Un dibattito pubblico sull’Anfiteatro [di Maria Antonietta Mongiu]

anfiteatro

L’Unione Sarda 8 ottobre 2020. La città in pillole. Capita spesso di citare J. L. Borges, immenso poeta argentino, che J. M. Bergoglio, ventottenne professore al Collegio di Santa Fe in Argentina, invitò nel 1965 al corso di Scrittura creativa per parlare di letteratura gauchesca. L’episodio spiega forse i percorsi frequentati da cui trae ispirazione per i campi più secolari, come nella Laudato si’, che abitano le politiche della contemporaneità.

Il gesuita mentre, nei margini estremi del mondo, praticava, nell’interdipendenza tra maestro e allievo, un’intensa didattica partecipata col trasferimento di competenze costruiva futuro, attraverso il passato, oltre i confini dello spazio ristretto delle singole esistenze.

Il passato? Un territorio condiviso e medium risolutivo. C’era qualcosa di più pedagogico e potente del melting pot della cultura dei gauchos ormai stratificata? Riguardava sconfinate geografie da cui provenivano gli allievi che lui riconosceva protagonisti e tutt’altro che dimidiati o folkloristici.

Ecco perché il coinvolgimento di un poeta che aveva sdoganato quella cultura residuale è esemplare della consapevolezza nel giovane professore che il paesaggio non è, riduttivamente, un ambito ambientalistico ma è patrimonio culturale condiviso da non disconoscere pena il disconoscimento di chi lo ha prodotto.

Ogni paesaggio è da scoprire, ascoltare, rispettare come con gli allievi. Giustificata allora la dedizione alla frase di Borges: gli atti sono il nostro simbolo. La parola, dal greco symballo, significa: mettere insieme.

Ecco perché gli atti non sono chiacchiericci, come capita talvolta ai decisori politici quando parlano di paesaggio, ma pratiche dello stare insieme come dice l’art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio: “per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”, calco della Convenzione europea del paesaggio (Firenze, ottobre 2000).

La Convenzione è contemporanea della decisione degli amministratori di Cagliari e degli organismi preposti alla tutela di lignificare l’Anfiteatro. I gravi danni, frutto del disprezzo del monumento e della memoria collettiva, sono sotto gli occhi. Riparlare oggi del suo restauro o di altri manufatti, simbolo della comunità, non può più essere una partita da lavori pubblici ma parte fondante della democrazia e del dibattito pubblico.

Sarebbe finalmente ora!

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