I falsi feticci e la sacralità dei luoghi [di Maria Antonietta Mongiu]

assiso

L’Unione sarda 24 dicembre 2020. La città in pillole. C’ è qualcosa di insopportabile nel mantra che ha invaso i media: a Natale non si potrà andare al ristorante, al bar, nei centri commerciali, e neanche in chiesa all’ora che a ciascuno garba. Opzioni senza distinguo e gerarchie. Una cosa vale l’altra, a riprova che il sacro è scaduto nel desacralizzante e nel reificante. Si chiama consumismo e riguarda qualsiasi stagione.

La domanda è se tutto ciò corrisponda allo spirito del Natale che capita nel tempo più infausto della contemporaneità, simile comunque ad altri altrettanto inauditi nella storia dell’umanità. Herbert Marcuse l’aveva previsto in L’uomo a una dimensione, già nel 1964, quando alcuni luoghi e figure spaziali non esistevano nelle geografie sarde ma neppure in quelle del resto d’Italia.

Aveva inoltre svelato che il capitalismo, pubblico e privato, crea falsi bisogni intronizzando la merce ad unico autocrate e riducendo gli individui a consumatori seriali, complici pubblicità e media. Inaugurò di fatto un paradigma che sarà chiamato “pensiero negativo” e che, allora, in Italia registrò pochi seguaci, assai stravaganti, eretici o quantomeno eterodossi. Tutti con solidissime basi cattoliche.

I campi in cui primeggiarono contro la mercificazione consumistica che piaceva a destra e a manca, comprese le ali estreme, sono i più vari. Tutti nel recinto della creatività che poco incide nella politica. Qualche esempio? Don Milani con La lettera a una professoressa, pubblicata nel 1967 dopo la sua morte, in cui l’esperienza di Barbiana scardina il sistema autoritario e patriarcale della scuola e della società italiane.

Liliana Cavani col resiliente e anticonformista Francesco d’Assisi, diretto per la RAI nel 1966, diventato film nel 1972 con la bella faccia di Lou Castel. Pier Paolo Pasolini col Vangelo secondo Matteo, girato nel 1964 a Matera, superba Gerusalemme rupestre, che tutti, tranne Olivetti volevano abbattere, con giovani intellettuali a prestare il volto ai personaggi del Vangelo.

Un esempio da imitare nel metodo perché anche da quella resistenza intellettuale, pacifica, popolare deriva un possibile sguardo progettuale su quanto accade.

La risposta ai feticci è prendere atto, credenti e non, che la vicenda di Cristo è altro da lustrini e centri commerciali. Non solo a Natale. E’ rivoluzionaria. La scopriamo anche a Cagliari. Ma perché si disveli, in forme sobrie e durature, tutti si devono coinvolgere a partire dai ministri del culto, spesso ignari delle responsabilità del sacro e della storicità dei luoghi.

Lascia un commento