Que viva España [di Goffredo Fofi]

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https://www.internazionale.it/Juan Benet (1927-1993) ha scritto un saggio-memoria sulla guerra civile (suo padre fu fucilato dai repubblicani quando lui aveva nove anni) che forse andrebbe tradotto. Punto di riferimento per molti (per esempio Javier Marías, di cui Einaudi ci ha dato di recente Tutti i racconti) si è inventato una primaria Spagna che ha chiamato Región in un romanzo del 1965, Ritornerai a Región (Amos edizioni), dov’è ambientato anche L’aria di un crimine, che ha la struttura di un giallo (le prime righe: “Un mattino di bronzo nella piazza di Bicentellas comparve il cadavere di un uomo”, uno sconosciuto).

Maestro del dialogo, Benet lo era anche nel creare suspense e nel seminare inquietudine, la stessa che egli provava di fronte alla presenza del male nella vita di tutti, e nella natura, nella storia, in ogni società. Romanzo-inchiesta che mescola con grande sapienza il visibile e il nascosto, tradotto dall’ottimo Jaime Riera Rehren e con una densa prefazione di Elide Pittarello, dà al lettore l’occasione di scoprire Benet.

Poi c’è Camilo José Cela, premio Nobel nel 1959, con La famiglia di Pascual Duarte, del 1942, storia di crimine e miseria, curato da Salvatore Battaglia. Il miglior romanzo del periodo franchista insieme al bellissimo Tempo di silenzio di Martín Santos, pre-basagliano e da riscoprire. Insomma: “¡Que viva España!”.

*Juan Benet, L’aria di un crimine, Einaudi, 226 pagine, 19 euro

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