Con Gramsci a lezione di antichità [di Maurizio Bettini]

https://www.repubblica.it/cultura/ 27 Ottobre 2021  Un volume uscito in lingua inglese approfondisce l’influenza che il pensiero dell’autore dei “Quaderni” ha avuto e ha sugli studiosi del mondo classico.

Il pensiero di Antonio Gramsci torna ad affacciarsi al nostro orizzonte culturale (ammesso che lo abbia mai abbandonato) attraverso una finestra inattesa: quella degli studi classici; e, cosa forse ancora più inattesa, nella forma di un corposo volume pubblicato da Routledge, ovviamente in inglese: Emilio Zucchetti e Anna Maria Cimino (a cura di), Gramsci and the Ancient World. In apertura si sottolinea che la data di pubblicazione coincide con i cento anni dalla fondazione del Partito Comunista, a Livorno.

Si tratta di un omaggio alla memoria che rincuora in un’età sempre sull’orlo dell’oblio. Questo però significa anche che con questo libro si torna all’ideologia? Neanche per sogno. Diciamo che si torna (e per fortuna) alla “epistemologia” – ma di questo parleremo fra un momento. Meglio cominciare con una, sia pur sommaria, descrizione del volume. L’introduzione di Emilio Zucchetti ricostruisce la formazione e la fortuna del pensiero gramsciano in Italia, in Francia, in America, in Inghilterra, perfino in India, con una ricchezza di documentazione e una precisione di giudizio davvero eccellenti.

Sia detto per inciso, ma leggendo dell’importanza che, nel corso del tempo, Gramsci ha avuto per così tante e diverse correnti di pensiero, non si può che restare ammirati. Per quel che riguarda, in particolare, l’influsso esercitato sui classicisti italiani, soprattutto a cavallo fra gli anni Sessanta e i prima anni Ottanta, Zucchetti rievoca i nomi e le opere di Ranuccio Bianchi Bandinelli, con il gruppo che si raccolse attorno ai Dialoghi di Archeologia, e di Antonio La Penna, forse colui che più articolatamente applicò le categorie gramsciane alla storia romana.

A questa magnifica introduzione seguono poi una ventina di saggi che studiosi italiani e inglesi, assieme a un professore di Creta, hanno dedicato ad aspetti diversi del mondo greco e romano – ma, appunto, come dicevamo, con una “epistemologia” che ne sostiene il discorso: quella gramsciana. Tornano così categorie come egemonia, classi subalterne, intellettuale organico, riviste e sviluppate alla luce del dibattito che attorno ad esse si è creato nei decenni successivi.

Attraverso queste categorie gli autori riflettono su temi come la schiavitù antica, l’imperialismo (anche moderno), la cosiddetta rivoluzione romana, la figura e il ruolo di Polibio – l’intellettuale greco sconfitto che divenne organico alla élite romana – l’economia antica e i suoi teorici contemporanei; senza trascurare le occasioni in cui, specie nei Quaderni, Gramsci stesso ha preso in esame problemi di storia antica – magari mettendo in guardia «sui pericoli insiti nel metodo dell’analogia storica come criterio di interpretazione».

Perché insistiamo sulla presenza di una precisa “epistemologia” a sostegno di questi saggi? Gli anni che stiamo vivendo non paiono certo indifferenti al mondo antico, soprattutto dal punto di vista editoriale. I libri dedicati ai Greci e ai Romani continuano a moltiplicarsi, e se si dovesse giudicare dalle librerie dovremmo concludere che davvero in Italia è attuale solo il passato. Ma di che libri si tratta? Talora di opere perfino giulive, i cui autori danzano lieti cori attorno alle delizie del greco e del latino; altre volte vengono invece raccontati con eleganza i capolavori letterari del passato, gli dèi, i miti, ovvero i luoghi in cui l’antichità ha lasciato traccia di sé.

Capita più raramente, insomma, di vedere una grande casa editrice pubblicare un’opera sul mondo greco o romano in cui sia dichiarata, e coerentemente sviluppata, la “epistemologia” cui l’autore si ispira, ovverosia i fondamenti teorici in base ai quali vengono ripresi in esame determinati aspetti della cultura antica. Eppure è soltanto così, sulla base di robusti modelli di pensiero, che la ricerca e la comprensione del passato può non solo progredire, ma rendersi nuova e interessante. Colpisce dunque vedere una casa editrice importante, come Routledge, che pubblica un volume in cui le categorie (gramsciane) che animano le singole ricerche sono dichiarate e sviluppate.

Prendiamo il caso della schiavitù antica. Per trattare questo tema Kostas Vlassopoulos riprende la nozione di egemonia, utilizzata per comprendere perché lo schiavismo sia stato unanimemente accettato, come un “fatto di vita”, in tutte le società antiche, anche dagli stessi schiavi. Nello stesso tempo, però, l’autore scava “gramscianamente” all’interno di questa immensa e stratificata classe subalterna per mostrare come, accanto all’accettazione di base della propria condizione, gli schiavi avessero sviluppato molteplici strategie alternative per affermare la propria identità: quali la famiglia, la parentela, le professioni, i culti, l’etnicità stessa.

Per parte sua Cristiano Viglietti, in uno dei saggi più ricchi e impegnativi, utilizza il pensiero di Gramsci per dimostrare la tendenziosità di alcune recenti posizioni in materia di società e di economia come quelle di Ian Morris e Walter Scheidel. Viglietti contrappone così il common sense dato per scontato, come immutabilmente presente in ogni epoca, da Ian Morris, alla visione articolata e storica del “senso comune” che forniva invece Gramsci. E se Morris e Scheidel non esitano a proclamare l’esistenza di una “natura umana” intesa come prodotto eterno, biologico, assoluto, simili affermazioni, tanto apparentemente “naif” quanto pericolose, possono trovare il loro antidoto ancora nel pensiero di Gramsci.

Le pagine dei Quaderni dedicate alla relatività della cosiddetta “natura umana” sarebbero anzi da far leggere nelle scuole, oggi soprattutto, che sempre più ci poniamo il problema delle diverse identità di genere e delle differenze culturali. E che dire del Gramsci che, nel 1937, già parlava di “maschilismo” e proprio in relazione alla posizione e al ruolo della donna a Roma? Tornando al libro, se non stupisce vedere tanti bravi studiosi italiani che svolgono il loro lavoro all’estero………

Il libro:  Antonio Gramsci and the Ancient World a cura di Emilio Zucchetti e Anna Maria Cimino, pubblicato in inglese da Routledge

 

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