Miseria e nobiltà di una strada [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 20 agosto 2020. La città in Pillole. Ettore Pais, accademico dei Lincei e storico del mondo antico, autore di un’insuperata Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, edita in due volumi a Roma nel 1923, scavò profondamente in un archetipo del diritto romano costituito dalle Leggi delle XII tavole.

La prima redazione della metà del V secolo a.C. delle duodecim tabulae riportava, secondo lo storico sardo, norme in gran parte consuetudinarie da secoli. La versione scritta che le rendeva definitive e pubbliche, malgrado il diffuso analfabetismo, fu gesto simbolico e sacrale ma soprattutto pattizio tra le diverse componenti della città.

Non a caso garante della redazione e dell’attuazione, a nome della comunità, fu un comitato di decemviri (dieci uomini), giacchè quelle norme avrebbero inerito nella vita pubblica e privata di tutti i cittadini.

A quel primo nucleo, nel corso del millenario periodo romano, si aggiunsero molte altre norme che, attraversando secoli e millenni, hanno innervato le legislazioni del mondo conosciuto.  Fondano ogni convivenza specie per il principio, presente anche nella nostra Carta, che le regole sono uguali per tutti, che nessuno è al di sopra, che le istituzioni sono a garanzia del loro rispetto.

Da allora la stessa dicitura per tabulas è, persino per chi ne ignora l’origine, sinonimo di legittimità. Per i romani quell’antichissimo testo assunse un valore mitologico a significare la tutela della civitas e della res publica contro l’arbitrio. Mediava gli interessi privati a favore di quelli comuni specie nei contesti urbani dove forte era la tentazione di privatizzare spazi pubblici.

Questo preambolo perché il destino di quegli cagliaritani, vie e piazze, interroga non poco. La foto dei bambini che giocano a pallone nel Corso, per giustificare la chiusura di un lungo tratto ai veicoli privati e pubblici, oggi si configura oleografica quanto fuorviante.

Si ignorò storia dei luoghi e la destinazione a strada portante della città, certa dal XIII secolo dopo la messa in opera del San Francesco di Stampace e la nascita del Borg nou de Sant Francesc, confermata dalla messa in opera della Strada Reale negli anni 20 dell’Ottocento che principia nel Corso.

Nel recente rifacimento della pavimentazione si coglieva, oltre all’inspiegabile omologazione con quella degli altri quartieri storici, l’ambiguità sul destino della via,  comunque palesemente non pedonale. Sperimentazione si disse.

Allo scempio paesaggistico e urbanistico si sommano oggi problemi sanitari e di ordine pubblico. Quando le istituzioni faranno chiarezza sulla funzione della defunta Strada Reale e sulla loro?

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