Medioevo in musica [di Franco Masala]

Un’opera del Novecento musicale divenuta popolarissima è abbastanza rara ma i Carmina Burana di Carl Orff rispondono perfettamente a questa prerogativa. Dal debutto a Francoforte nel 1937 in forma scenica la partitura ha avuto innumerevoli riprese anche e soprattutto in veste di concerto: pure a Cagliari dove almeno dal 1980 in poi è comparsa diverse volte tra le quali una sul palcoscenico dell’Anfiteatro Romano con il Balletto del Teatro Nazionale di Praga e le coreografie di Janine Charrat nel 1992.

Orff compone il lavoro sui testi essenzialmente di natura profana, ritrovati nel monastero benedettino di Beuern in Baviera, come erano intonati dai clerici vagantes in un basso latino mescolato al tedesco e al francese medioevale. Si tratta di musica molto lontana da quell’arte degenerata che il Nazismo aborriva e che aveva l’ambizione di diventare “una musica di grande vitalismo, arcaizzante, capace di irretire l’ascoltatore” (G. Mattietti).

Una partitura fortemente ritmata con forme della tradizione musicale occidentale e con ampio margine per le ripetizioni che trovano il culmine nella famosa “O Fortuna…”, ripresa circolarmente anche alla conclusione del pezzo. Il coro impegnatissimo cede talora ai solisti – tenore baritono e soprano – che intervengono a punteggiare l’azione inneggiando alla sorte degli uomini, all’amore sensuale o al buon bere e al buon mangiare, e disegnando una serie di personaggi senza un’azione particolare.

La produzione realizzata nell’Arena del Parco della Musica chiude le manifestazioni di classicalparco2021 con un successo di pubblico e di presenze che la notorietà dell’opera favorisce ad abundantiam.

Il violinista lituano Julian Rachlin – che abbiamo ammirato ripetutamente con il suo strumento solista –  torna a Cagliari per dirigere orchestra e coro del Teatro Lirico con il concorso delle voci bianche del Conservatorio Statale di Musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina” (istruiti rispettivamente da Giovanni Andreoli ed Enrico Di Maira).

Con mano salda governa la complessa partitura nonostante qualche squilibrio dovuto alla preponderanza alterna ora degli strumentisti ora del coro, riuscendo però a dare unitarietà ad una partitura memore anche delle musiche “barbariche” di uno Stravinskij.

Di buon livello l’apporto dei solisti: il soprano Daniela Cappiello rifinisce i suoi interventi con proprietà stilistica; il baritono Roberto De Candia varia al punto giusto i personaggi affidatigli con emissioni vocali variegate mentre il tenore Matteo Desole supera brillantemente le difficoltà di una tessitura acuta che disegna il povero “cigno allo spiedo”.

*Simone Martini, Le storie di San Martino, dettaglio (Assisi, Basilica inferiore di San Francesco, 1313-1318) ©

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