I “nonluoghi” dell’isola maltrattata [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 1° luglio 2021. La città in pillole. Era il 1992 quando Marc Augé, pubblica la sua opera più celebre, edita in Italia col titolo Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità.

Lo studioso veniva da una militanza scientifica eclettica. Filosofo, etnologo, storico, scrittore e altro. Quale il prezioso esito? Decompartimentare i saperi e spostare i limiti tra discipline; capovolgere un paradigma e leggere la realtà prima che s’inveri definitivamente.

Erano passati tre decenni dal saggio, altrettanto innovativo, di Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione, pubblicato in Italia nel 1967. Annunciava il dominio della società dei consumi, più pericolosa di ogni totalitarismo, dal fascismo al comunismo. Ne compendiava il peggio, con in più perdita di senso e alienazione. Marcuse descrive come emblematici i simboli della modernità che Augé definirà, con un’espressione ormai abusata, nonluogo.

Vero è che, in Sardegna, alcuni neppure esistevano, come i centri commerciali, ma la perdita di senso già abitava l’isola; prorio secondo l’alfabeto che Marcuse e Augé declinano. Riguardava il paesaggio, ambientale e storico. Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini, nei primi Settanta, svecchiando, grazie alla lungimiranza di Giulia Maria Crespi, il Corriere della sera, creano grammatica e sintassi per denunciare il fulcro di quanto non era riuscito al Fascismo: la distruzione della cultura contadina e del paesaggio che in Italia ne era l’epifania, materiale e immateriale.  

Orte.  La forma della città, docufilm di Pasolini, un piccolo capolavoro, racconta come un inserimento inappropriato sconvolga un luogo, già narrato, nella fattispecie, mirabilmente dalla pittura rinascimentale. Negli stessi anni Antonio Cederna fu inascoltato censore dell’apocalisse di pezzi pregiati di paesaggio sardo, dati via per niente, da Sant’Antioco a Cagliari, da Porto Torrese ad Arzachena.

Non si tratta solo di una sequenza di delitti di un paesaggio millenario ma di un suicidio antropologico per la contestuale invenzione di nonluoghi nel senso più proprio. Perché il nonluogo non è solo inventare uno spazio anonimo, sradicato, simile in qualsivoglia paese, ma anche un luogo denso di memoria e di storia, non riconoscerlo e de-radicarlo.

Si tratti di costruire un impianto petrolchimico in un golfo intonso o del colle Tuvixeddu, silenzioso e selvaggio, summa di storia, e trasformarlo nel dozzinale giardinetto con prato inglese o perseverare nell’attuale reificante franchising rcheologico.

One Comment

  1. Pier Giorgio Testa

    Il riferimento ad Augè e a Marcuse e che, molto opportunamente M.A.Mongiu ci propone, interroga tutti coloro che, in modo diverso, si sono battuti per la difesa della propria terra e li invita a schierarsi apertamente contro il trionfante neoliberismo, che è libero solo per imprenditori e loro accoliti, violento contro gli ultimi, tra i quali è difficile non annoverare lavoratori il patrimonio storico e l’ambiente soprattutto della sardegna, tutti inermi nei confronti della nuova dittatura.

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