Orfeo a lieto fine [di Franco Masala]

Sembra incredibile, ma la prima volta di Orfeo ed Euridice a Cagliari risale soltanto al 1962, a duecento anni esatti dal debutto viennese. Poi un’edizione con l’eccellente Bernadette Manca di Nissa nel 1989 e un’esecuzione in forma di concerto nel 2010.

Eppure il capolavoro di Christoph Willibald Gluck è opera fondamentale per quella “riforma del melodramma” del Settecento che fa piazza pulita di trame assurde, miriadi di personaggi, virtuosismi canori, messinscene mirabolanti tipicamente barocche per approdare a un dramma asciutto ed essenziale fatto di “nobile semplicità e quieta grandezza” (Winckelmann) che ci porta direttamente verso il Neoclassicismo.

Senza entrare nel merito delle versioni differenti – italiana o francese – che annoverano un castrato, un tenore, un controtenore, un mezzosoprano/contralto o un baritono quale protagonista, Orfeo ed Euridice si colloca ai vertici del nuovo modello dell’opera che privilegia in stretta interrelazione le forme musicali e la parola cantata. Che poi il libretto stravolga il mito facendo resuscitare Euridice una seconda volta per il lieto fine è il residuo di una convenzione che rientra nell’uso delle feste teatrali del Settecento.

Bene ha fatto, dunque, il Teatro Lirico a riprendere l’opera di Gluck, peraltro non premiata dal pubblico – almeno alla prima – piuttosto rarefatto e ancora quasi timoroso di un coinvolgimento reale. Il direttore greco George Petrou ha giustamente alternato la delicatezza nei momenti più lirici (l’atmosfera rarefatta, per esempio, dell’ingresso di Orfeo negli Elisi) e la veemenza delle parti più drammatiche (la danza delle Furie). Piuttosto è almeno discutibile la scelta di spezzare in due il fluire della vicenda, interrompendo il secondo atto dopo un momento di danza.

Tre soli i personaggi in scena: Victória Pitts (Orfeo onnipresente) rivela una voce educata ma non completamente in grado di dominare le note basse, restituendo comunque un personaggio dolente; Theodora Raftis (Euridice) canta soltanto nel terzo atto con gradevolezza che raggiunge anche punte drammatiche nella sua aria “Che fiero momento”; Silvia Frigato (Amore) è capace di modulare le note del deus ex machina nonostante una voce non estesa.

La sobria messinscena non aiuta le voci, peraltro anche ovattate dall’orchestra non ancora in buca ma a livello della platea così che talvolta si coglie uno squilibrio tra scena e musicisti. Tutto è accentuato anche dai velari e dalle scene prive di fondale che giocano essenzialmente su sfilate di oggetti e di persone richiamanti certe soluzioni “alla Luca Ronconi”.

Ne è artefice il regista Nicola Berloffa, che firma pure i gradevolissimi e sobri costumi di un Settecento depurato da ogni eccesso. Le scene di Aurelio Colombo e le luci di Valerio Tiberi culminano nel fuoco degli Inferi mentre le coreografie riuscite di Luigia Frattaroli completano lo spettacolo cui dà un apporto il coro che canta ancora con la mascherina anticontagio.

Orfeo ed Euridice

azione teatrale in tre atti

libretto Ranieri de’ Calzabigi

musica Christoph Willibald Gluck

versione Ricordi – Milano, 1889

Teatro Lirico di Cagliari

venerdì 12 novembre, ore 20.30

sabato 13 novembre, ore 19

domenica 14 novembre, ore 17

martedì 16 novembre, ore 20.30

mercoledì 17 novembre, ore 20.30

venerdì 19 novembre, ore 20.30

sabato 20 novembre, ore 19

 

*foto di Priamo Tolu ©

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