La Borsa o la Vita! [di Pier Giorgio Testa]

Giovani ballano in una discoteca, in una foto d'archivio. ANSA-ARCHIVIO

Questa minaccia si è trasformata in un dilemma, apparentemente difficile da risolvere, che ormai permea i dibattiti sul Covid, talmente ubiquitari e frequenti, da farci vivere in una costante sensazione di déjà vu.

Dilemma che come già visto a Taranto, sembra dover portare a soluzioni sempre dolorose, quasi non fosse inderogabile battersi costantemente in funzione della difesa della vita; eppure si deve sopportare la pressione, talora arrogante, di chi sentenzia: “Meglio morire di Covid…che di fame”, asserzione che potrebbe essere valida se la cosa riguardasse esclusivamente i suoi sostenitori.

Però chi preferisse morire di fame piuttosto che di Covid non avrà diritto d’asilo in questa diatriba, anche perché chi muore di fame non causa danni in chi non la pensa come lui e non si può dire la stessa cosa del contrario.

Un tempo nessuno avrebbe posto limiti di alcun genere alle proposte di occupazione lavorativa: eravamo in tempi di risalita dalle brutte pastoie in cui ci aveva gettato la guerra e la preoccupazione per i danni ambientali e la successiva, inderogabile ricaduta sulla salute, veniva vissuto come un’ubbia di pochi radical-chic; infatti lo slogan di allora era: “non esistono prove scientifiche che l’inquinamento ambientale favorisca il cancro”.

E’ evidente che continuare a ragionare in questi termini porta a pericolose radicalizzazioni, che sono frutto di semplificazioni e banalità evidenti: i più autorevoli Docenti di Epidemiologia, di Infettivologia o di Microbiologia e Statistica ritengono le chiusure utili per impedire le incongrue aggregazioni, fonte di contagi; poi arriva “IO APRO!” che dichiara  che i ministri della Repubblica siano degli incompetenti e subito dopo il seguito dei politici, improvvisati paladini di categorie professionali, un tempo ignorate: vorranno, forse il loro voto?

Oggi, fortunatamente, le cose sono cambiate: una platea sempre più grande si attiva in difesa della propria salute e questa novità sta creando gravi preoccupazioni nei nostri politici, sempre attenti a catturare gli umori di tutti e a cavalcarli, per paura di perdere consensi: per fortuna alcuni di noi continuano ad essere affezionati all’idea di una politica in grado di produrre e proporre le proprie idee e che non crede che l’unica strada dell’uomo sia il business.

Sarà per questo che sentirsi da qualche ristoratore, sempre dichiaratosi  comunista o cattolico, dire “oggi mi sento tutelato dalla Lega” potrebbe rappresentare un brutto fenomeno involutivo.

Forse se avessimo tenuto conto che il Covid è una realtà, pur talora negata o minimizzata e fossimo partiti da questa precisa informazione, non avremmo creato le ridicole divisioni degli ideali politici tra “aperturisti” e “rigoristi” e non avremmo assistito agli assalti al “Palazzo d’Inverno”, che hanno costretto a difendersi ministri e Presidenti del Consiglio, in atteggiamento da barricati appunto nel Palazzo Chigi, sperando di passare ‘a nuttata

Certo qualche responsabilità nel non risolvere i disagi può essere attribuita al Governo, che in molte occasioni è apparso camminare “a vista”, ma la novità di questa situazione non sembrava consentire programmazioni di lungo respiro e, quindi, non sembra potersi fare altro se non procedere con soluzioni quotidianamente suggerite dall’andamento della Pandemia.

Neanche l’accusa al Governo di non aver aggiornato i protocolli d’intervento per le epidemie, che doveva essere già realizzato dal 2006, appare valida.

Meno motivata appare la pretesa che paghino le tasse coloro che non hanno potuto lavorare, a causa proprio delle restrizioni imposte contro il virus e, se fossero vere le cifre citate da alcuni imprenditori, risulta poco dignitosa l’entità dei rimborsi offerti agli operatori e neanche a tutti.

D’altra parte, però, non posso non ricordare, con un sorriso, quella signora della “Costa” che in un TG3 Sardegna del Maggio 2020 protestava contro le chiusure della prima ondata, sostenendo che l’anno precedente, già all’inizio di Maggio il suo albergo aveva, quasi, il tutto esaurito, smentendo il Leit-Motiv degli operatori turistici sardi che suona così: “Lavoriamo bene 15 giorni prima e 10 giorni dopo Ferragosto”.

Mettiamoci d’accordo, così eviteremo di contrapporre, in modo del tutto errato, la borsa e la vita, quest’ultima dovendo stare su un piano ben più elevato.

 

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