Un Turco a Sassari [di Franco Masala]

Si potrebbe affermare che “se Cagliari piange, almeno Sassari sorride”, parafrasando un antico detto. Allo scarsissimo pubblico del Lirico cagliaritano “al 100%” dei giorni scorsi, ha corrisposto infatti una buona partecipazione di spettatori per le rappresentazioni de Il Turco in Italia al Comunale sassarese. Un’unica volta nel 1983 qui (ma a Cagliari presente soltanto due volte lontanissime: 1832 e 1848), il capolavoro di Gioachino Rossini ha riscosso un lietissimo successo.

Basato su un equivoco vecchio come il mondo – la moglie frivola e gli amanti in quantità – e sulla distanza tra mondi diversi, l’italiano e il turco, il capolavoro rossiniano fu compreso poco al suo esordio, anche per l’invenzione di Felice Romani con il personaggio del Poeta (leggi librettista) che diviene il deus ex machina, visibile e invisibile, della trama costruita sulle vicende dei protagonisti che via via si dipanano davanti agli occhi dello spettatore. Idea forse ancora troppo moderna nonostante fosse al servizio di una scrittura musicale di prim’ordine.

La produzione sassarese, proveniente dal circuito dei Teatri Lombardi, puntava su una compagnia di canto ben assortita con, in testa, il soprano Daniela Cappiello (Donna Fiorilla), capacissima nelle agilità affrontate con sicurezza ma altrettanto brava nella patetica aria precedente il finale oltre che disinvolta attrice. Simone Alberghini è Selim con qualche problema nelle note più gravi ma capace di sillabare e interpretare con grande spirito. Il marito tradito è un Marco Bussi impegnatissimo a dare al personaggio una credibilità e una pienezza vocale di pregio.

L’amoroso è il tenore Diego Godoy, di buona voce e in grado di infiorettare la sua parte. La zingara Zaida è affidata ad Aloisa Aisemberg che si disimpegna discretamente. Ultimo ma non l’ultimo l’efficacissimo baritono William Hernández nel ruolo del Poeta che, pur non avendo neppure un’aria a sua disposizione, disegna con sicurezza un personaggio quasi sempre in scena, partecipando anche a più di un ensemble da par suo. Al secondo tenore Enrico Zara sono affidate pochissime battute, cantate con correttezza.

Il maestro Attilio Tomasello conduce l’orchestra dell’Ente “De Carolis” con diversi squilibri tra palcoscenico e orchestra che avvia in modo abbastanza periglioso la sinfonia, anche per la riduzione anticontagio degli orchestrali. E certamente la buca profondissima dell’orchestra (che nasconde totalmente anche il direttore senza neppure mostrarci la punta della bacchetta) non aiuta un’acustica che già non raggiunge il massimo nella infelice sala. Impegnato anche nella recitazione il coro dell’Associazione “Luigi Canepa”, istruito da Luca Sirigu.

La carta vincente, infatti, è la messinscena di Alfonso Antoniozzi con la ripresa della regia da parte di Marco Castagnoli e le videoscenografie di Monica Manganelli che vediamo comporsi e ricomporsi a mano a mano che lo spettacolo procede. Costumi da anni Cinquanta del secolo scorso di Marianna Fracasso, funzionali alle luci di Tony Grandi e alle videoriprese di Yari Meneghetti.

Piuttosto una riflessione finale: le stagioni 2021 di Cagliari e Sassari, funestate dai noti problemi sanitari, presentano due opere in comune – Madama Butterfly e La vedova allegra –  in due allestimenti differenti. Era così difficile un accordo tra i due teatri? Dopo l’annuncio di una collaborazione nel 2012 il rapporto è rimasto lettera morta e si deve risalire al lontano 1984 per ritrovare uno scambio con il Macbeth sassarese a Cagliari e La bohème cagliaritana a Sassari.

*foto Ente concerti “Marialisa De Carolis” ©

 

 

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