Natalità e identità culturale in Italia e in Europa [di Pier Giorgio Testa]

diversità

Si alzano grida di dolore quando vengono riconfermate le tendenze europee che evidenziano tassi di natalità costantemente in calo, ma la risposta è sempre una ed una sola e presenta soluzioni identiche: “si devono sostenere le famiglie…” come? in un solo modo: un assegno!

Perché nessuno può credere che esistano altri fattori, anche più importanti di quello economico?

A rinforzare questa tesi nel suo articolo sul Corriere di sabato 15 Maggio 2021 Federico Fubini sostiene “Oltre 1 milione di abitanti in meno creano problemi strutturali: equivalgono all’uno per cento di prodotto interno lordo in meno ogni anno: meno consumi, minore fatturato delle imprese. Meno investimenti….meno gettito fiscale, meno capacità di sostegno al welfare.”

Appare la solita spirale automantenentesi, se non ci fosse il 2° principio della termodinamica: se non c’è un assegno alla famiglia che, così, potrà fare figli, come si potrà avere l’assegno alla famiglia?

Miei nonni fecero otto figli tra il 1910 e il 1930, lavoravano, andavano al cinema e al teatro lirico, non si erano candidati ad ottenere l’assegno per la campagna demografica (strano che Mussolini sembri riabilitato in questo momento), vivevano con pochi mezzi in una Sardegna povera. Anche senza assegni avevano cresciuto i figli, con tutti i sacrifici che comportavano, soprattutto quando tre di essi si ammalarono di TBC.

Sempre Fubini osserva, a ragione, come l’Italia affamata e distrutta del 1946 faceva più figli della consorella sconfitta e ancor più distrutta Germania e della ex nemica Francia , invece vittoriosa.

La differenza di comportamenti tra Nazioni contendenti la guerra, andate incontro a destini diversi potrebbero essere utilizzati come indici per validare o per smentire l’ipotesi economica sulla voglia di non fare più figli?

Condizioni economiche delle Nazioni con indici elevati di natalitè in Europa :

Romania            PIL      pro capite        12.919,53 $ (’19)        I. Natalità = 1,7

Danimarca        Pil       pro capite         60.170,34 $  (’19)      I. Natalità = 1,7

Rep. Ceca          PIL      pro capite         23.494 60 $  (’19)      I. Natalità = 1,7

Irlanda               PIL     pro capite         78.660,96  $  (’19)      I. Natalità = 1,7

Francia              PIL      pro capite         40.493,93  $  (’19)      I. Natalità = 1,9

Svezia                PIL       pro capite        51.615,02  $  (’19)      I. Natalità = 1,7

Allo stesso modo si comportano le Nazioni, ultime come Natalità:

Italia                  PIL       pro capite         33.228,24  $ (’19)       I. Natalità = 1,2

Grecia                PIL       pro capite        19.582, 54 $  (’19)      I. Natalità = 1,3

Spagna              PIL       pro capite         29.600,38 $  (’19)      I. Natalità = 1,2

Romania e Repubblica Ceca risultano più povere di Spagna e Grecia, ma gli indici di Natalità sono più alti e tutto ciò sembrerebbe non accreditare ipotesi economiciste per spiegare lo scarso impegno di molte Nazioni in questo versante.

E qui non è improbabile che sia proprio la perdita di un valore essenziale, quale l’identità culturale ad avere un ruolo fondante sull’origine di tale problema. L’identità messa in rapporto con la cultura crea rilevanti criticità nella cultura contemporanea, soprattutto a causa dei processi di omologazione e di individualizzazione, che riguardano in particolar modo gli adolescenti e i giovani, eventi critici che portano all’ansia e alla depressione.

Identità in questo caso non significa solamente riconoscersi nel Tricolore o nelle sfilate delle armate del 2 giugno o nell’Inno nazionale delle partite, ma come si sa, nasce dalla condivisione di valori presenti nelle strutture fondanti le nazioni, quali la lingua l’arte, la scuola, le tradizioni, la storia, i costumi, la morale sociale, la religione.

E’ possibile trovare negli italiani e nei giovani italiani, immersi come sono in messaggi contradditori, la forza che invece potrebbe conseguire dall’essersi appropriati di tali categorie? Pensiamo a costumi morali: perché le ragazze dovrebbero desiderare un figlio, frutto di un incontro importante, se sono state cresciute con le raccomandazioni di molte madri a usare la pillola o i profilattici, già fin dalle prime uscite in discoteca, con l’implicito invito ad accettare incontri, impropri data l’età, disimpegnandosi difronte al rischio di gravidanze?

Con quali consapevolezze di se stessi può crescere un adolescente se impara a capire che è possibile avere un lavoro grazie a conoscenze politiche, senza che avvenga una cernita attitudinale o culturale? Perché l’abitudine al “consumo” di casa in tutte le famiglie e accolte dagli adolescenti dovrebbe improvvisamente fermarsi di fronte al consumo del territorio?

Perché essere educati a condannare la pena di morte, se la nazione proposta dai Media come quella più democratica, gli Usa, continuano a praticarla con estrema disinvoltura? Perché essere educati all’accoglienza di richiedenti pane, quando nazioni proposte sempre come faro della civiltà, quindi ancora USA, ma anche Inghilterra, Australia, Israele, non esitano a sparare verso chi si avvicina ai loro confini?  E ancora come fanno ex comunisti e Cattolici confluiti in un solo il partito, il PD, ad accettare le teorie neoliberiste, le più acerrime nemiche delle garanzie dei lavoratori?

Perché un adolescente dovrebbe amare la lingua italiana, come qualche insegnante si sforza di fare, quando vengono proposti continuamente autori sconosciuti, indegni di confronto con Manzoni, Pirandello o Svevo, ma che saranno il business letterario dell’anno e per questo vincono in anticipo il Nobel della letteratura, provenendo sempre dalle stesse nazioni dominanti?

Interferenze di varia natura sembrano capaci di creare enorme confusione e di impedire l’importante fenomeno della proiezione identificativa, utile alla conoscenza di sé e alla risoluzione di dubbi e paure perché così appaiono questi giovani, sempre insicuri e per i quali le prospettive più ambite sono denari, comodità, disimpegno, grazie alle quali diventare bravi agenti del consumismo.

L’Italia è uno dei paesi fanalino di coda per la natalità, in compagnia di Spagna, Grecia, Malta, Cipro e Lussemburgo. Malta, addirittura, al 1,14 nel 2019. E si vede come proprio queste nazioni stiano vivendo un’enorme crisi d’identità culturale, accomunate come sembrano, dal subire pressioni omologanti, e private delle proprie peculiarità a vantaggio di un consumismo globale, ritenuto proficuo per la crescita, ma di chi?

One Comment

  1. Mario Pudhu

    … P. G. Testa at nau ca is mannus nostus faiant fillus «con tutti i sacrifici che comportavano»?
    Ma dio e tutti gli dei e tutti i governi ce ne scampino e liberino!!!
    Su «consumo» depet èssere globale totale ossessivo frenetico e si fait fintzas orgiastico e s’istrada… totu in calada, che po andai a s’inferru (chentza fillus, e is chi arrennescint a nasci chi si arrangint), ma su paradisu depit èssi in terra (in su Pianeta o própriu in terra) chentza pentzai a is sempri mortus de fàmini e de disisperu e si calincunu cambiamentu “climàticu” macu… no si ponit a fai machioris… Si calincunu fillu “progetaus” (a parti chi po s’ispassiai no serbint is fillus) depit nasci possibilmenti – ca gei fait fintzas a “aggiornare” su patrimóniu genéticu – cun su “smart” in manu (candu un’ómini e una fémina ant fatu s’acucada de si cojai cun is comodidadis a “di tutto e di più” comenti narat totu dellúbbiu universali de sa pubblicicadadi.
    Su narri ca fintzas cun d-unu ideali de benistai ma modestu, limitau a cherpu de is machioris, depeus cumprendi chi no si podeus ammuntonai cun dexinas de milliardus de personas in custu Pianeta chi s’at a allagai puru sempri de prus, e ca si Deus, e fintzas chentza cussu, s’at nau “crescete e moltiplicatevi” gei s’at donau su “moltiplicando” ma no at nau nudha de su “moltiplicadori”, si portaus ciorbedhu e si no est chi no nci cumprendeus una cibudha ca… Deus puru… ma càstia!, dh’at nau in italianu…

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