perdite di guadagno non sono colpa di nessuno che le stia soffrendo. Il prezzo dell’esitazione quindi potrebbe essere irreversibile. La memoria degli europei sofferenti degli anni ’20 è un ammonimento sufficiente.

La velocità con la quale si stanno deteriorando i bilanci privati – causata dall’inevitabile e desiderabile blocco dell’economia – deve essere eguagliata dall’altrettanto rapido dispiegamento degli strumenti finanziari degli stati, dalla smobilizzazione delle banche, e, come Europei, dal sostegno reciproco nel perseguimento di  quello che è evidentemente un obiettivo comune.

One Comment

  1. Mario Pudhu

    … ma proite, innantis, no fit totu sa ‘economia’ chi contat sempre in gherra?!
    Si faghent sos contos de sos mortos de coronavirus e mai de sos mortos de fàmine, de sos mortos bombardados, de sos mortos disocupados, de sos mortos frundhidos che arga inútile, de sos emigrados fuidos falados a fundhu in carchi mare o ‘fortunados’ pedindhe s’alimúsina, de sos mortos incidentados!
    O at a èssere neghe de un’àteru coronavirus chi noche at manigadu cherbedhos, cusséntzia, intelizéntzia e umanidade che a donzi ‘filosofia’ de gherra?

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